Un dettaglio che potrebbe cambiare l’esito dell’intero processo sull’omicidio di Serena Mollicone, la 18enne di Arce assassinata il primo giugno 2001, da quanto è emerso dalle indagini, all’interno della caserma di Arce. “Il figlio del maresciallo Mottola si fa le canne e spaccia, bell’esempio per Arce. Prima o poi lo vado a denunciare”. Sono le parole che Serena avrebbe comunicato una settimana prima della sua scomparsa a Michele Fiorletti, l’allora fidanzato della vittima. In base a ciò che ha dichiarato l’uomo presso la Corte d’Assise del Tribunale di Cassino, pare dunque che la giovane studentessa fosse intenzionata a denunciare il figlio del maresciallo.
Elemento di particolare rilevanza quello reso oggi dal testimone nell’aula del Tribunale di Cassino. Soprattutto alla luce delle indiscrezioni e dei sospetti che circolavano da vent’anni a questa parte. Addirittura l’uomo, parlando della scomparsa della 18enne e delle prime ricerche avrebbe riferito che spesso Serena gli aveva confidato dettagli sulle attività illecite messe in atto dal figlio del maresciallo Mottola, Marco.
La mattina di venerdì primo giugno 2001, Serena esce di casa per recarsi all’ospedale di Isola del Liri, a 10 km dal paese, dove aveva effettuato un’ortopanoramica. Dopo la visita medica, terminata alle 9:30, si reca in una panetteria nei pressi della stazione. Lì compra quattro pezzi di pizza e quattro cornetti, lasciando presumere che dovesse incontrare delle persone. Si ipotizza che successivamente abbia preso l’autobus per Arce. Domenica 3 giugno 2001 una squadra della protezione civile ritrova il cadavere nel boschetto di Fonte Cupa ad Anitrella, frazione di Monte San Giovanni Campano. Il corpo era stato adagiato in posizione supina in mezzo ad alcuni arbusti, coperto con rami e fogliame. La testa era stata avvolta in un sacchetto di plastica, mentre le mani e i piedi erano legati con scotch e fil di ferro. Naso e bocca erano stati avvolti da diversi giri di nastro adesivo, il che dovette causarle la morte per asfissia dopo una lunga agonia.
Dopo un periodo di latenza nelle indagini dei Carabinieri, l’UACV (Unita Analisi del Crimine Violento della Polizia di Stato) riprende ufficialmente in mano il caso. L’11 aprile 2008, sparandosi con la pistola d’ordinanza, si uccide nella sua auto Santino Tuzi, il carabiniere di Arce. L’uomo, pochi giorni prima, ascoltato dalla Procura, aveva dichiarato che intorno alle 11:00 del primo giugno 2001 nella caserma di Arce era entrata una ragazza, verosimilmente Serena, e che fino a quando era rimasto in caserma, ovvero fino alle 14:30, Serena non era uscita da lì. A partire da giugno 2011 rientrano nel registro degli indagati, con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere, l’ex maresciallo Franco Mottola. E con lui sua moglie e suo figlio Marco. Nel 2018 gli accertamenti tecnici effettuati dal Reparto investigazioni scientifiche (RIS) dei Carabinieri confermarono che l’omicidio fosse avvenuto nella caserma di Arce.
Cinque gli imputati presenti in aula nell’ambito del processo sull’omicidio di Serena Mollicone: l’ex comandante della stazione di Arce, la moglie Anna Maria ed il figlio Marco Mottola; l’ex vice comandante Vincenzo Quatrale e l’appuntato Francesco Suprano. I primi quattro dovranno rispondere di concorso in omicidio (Quatrale anche di istigazione al suicidio in riferimento alla morte del brigadiere Santino Tuzi). Suprano invece è accusato di favoreggiamento. A testimoniare nel corso del processo, anche un ex amico di Marco Mottola, attualmente carabiniere, che ha a sua volta sostenuto le stesse affermazioni.
Attese nelle prossime udienze le dichiarazioni di altri testimoni. Intanto, Michele Fiorletti aveva già rilasciato quanto reso oggi agli investigatori durante un interrogatorio. Oggi l’uomo ha ricostruito il giorno della scomparsa della 18enne, la fase delle ricerche e i dubbi che Serena aveva manifestato appena pochi giorni prima relativi al giro di droga in paese.
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