Oggi è domenica, Qdl vi racconta la storia di Marcolino Dominici
Nel 1970 un bambino di sette anni, Marco Dominici, scomparve nel nulla. Era andato all’oratorio del Borgo Don Bosco
Non tutti sono a conoscenza, soprattutto le nuove generazioni, che la città di Roma è circondata da ben quindici ex forti militari costruiti nella seconda metà dell’ Ottocento. Una sorta di cintura protettiva che doveva difendere la nuova capitale del Regno. Furono opere mai sfruttate debitamente e ben presto abbandonate.
Nel 1977 il Forte Prenestino venne, su richiesta dell’allora sindaco di Roma Giulio Carlo Argan, consegnato al Comune di Roma per essere adibito a verde pubblico e a servizi di quartiere; ma ben presto si instaurò un contenzioso tra l’amministrazione finanziaria dello Stato e il Comune di Roma per le indennità richieste e mai onorate. E così nel 1986 alcuni giovani del quartiere di Centocelle occuparono l’intera area, di circa 13 ettari, ormai ridotta a una sorta di discarica, e con un sapiente e costante lavoro di ristrutturazione divenne uno spazio socialmente vivibile e fruibile dalla cittadinanza. Oggi è sede di numerose iniziative culturali e vanto del quartiere per essere l’unico Forte dei quindici rifunzionalizzato.
Ma il Forte Prenestino nasconde anche una storia incredibilmente dimenticata, che per noi, ragazzi di allora, ebbe una rilevanza enorme e ci segnò in modo indelebile per la tutta la vita.
Nel 1970 un bambino di soli sette anni, Marco Dominici, scomparve nel nulla. Era andato, come facevamo tutti in quell’epoca, all’oratorio del Borgo Don Bosco, struttura adiacente al Forte Prenestino. Il borgo era l’unico posto che permetteva ai ragazzi di esercitare attività ricreative e sportive, oltre a rappresentare una barriera dai tanti pericoli del quartiere. Al suo interno campi da calcio, piscina, teatro, cinema, e poi tanta sana aggregazione.
Marcolino era andato appunto al cinema ma poi più nessuno lo ha rivisto…
Sette anni dopo tre ragazzi in cerca di residuati bellici si addentrarono tra i cunicoli che si snodavano all’interno della struttura e trovarono dei macabri resti. Scarpette, vestitini e ossa.
Le scarpe erano proprio quelle che indossava Marco nel giorno della scomparsa. Potete immaginare, cosa accadde subito dopo. Il ’’ Borgo Ragazzi Don Bosco’’ divenne il quartier generale di una battaglia contro il tempo per cercare di individuare il responsabile del brutale omicidio. I sospetti caddero su un giovane con disturbi psichici; venne arrestato e processato ma risultò innocente e venne assolto sia in primo che in secondo grado.
I punti oscuri della vicenda restano tanti. A partire dalle indagini che non furono accurate sia da parte delle forze dell’ordine che dei vigili del fuoco che ebbero il compito di setacciare l’intera area del forte e chhe riportarono esiti negativi. Non si spinsero fino in fondo o i resti di Marco vennero portati all’interno del cunicolo solo in un secondo tempo? Inoltre la reticenza dei sacerdoti nel collaborare con gli inquirenti aprì scenari sconcertanti per l’epoca.
In seguito ben tre segnalazioni da parte di altrettanti uomini portarono ad una riapertura del caso che ebbe una certa risonanza mediatica.
Ora con l’esame del Dna si potrebbe far luce su questa storia e dare almeno la sicurezza che i resti siano proprio di Marco Dominici.
Quindi, all’interno di uno dei centri sociali più antichi di Roma, tra numerose camere e tunnel sotterranei in cui vengono organizzate mostre e attivita’, si cela un mistero che ha tormentato una famiglia e una generazione di ragazzi che, nonostante i tanti fatti di cronaca avvenuti dopo, ricordano ancora, con sofferenza, il povero Marcolino e la sua triste storia.
Oggi l’entrata al centro sociale avviene attraverso un ponte levatoio (che rimane fisso tutto l’anno) e che, a mio parere, potrebbe diventare il simbolo del breve passaggio di un bimbo su questa terra…e portare il suo nome.