Arriva a Roma “Lezioni di Sogni“, l’ultimo lavoro letterario di Paolo Crepet, psichiatra e sociologo. Una intensa riflessione incentrata sulla forte necessità di rivedere concetti importanti, come genitorialità, scuola, generazioni e futuro.
Un’intima indagine che analizza il profondo mutamento sociologico, imbrattato di resistenze, timori, egoismi. Tra abitudini difficili da combattere, luoghi comuni da vincere e quei freni che sottraggono a bambini e ragazzi quel bisogno interiore di far nascere e crescere i propri sogni.
“Lezioni di sogni“, che sarà presentato dall’autore giovedì 17 novembre, alle 18.30 presso Borri Books, Stazione Roma Termini, è la voce critica e provocatoria, di chi intende recuperare “il bandolo di una matassa troppo strategica perché sia lasciata all’ignavia degli indifferenti“.
Per conoscere meglio il libro, abbiamo intervistato Paolo Crepet.
Qual è oggi la necessità di sognare e di insegnare a sognare?
“Nasce perché non se ne può più di tutto quello che accade, l’unica fuga autorizzata è quella di un sogno. Perché la realtà, se vogliamo contrapporre il sogno alla realtà, è poca roba. E’ anche inquietante. Mi riferisco naturalmente a questa realtà. Questo è un mondo che si è molto ingarbugliato e lascia poche speranze. Perciò per trovare qualche speranza occorre sognare“.
Il suo è una sorta di manuale di istruzioni, per recuperare questo saper fare?
“Sì, però sono indispensabili delle condizioni. Una di queste è il coraggio. Anche di dire delle cose che non sono dette da tutti. Un libro non deve cercare un consenso, se lo fa è un libro di ricette. Bisogna andare controcorrente, discostandosi dalla media del pensiero altrui”.
Il concetto di catastrofe educativa, lo aveva già riperso Papa Francesco. E’ un concetto oggi che merita di essere raccontato?
“Può sembrare una frase forte, ma forse lo è volutamente. Credo che il significato, sia legato al non farsi bastare ciò che c’è. Nel non ricorrere al “Così fan tutti”. Perché altrimenti è finita, poiché diremmo delle banalità“.
Genitorialità, scuola, generazioni e futuro. Qual è il file rouge che delinea il perimetro di questo quadrilatero?
“Per tutti bisogna saper vivere bene. E’ necessario lavorare e sforzarsi per un futuro migliore. Lo dico nel rispetto delle opinioni di tutti, ma non credo sia imbrattando un quadro di Van Gogh che si potrà spiegare la scelta di un futuro energetico. Non è imbrattando il mondo che questo accadrà. Credo che vi sia una parte di giovinezza che è molto mal-educata”.
Sembra come se vada di moda il mostrare i lati più oscuri. Sembra quasi che faccia tendenza, che permetta di riscuotere consensi e approvazione. Come se lo spiega?
“Tutti cercano visibilità. Forse la cercava anche Garibaldi. Il problema è che una certa visibilità, a costo zero, è sostenuta da strumenti che si chiamano social network. Se non ci fossero, tutto questo avrebbe avuto un impatto irrilevante. Adesso ne parliamo perché molti comportamenti girano il mondo. E oggi però, girano il mondo le cretinate. E’ difficile che giri il mondo un colpo di genio. Se io do un cazzotto a un ragazzo che mi ha insultato in classe, diventa virale. Magari ci sarà stato un bravo insegnante che ha scelto una via non violenta, ma ha meno risonanza. Pensi lei se Don Milani o Maria Montessori si fossero messi a dare cazzotti”.
Sono i social a determinare la crescita e la temperatura di queste negatività? Ci hanno resi peggiori di quello che promettevano?
“I social ci daranno delle sorprese, perché spariranno. Se lei avesse avuto centomila euro, investiti nelle azioni di Facebook un anno fa, adesso ne avrebbe avuti molto pochi. Questa non è un’opinione. E’ sotto gli occhi di tutti quello che sta accadendo, con i licenziamenti ecc. Quel mondo lì, venduto come futuro, la cosa più bella che ci sia, invece sta deludendo. Per me è interessante. Tutto quello che è stato celebrato come orizzonte comune della civiltà, adesso non si sta verificando”.
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