Orchestra Accademia Nazionale Santa Cecilia l’ultima sinfonia di Mozart
Nella sua ultima sinfonia Mozart racchiude e porta a compimento il suo mondo umano ed estetico, la sua ricerca di sintetizzare e tradurre in forme musicali
Nella serata di giovedì 23 febbraio, dedicata alla musica sinfonica, all’auditorium parco della musica l’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta dal Maestro Pablo Heras Casado ha eseguito l’ultima sinfonia di Mozart, la n. 41 in do maggiore K551, meglio conosciuta con il nome di Jupiter per la sua monumentale maestosità e la sinfonia n. 2 in si bemolle maggiore op. 52 Lobgesang (canto di Lode) per soli, coro e orchestra di Felix Mendelssohn Bartholdy.
Nella sua ultima sinfonia Mozart racchiude e porta a compimento il suo mondo umano ed estetico, la sua ricerca di sintetizzare e tradurre in forme musicali, in particolare con lo studio del contrappunto, l’architettura universale, la geometria stessa delle forze primigenie, ricerca in parte influenzata dai circoli massonici dell’epoca a cui il compositore apparteneva. SHAPE * MERGEFORMAT
La sinfonia si compone di quattro movimenti che rappresentano il divenire del suo processo creativo: addivenendo alla composizione e all’armonizzazione degli opposti e dei contrasti erige la sua monumentale costruzione sinfonica nell’unità del tutto in una simbolica e trionfante vittoria dell’uomo sui principi duali e sul tempo.
Nel primo movimento Allegro vivace la musica evidenzia due elementi uno pesante l’altro leggero, uno drammatico l’altro giocoso, il principio maschile e quello femminile che tendono a contrapporsi per differenziarsi con una tensione sempre maggiore realizzata attraverso un fine uso del contrappunto.
Nel secondo movimento Andante cantabile appare un elemento di dolore drammatico che sembra far dialogare e riavvicinare nella melodia quel maschile e quel femminile, quegli elementi così antitetici e contrapposti del primo movimento. SHAPE * MERGEFORMAT
Nel terzo movimento Minuetto (Allegretto) la musica si apre in una danza, la danza degli opposti di quel maschile e femminile che si contrapponeva per differenziarsi e che ora si ritrova conciliato in un nuovo equilibrio verso la realizzazione di uno stato di unità.
Nell’ultimo movimento tutte le forme estetiche usate da Mozart si compenetrano perfettamente per un trionfale finale dal sapore quasi epico ed eroico, dove l’architettura della sinfonia si verticalizza e trascende se stessa e la danza dei due opposti, il femminile e il maschile del movimento precedente, diventa l’Uno. SHAPE * MERGEFORMAT
La direzione dell’orchestra di Pablo Heras-Casado è stata energica ed equilibrata nello stesso tempo, evidenziando le sfumature sottili della partitura e la solarità della sinfonia.
Magnifica la successiva esibizione del coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e dei cantanti solisti, Christina Landshamer, Sabina von Walther, Daniel Behle, nella interpretazione della sinfonia n. 2 di Mendelssohn, una sinfonia cantata con soli, coro orchestra che fu realizzata nel 1840 in occasione del quarto centenario della invenzione della stampa da parte di Johannes Gutenberg.
La sinfonia si eleva come un canto di lode a Dio che libera e che salva dalle tenebre, solenne e commemorativa a volte anche austera e contenuta, intensi sono stati i passaggi tra la voce dei solisti e quella del coro, dalla preghiera del singolo che si eleva esaltando l’intimità del rapporto esclusivo tra l’anima e Dio alla preghiera della collettività esortativa e celebrativa.
Recensione di Cristiana Di Benedetto