Omicidio Serena Mollicone, il criminologo Arciero: “perché mi sono trasferito ad Arce”
“Le sentenze si rispettano, tutte. Sempre. Ma si possono criticare, ci mancherebbe. Io non sono d’accordo con questa sentenza, lo dico apertamente e a chiare lettere”
Venerdì 12 luglio 2024 c’è stata la sentenza di secondo grado del processo per l’omicidio di Serena Mollicone, la ragazza di Arce, in provincia di Frosinone, trovata priva di vita in un boschetto il primo giugno del 2001 quando aveva 18 anni. Come in primo grado, anche in Appello gli imputati sono stati assolti. Quello che emerge da questa vicenda agghiacciante.
Al di là delle mie convinzioni personali, quel che è certo è che è abbiamo assistito ad un assoluto fallimento dello Stato. Uno Stato che prima ha sbattuto in prima pagina Carmine Belli, additandolo come “il Mostro”, poi, per 14 anni, ci ha detto che “i Mostri” erano i Mottola.
“Da 23 anni l’assassino di Serena gira indisturbato”
Lo stesso Stato però, pochi giorni fa, ci ha detto che si è sbagliato per l’ennesima volta. Imputati messi alla gogna, familiari a cui è stata data di nuovo la speranza di ottenere giustizia, anni di ingenti spese per il contribuente, per arrivare a cosa? Se da un lato lo Stato assolve, dall’altro manda un messaggio davvero preoccupante: da ben 23 anni l’assassino di Serena Mollicone gira indisturbato e potrebbe colpire ancora.
O aver già colpito. A chi spettava assicurare alla giustizia colui (o colei) che ha ucciso una ragazza di 18 anni? Allo Stato stesso. Non solo. In questi lunghi e tormentati anni, le varie Corti hanno dichiarato inattendibili decine tra carabinieri, poliziotti, pubblici ministeri e procuratori. Ora, che tutti questi servitori dello Stato abbiano scientemente organizzato una caccia alle streghe senza fondati motivi, mi riesce davvero difficile crederlo.
La “prova regina”
Qui torniamo al discorso di prima. Nel processo contro i Mottola è mancata la cosiddetta “prova regina”. Manca, ed è palese, perché chi ha condotto le indagini ha senza dubbio commesso errori talmente gravi che l’assassino non è stato mai individuato. Se, come ci dicono queste sentenze, non fu Franco Mottola a depistare, qualcuno è risalito alla scala gerarchica per capire dove ci sono state delle falle così importanti?
Il fatto che il Capitano Trombetti dichiarerà: “Il maresciallo Mottola ha assolutamente partecipato alle indagini, era il Comandante della stazione del posto, quindi era un anello essenziale nella catena sia di comando, sia di controllo, sia di organizzazione investigativa”, diciamo che è una casualità. Qualcuno ha pagato per aver fatto perdere tempo, soldi e credibilità alle Istituzioni?
“L’unica colpa dei famigliari di Serena è stata quella di fidarsi della Procura e sostenerla”
Paradossalmente, secondo la Legge, a pagare saranno soltanto i parenti di Serena e Santino Tuzi, non solo moralmente ma anche economicamente. La loro unica colpa è stata quella di fidarsi della Procura e sostenerla. Chi non pagherà nulla, ovviamente, sarà proprio la Procura. Mettiamoci un secondo nei panni dei familiari delle vittime, come possiamo ritenere accettabile tutto ciò?
Un’altra cosa difficile da digerire, a mio parere, sono state le oltre 20 udienze del processo d’appello. Si sa da 23 anni che la “prova regina” non esisteva, a chi è convenuto celebrare una nuova istruttoria di tale portata, se per la Legge cento indizi non fanno una prova? Eppure, il nostro ordinamento giuridico prevede il processo indiziario, che molto spesso porta a condanne anche molto dure.
Lo dico provocatoriamente: a questo punto aboliamolo! O abbiamo una piena confessione dell’omicida, un video del delitto, oppure il ragionevole dubbio rimarrà in ogni caso. La Legge non dovrebbe essere interpretabile, ma certa e giusta, sempre. Tornando alla sentenza, l’idea che mi sono fatto avendo seguito personalmente tutte le fasi del processo e aver letto praticamente tutto, è che la Procura avesse indizi talmente gravi, precisi e concordanti, che il ricorso in Cassazione credo sia assolutamente un atto dovuto.
“Perché mi sono trasferito ad Arce”
Le sentenze si rispettano, tutte. Sempre. Ma si possono criticare, ci mancherebbe. Io non sono d’accordo con questa sentenza, lo dico apertamente e a chiare lettere. Se però lo Stato, oltre ogni ragionevole dubbio ci dirà che gli imputati sono innocenti, mi offro a titolo completamente gratuito, come criminologo, per aiutare gli inquirenti a trovare finalmente l’assassino di Serena.
Mi sono trasferito ad Arce proprio per questo, sperando anche nella collaborazione dei cittadini arcesi. Non è ipotizzabile che nessuno sappia o abbia visto nulla. Certo, partiamo con un ritardo di 23 anni, ma la giustizia non ha data di scadenza. Qualora invece la Cassazione accogliesse il ricorso della Procura, sicuramente dovremmo ringraziare tutti quegli appartenenti alle Forze dell’Ordine che hanno lavorato con dedizione e spirito di sacrificio.
Ad oggi, la mia sensazione è che la fiducia dei cittadini verso le Istituzioni sia ridotta ai minimi termini. Inquirenti visionari, imputati perseguitati, procure confuse, famiglie devastate e un assassino in libertà. Tanti professionisti, periti, R.I.S., consulenti, criminologi, in 23 anni non hanno portato nessuna tesi alternativa a quella attuale della Procura. Mi viene da dire, perché probabilmente non c’è.
“Non mi arrenderò”
Le famiglie non si arrenderanno, io personalmente non mi arrenderò. Qualcuno ha sbagliato, tanto, troppo. E’ ora che tutti si assumano le proprie responsabilità, perché non è ammissibile che una ragazza esca di casa una mattina e venga trovata legata e imbavagliata in una discarica, ritrovo di tossici e prostitute. Non si può archiviare un caso del genere, come non si può lasciare libero un assassino.
Non può e non deve passare il messaggio che basta non confessare o non essere ripresi per rimanere impuniti davanti alla Legge. Anche se, al momento, la situazione è proprio questa.
Criminologo David Mario Arciero