Quella che ormai da quasi un anno a questa parte è nota con il nome di “Banda di Artena” si faceva chiamare “La Gang dello scrocchio”. O almeno, il gruppo si autoproclamava così. La violenza, il modus operandi per dettare una presunta supremazia, forse per noia, forse per sentirsi degli uomini. Quel che è certo, è che i fratelli Bianchi venivano chiamati quando c’era qualcuno da picchiare, loro che con le conoscenze delle arti marziali e la reiterata condotta, erano un vero pericolo pubblico.
Le chiamate dagli altri componenti della banda: “Correte, c’è un problema”. Questo in gergo significava che i fratelli Bianchi dovevano accorrere sul posto e utilizzare la loro MMA, una vera e propria arma contro chiunque desse fastidio al gruppo, spesso senza un reale motivo. Una ricerca, la loro, di litigi e supremazia, forse per sentirsi importanti, per sentirsi qualcuno; per incutere timore.
A seguito delle indagini portate avanti dalla Procura di Velletri, sono venuti alla luce chat, foto, filmati, chiamate e note vocali che il gruppo si scambiava. Comunicazioni che non lasciano alcun dubbio riguardo la violenza e la ferocia di quelle persone. Le foto mostrano spesso lo sfoggio strafottente e illecito di armi, tra coltelli, fucili e pistole. Forse il tentativo di dover ricordare a loro stessi di essere uomini. Ma quelle dei fratelli Bianchi, come ormai sappiamo, non si sono limitate a essere soltanto dimostrazioni.
Nei messaggi vocali scambiati, è evidente in che modo i Bianchi minacciavano e incutevano timore nelle loro vittime. A un giovane di Terracina, colpevole di aver avuto una relazione con la fidanzata, Gabriele “Cicos” diceva: «Camminerai sulla sedia a rotelle. Pensi che non ci arrivo a Terracina o dove ca.. abiti? Io ti trovo…». Poi ribadisce, con un altro vocale: «Un giorno ti avrò davanti e te lo ricorderai per tutta la vita». E, ancora, come se non bastasse: «Io la tua donna… deve diventare la mia donna. Te lo giuro, che tanto tu cammini sopra la sedia a rotelle». Solo per citarne un esempio.
I file sono stati estrapolati dai telefoni cellulari dei componenti per l’inchiesta denominata “Snow”. L’indagine portata avanti dai Carabinieri di Velletri per spaccio ed estorsione, era stata avviata già un anno prima dell’omicidio di Willy. I messaggi che ne sono emersi hanno svelato delle parole cariche di cattiveria. Sono importanti per le indagini, in quanto mettono nero su bianco le prove dei comportamenti violenti della banda. E la lucidità con cui certi raid venivano perpetrati.
L’inchiesta “Snow” si è conclusa il mese scorso con le condanne dei fratelli a 5 anni e 4 mesi di carcere. Non è possibile, però, prescindere le prove emerse dalla cattiveria e dalla ferocia dimostrata la sera in cui Willy è stato ucciso. A maggior ragione, la procura di Velletri ha definito il comportamento dei Bianchi e degli altri componenti, un vero e proprio modus operandi ormai collaudato e reiterato nel tempo. Due indagini, due inchieste che non possono non incrociarsi.
Secondo quanto è emerso, infatti, la sera del 5 settembre 2020 è accaduto quello che molte volte in precedenza era successo. A Colleferro, erano stati due della “Gang dello scrocchio” a chiamare i due fratelli, nonostante la discussione tra Belleggia e l’amico di Willy stesse finendo. Arrivano, e si accaniscono contro Willy e poi sappiamo cosa succede.
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