Possibile che la vita di un ragazzo di 20 anni valga quanto un furto di un motorino? Sono passati oltre cinque anni dalla tragica notte dell’omicidio di Marco Vannini. Il sorriso solare di Marco ancora non ha ottenuto giustizia. I genitori, gli amici e i parenti attendono una sentenza giusta dal processo di appello bis che è iniziato oggi a Roma.
“Sono qui non per paura di essere condannato, ma perché la verità è quello che ho sempre raccontato. Ma questo non era niente rispetto al fatto che per tre interminabili anni sono uscito ogni giorno da casa per andare a lavorare. Ho camminato ogni giorno perseguitato dall’immagine di qualcuno che potesse venire e spararmi alla testa. Qualcuno spinto da quello che si diceva su di me in televisione”.
Così in una dichiarazione spontanea Federico Ciontoli, figlio di Antonio, durante la prima udienza del processo di appello bis per l’omicidio di Marco Vannini.
“Non che questo non possa avvenire oggi – prosegue – o che io non lo pensi più, ma adesso ho una certezza che rimarrebbe anche se io non esistessi più. Anche se quello che veniamo a sapere, che vediamo, che sentiamo spesso non è la verità, adesso so che di fronte alla verità ogni costruzione crolla”.
“La prima cosa che mi è interessata quella sera e che qualcuno che sapesse cosa fare potesse intervenire visto che, anche se mio padre diceva di poterci pensare lui, a me dopo un po’ non sembrò cosi’. Mio padre diceva che Marco si era spaventato per uno scherzo, e io gli credetti perché non c’era nessuna ragione per non farlo.
Non c’era niente che mi spinse a non credere in quello che mio padre chiamò ‘colpo d’aria’, del cui significato non mi interessai più di tanto essendo stato solo uno scherzo”.
Lo ha affermato Federico Ciontoli, figlio di Antonio, durante la prima udienza del processo di appello bis per la morte di Marco Vannini. “In più – ha aggiunto – gli credetti perché mio padre si comportava proprio come se stesse gestendo uno spavento, ossia alzando le gambe e rassicurando. Il tipo di scherzo che aveva causato lo spavento, in quel momento non era una preoccupazione per me”.
“Dichiarazioni vergognose, nemmeno una parola per Marco. Ancora non riescono a capire che è morto un ragazzo di 20 anni. Così Marina Conte, madre di Marco Vannini, al termine della prima udienza del processo di appello bis per la morte del figlio. La donna ha commentato le dichiarazioni spontanee di Federico Ciontoli, figlio di Antonio.
Nel 2020 una sentenza di Cassazione ha stabilito che, se la famiglia Ciontoli fosse intervenuta tempestivamente, Marco si sarebbe salvato. Per questo è stato disposto un nuovo procedimento, dopo che in primo grado Antonio Ciontoli era stato condannato a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale, e in seguito la Corte d’Appello di Roma aveva derubricato il reato per il capofamiglia ad omicidio colposo con colpa cosciente, condannandolo a 5 anni.
Alla sbarra, nel processo che dovrà stabilire se la morte di Marco è avvenuta per omicidio colposo o doloso, Antonio Ciontoli, 52 anni, finora ritenuto il responsabile della morte del ragazzo, la moglie Maria Pezzillo e i due figli, Martina, 24 anni, e Federico, 28 anni, accusati di aver aiutato il padre a nascondere quanto accaduto.
(Ago/ Dire)
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