Nella classifica stilata dal quotidiano inglese The Telegraph, Ostia e Catania figurano tra le città di mare più brutte d’Europa. Un’affermazione che ha sollevato non poche polemiche e riflessioni, perché il problema non riguarda la bellezza naturale, bensì l’incapacità di tutelare un patrimonio storico e ambientale di immenso valore.
Per quanto riguarda Ostia, il The Telegraph sottolinea come la bellezza naturale del litorale sia stata compromessa dall’eccessiva urbanizzazione, dall’abbandono ambientale e da una gestione turistica inadeguata. Una città che, pur vantando il fascino delle dune mediterranee di Capocotta e la maestosità dell’antica Ostia, ha visto crollare il proprio potenziale a causa di politiche urbane poco lungimiranti e di un’affollata cementificazione.
La situazione di Catania, invece, viene imputata a edifici fatiscenti, strade dissestate e una cronica inefficienza nella gestione dei rifiuti, fattori che oscurano le sue straordinarie ricchezze storiche e culturali. La città etnea, da sempre al centro di intensi contrasti tra un glorioso passato e le difficoltà del presente, non riesce a brillare come meriterebbe.
Per i residenti di Ostia, il giudizio del quotidiano britannico, per quanto duro, riflette una realtà vissuta quotidianamente. Il litorale romano si trova infatti a fare i conti con una gestione in cui la Capitale drena le risorse senza restituire quanto necessario per mantenere decorosi i servizi e il territorio.
Esempio emblematico è quello delle pinete, devastate dalla cocciniglia tartaruga: il mancato intervento di cura da parte del Comune di Roma ha portato all’abbattimento di migliaia di alberi. Lo stesso si può dire dell’edilizia, che ha visto sorgere nuovi complessi residenziali senza che venissero garantiti adeguati servizi pubblici, aggravando ulteriormente il già fragile equilibrio urbano.
Un altro tema che pesa sul giudizio negativo espresso dal The Telegraph è lo stato degli stabilimenti balneari di Ostia, molti dei quali versano in condizioni di abbandono. La direttiva Bolkestein, sostenuta anche dal Regno Unito prima della Brexit, ha imposto regole stringenti che hanno paralizzato l’industria balneare italiana. La prospettiva di perdere le concessioni ha scoraggiato i concessionari dall’investire nelle strutture, lasciando spazio a un degrado evidente.
Eppure, Ostia ha molto da offrire, anche agli occhi più critici. Le spiagge libere di Castelporziano e Capocotta, i panorami marittimi unici e l’aria ricca di iodio rappresentano un patrimonio che pochi altri litorali europei possono vantare. Ma questi elementi di pregio non bastano a mascherare i problemi strutturali che affliggono il territorio, dalla mala gestione amministrativa all’insensibilità politica. Inoltre, il vivere all’ombra di Roma, matrigna che priva Ostia delle proprie risorse, non aiuta.
Simile, per certi versi, è il destino di Catania. Una città che si affaccia su uno dei tratti di mare più belli del Mediterraneo, ma che deve fare i conti con infrastrutture carenti e un evidente stato di trascuratezza. Le ricchezze culturali e architettoniche della città sembrano non trovare un adeguato equilibrio con le politiche di sviluppo urbano e turistico, finendo così per non essere valorizzate a dovere.
Le osservazioni del The Telegraph sono un’amara constatazione di problemi reali, ma non tengono conto della complessità delle dinamiche locali. A Ostia, come a Catania, il degrado non è solo il risultato di cattive gestioni, ma anche di un’eredità storica e sociale che rende difficile il cambiamento.
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