Ospedale Amatrice: il nuovo Grifoni si farà. Ma dove e quando non si sa
Commissario di governo contro Regione Lazio. E in mezzo, senza volerlo, la Germania che ha regalato 6 milioni
Pasticci su pasticci. E ritardi su ritardi. Persino quando i soldi ci sono, o ce n’è una bella fetta di quelli necessari, e si tratta solo di utilizzarli.
Parliamo dell’Ospedale Grifoni di Amatrice, in questo caso. Che ha subito gravissimi danni a causa del terribile sisma dell’agosto 2016 e che da allora è inutilizzabile. Lasciando la cittadina laziale priva di una struttura adeguata, sostituita assai parzialmente da un Pass (Posto di Assistenza Socio Sanitaria) che è niente di più di un centro provvisorio “di tipo poliambulatoriale che offre assistenza non urgentistica”.
Sul fatto che il nosocomio debba essere ricostruito non ci sono dubbi. Così come non è in discussione la disponibilità dei 6 milioni di euro che la Germania si è impegnata a donare a tale scopo, coprendo così circa il 40 per cento del costo complessivo, stimato in 15,4 milioni.
Tutto il resto, invece, è per l’appunto un pasticcio. Perché la competenza sulla sanità è regionale, ma quella sulla gestione del post terremoto è di un commissario governativo. Che nel caso specifico è Piero Farabollini, nominato il 5 ottobre scorso con un incarico che riguarda non solo il Lazio ma anche Abruzzo, Marche e Umbria.
Riguardo al Grifoni, la Regione Lazio è dell’idea di ripristinarlo esattamente dov’era, mentre Farabollini vorrebbe spostarlo a valle, dove si snoda la via Salaria. Dalla parte della Regione c’è anche il sindaco di Amatrice, Filippo Palombini, mentre da quella di Farabollini ci sono i sindaci di svariati altri Comuni del territorio.
A complicare ulteriormente le cose, stando a quanto riferisce il Messaggero, c’è che Farabollini “prima di Natale ha scritto all’ufficio speciale della Regione Lazio chiedendo ‘di sospendere la procedura’. Cioè di bloccare l’iter dei lavori, arrivati all’assegnazione del bando per il progetto definitivo che scade a gennaio. Farabollini motiva la decisione alla luce ‘dell’incontro con i rappresentanti dell’ambasciata tedesca avuto il 12 dicembre’. Nella lettera lo stop è preceduto dalla volontà di fare ulteriori indagini ‘sulla criticità dell’area individuata’.”
Ma il punto, come ha sottolineato lo stesso Palombini in apertura del lungo post che ha pubblicato domenica scorsa sulla sua pagina Facebook, è che “La Germania con l’ospedale NON ha voce in capitolo. Lei ha solo detto ‘vi finanzio, se lo fate’. Non ha posto condizioni né come né dove, ma solo che venga fatto”.
Ospedale di Amatrice: soldi tedeschi, inghippi italiani
È davvero così? Il Messaggero è andato a verificarlo, rivolgendosi all’ufficio Affari economici dell’ambasciata tedesca. Il quale, scrive Simone Canettieri in un articolo pubblicato oggi, “smentisce qualsiasi tipo d’intromissione: ‘Il nostro accordo – dice una fonte diplomatica – è indipendente dalla logistica. Noi ci limitiamo a essere cofinanziatori, l’importante è che si rispetti il cronoprogramma affinché la struttura possa vedere la luce nel minor tempo possibile’.”
Ma c’è dell’altro. Nel prosieguo del suo pezzo, Canettieri precisa che “un carteggio visionato da Il Messaggero, conferma come la Germania sia stata sempre a favore del nuovo Grifoni ad Amatrice. Dalla Regione, raccontano che l’istruttoria portata avanti finora ha riscontrato il via libera dell’Anac, ma ha anche superato i test d’idoneità. Così la polemica va avanti a suon di carte bollate: muro contro muro, tra Governo e Regione. In mezzo Berlino. Con il rischio che alla fine i fondi stanziati dalla Germania rimangano bloccati. Così come le istanze dei residenti di Amatrice e del cratere che chiedono di avere un ospedale in zona”.
Insomma: l’Italia è lo strano Paese che sappiamo, per cui c’è quasi da scommettere che la diatriba proseguirà a oltranza. Con la fondata possibilità, qualora la Regione Lazio e il Commissario governativo non trovino nessun tipo di accordo, di dare luogo al cosiddetto “conflitto di attribuzione”. Per dirimere il quale si renderebbe necessario, addirittura, l’intervento della Corte costituzionale.