Omicidio Mollicone. Processo d’Appello, Arciero: Non ci sono prove. O forse sì?
Riguardo agli imputati, la Corte va giù durissima: “Nel complesso, le dichiarazioni degli imputati Mottola sono state tutt’altro che convincenti, essendo caratterizzate da incongruenze e inverosimiglianze”
La Corte d’Assise d’Appello di Roma il 12 luglio 2024 ha confermato l’assoluzione per tutti e cinque gli imputati nel processo per l’omicidio di Serena Mollicone, la ragazza 18enne di Arce, nel Frusinate, uccisa nel 2001. ”Questa Corte ritiene di non avere le prove della colpevolezza degli odierni imputati, e sa che una sentenza di colpevolezza sarebbe costruita su fondamenta instabili”, si legge nella motivazione della sentenza di secondo grado nel processo a carico del maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, il figlio Marco, e la moglie Annamaria, i carabinieri Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale.
Riportiamo di seguito il commento alle motivazioni della sentenza del processo di appello del criminologo David Mario Arciero.
Parla il criminologo che si è trasferito ad Arce per cercare la verità
Pochi giorni fa sono state rese pubbliche le motivazioni del processo d’appello riguardante l’omicidio di Serena Mollicone. La Corte di Roma conferma la sentenza di primo grado, assolvendo tutti e cinque gli imputati, (Franco, Marco e Anna Maria Mottola, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano). La prima cosa che balza agli occhi è l’estrema brevità di dette motivazioni.
“Solo 51 pagine di motivazioni”
Parliamo di una vicenda che dura da 23 anni, sono stati ascoltati decine tra testimoni e periti, ma tra i richiami al primo grado, gli articoli di legge e dopo oltre 20 udienze svolte nel solo processo d’appello, ci ritroviamo da leggere solo 51 pagine. Davvero poche per chi, come me, ha presenziato ad ogni udienza. Avrei gradito leggere nel dettaglio le considerazioni su alcuni testimoni (ad esempio l’Appuntato Ernesto Venticinque), e un’analisi molto più approfondita della consulenza di Rosario Casamassima, del R.I.S. di Roma.
Non sorprendono le contestazioni riguardo alla tesi accusatoria, prevedibili viste le motivazioni del primo grado e la conseguente conferma delle assoluzioni degli imputati. Quello che invece mi ha sorpreso, enormemente, è stato leggere alcuni passaggi che sembrano quasi scritti da chi non crede nell’innocenza dei suddetti imputati.
Parlando delle dichiarazioni del 9 aprile 2008 del Brigadiere Santino Tuzi (il quale affermò di aver visto entrare Serena in caserma quella maledetta mattina), la Corte dichiara testualmente che Tuzi: “…fornisce agli inquirenti un tassello rilevante per la ricostruzione della vicenda, un contributo al quale NON PUÒ NEGARSI INTRINSECA ATTENDIBILITÀ”.
Parole, queste della Corte, che non possono escludere l’ingresso della ragazza in caserma. In riferimento alla presunta irregolarità dell’ormai famoso ordine di servizio, la sentenza recita: “l’ipotesi della falsità dell’ordine di servizio – o, per essere più precisi, di una parte di esso, NON È PEREGRINA. Lo stesso imputato, (Quatrale), ha ammesso l’errata indicazione degli orari di alcune attività”.
La lesione sulla porta della caserma
Secondo la Corte, poi, l’altezza di Serena non era affatto incompatibile con la lesione sulla famosa porta della caserma: “Perché ciascuno degli imputati (persino la signora Mottola) avrebbe potuto, dato il modesto peso della ragazza, scagliarne il corpo verso l’alto e farlo impattare a 154 centimetri da terra (il centro della lesione della porta)”.
Questo, nonostante i consulenti della difesa cerchino, da anni, di convincerci del contrario. Concludendo sulle consulenze, la Corte afferma: “Non c’è dubbio che nessuno degli esiti degli accertamenti tecnici e degli esperimenti scientifici sia stato in grado di smentire le ipotesi accusatorie; anzi, alcuni elementi riescono a CORROBORARE LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI CONTESTATI”. Queste parole, a mio avviso, rendono il giusto merito ai periti e alla Procura stessa.
Sulle dichiarazioni degli imputati
Riguardo agli imputati, la Corte va giù durissima. “Certamente meno spiegabili appaiono LE CONTRADDIZIONI E LE “IGNORANZE” palesate nella descrizione, da parte di Anna Maria Mottola, della vicenda della porta”. Su Franco Mottola, addirittura: “Rimangono, comunque, forti sospetti CHE COMPORTAMENTI DECISAMENTE “IRREGOLARI” SIANO STATI QUALCOSA DI PIÙ E DI DIVERSO DI CONDOTTE PROFESSIONALMENTE MALDESTRE”.
Vi invito a rileggere attentamente queste parole. Così come quelle che seguono: “Tuttavia, nel complesso, LE DICHIARAZIONI DEGLI IMPUTATI MOTTOLA SONO STATE TUTT’ALTRO CHE CONVINCENTI, ESSENDO CARATTERIZZATE DA INCONGRUENZE E INVEROSIMIGLIANZE”.
Credo sia lecito chiedersi perché, nonostante siano innocenti, le loro dichiarazioni siano state tutt’altro che convincenti.
Dubbio sull’innocenza degli imputati
Nonostante la Corte ritenga di non avere le prove della colpevolezza degli imputati, chiude in una maniera che, ai miei occhi, sembra instillare il ragionevole dubbio sull’innocenza degli stessi: “Ovviamente, NON PUÒ ESCLUDERSI CHE LE PROVE, INVECE, CI SIANO, e che questo Collegio non abbia saputo valorizzarle, scorrettamente applicando i criteri dettati dall’art. 192 c.p.p., e questo lo dirà, eventualmente, la Suprema Corte…”.
Personalmente, per mia convinzione personale e basandomi su queste parole, ritengo che il Comandante Evangelista non possa e non debba passare per “visionario”, così come i parenti di Serena non debbano essere accusati di creduloneria e ingenuità. Ripensiamo alle parole della Corte sulle azioni del Maresciallo Mottola; come sarebbe andata senza i suoi errori?
Quanto sono stati determinanti nell’arrivare a 23 anni senza giustizia per la povera Serena? Ma soprattutto, se non sono state “condotte maldestre”, cosa sono state? Io personalmente continuerò a lavorare e a impegnarmi quotidianamente affinché, al netto delle varie sentenze, Serena possa finalmente riposare in pace.
David Mario Arciero