Interviste

Papa Francesco da Fazio, presto il Pontefice in un talk show?

Papa Francesco ospite nella trasmissione di Rai Tre Che Tempo Che Fa, un evento epocale. Ma lo è davvero?

Bergoglio, la sera del 6 febbraio era in collegamento con gli studi di Rai Tre: un evento epocale. Ha parlato di guerra come antitesi ontologica ed etica alla Creazione, di migrazione come fenomeno complesso da affrontare razionalmente e con responsabilità da tutta L’Ue.

Ha sfiorato temi squisitamente teologici come il motivo del dolore nel mondo, la sofferenza dei bambini, il libero arbitrio. E poi un tema che gli sta a cuore, la cura della Terra, e la malattia della Chiesa: l’essere mondana.

Il pontefice che non è un santo, come lui stesso ha affermato, è apprezzato dai laici, stimato spesso più dagli atei che dai cattolici. Accusato sovente di essere un teologo poco raffinato, senza trascendenza, portatore di una ieraticità bassa, scarsamente metafisica.

Il termine Pontifex (pontem facere) significa “costruttore di ponti”, il ponte fra l’immanente e il trascendente. E’ questa mediazione che Bergoglio sta cercando di ricostruire o rinsaldare?

Papa Francesco da Fabio Fazio, l’intervista al professor Piero Schiavazzi

Abbiamo chiesto un commento al professor Piero Schiavazzi, giornalista, docente universitario, vaticanista di Huffington Post e Limes, collaboratore di Milano Finanza, docente di Geopolitica Vaticana (primo insegnamento in Italia con tale denominazione) della Link Campus University.

Papa Francesco a Che Tempo Che Fa, un evento epocale. Ma lo è davvero?

“Una nota interessante sulla presenza del Santo Padre nella trasmissione di Fazio ieri sera non può che essere un commento di metodo e non di merito, ossia non può riferirsi ai contenuti espressi, i quali sono evidenti di per sé. In che misura è stato un evento? Io direi fino a un certo punto. E’ stato un evento di metodo e non di merito. Non c’è un tema di quelli enunciati e trattati ieri da Bergoglio che il santo padre non avesse non solo già espresso, ma anche ripetuto. E non solo nella sostanza ma perfino nella forma.

Quando Bergoglio ha parlato delle elemosina senza tatto si riferiva proprio alla televisione: la televisione è la nuova metafora del levita nella parabola del samaritano. Noi vediamo il male e il dolore sugli schermi ma ci scivola addosso. Questo è un tema per così dire classico di Papa Francesco, eppure il grande pubblico lo ha accolto come un inedito. Questa è la prova che Bergoglio ha ragione, la comunicazione della Chiesa deve uscire dal suo ghetto. La Chiesa si è resa conto del limite dei propri media. Lo stratega è Padre Antonio Spadaro, la strategia è uscire dal ghetto.

Papa Francesco ha ripetuto innumerevoli volte quella frase sul toccare la mano quando facciamo la carità, eppure anche Fazio era la prima volta che la sentiva, come la stragrande maggioranza del pubblico italiano. Quelli di ieri sera sono i cavalli di battaglia del pontificato che ripete nelle udienze del mercoledì, nelle omelie e negli incontri con i giovani”

Papa Francesco da Fazio, le ragioni un evento

Perché il Papa ha scelto la Televisione e la trasmissione Che Tempo Che Fa?

“Il Papa ha scelto la strada televisiva perché si è reso conto che i luoghi e gli strumenti della comunicazione ecclesiale sono limitati e non raggiungono la massa. Anche agli incontri con i giovani ci sono i ‘quadri di partito’ ma il grande pubblico non viene raggiunto. Bergoglio si è insomma posto un problema di target, diremmo oggi. Ad ascoltarlo ci vanno i giovani che sono già nel circuito ecclesiale.

La seconda ragione della scelta del pontefice sta nella mancanza delle adunate di massa a causa della pandemia. Non sappiamo se e quando torneranno le folle oceaniche a San Pietro. La Chiesa dunque si sta adeguando al linguaggio ma anche al paesaggio, attuale. Siamo alla variante Omicron e non alla variante Omega…forse non siamo alla fine della pandemia. Dunque Bergoglio si è trovato ad affrontare un problema quantitativo e uno qualitativo relativi alla comunicazione: come raggiungere tante persone e come far sì che non siano sempre le stesse”.

Dunque l’evento di ieri sera era perfettamente in linea con gli obiettivi della comunicazione di Bergoglio?

“Nel 2015 tenni una lezione su richiesta dell’Ordine dei giornalisti di Roma al Teatro Argentina per 700 colleghi intitolata Bergoglio, una nuova app nell’hardware millenario della Chiesa. Bergoglio è una nuova app, ma il Vangelo è lo stesso. Il Vangelo è l’hardware, il Papa è il software. Lì dissi che prima o poi sarebbe arrivato il talk show. L’evento di ieri sera era nella logica di Bergoglio.

Bergoglio circa un anno fa ha riunito tutti i media vaticani (Radio, Televisione, Internet) in un unico dicastero. Non a caso questo dicastero per la pubblicazione è presieduto dall’ex direttore di Rai tre Paolo Ruffini. Ed è anche la prima volta che è un laico a presiedere un dicastero.

Quello a cui abbiamo assistito ieri sera non era un talk show. Il talk show è fondato sulla dialettica competitiva e ieri non c’è stato neppure un istante di antagonismo tra Fazio e il Papa. Nessuna domanda sui temi spinosi dell’omosessualità o della pedofilia.

Per spiegarlo con una metafora calcistica il Papa ha giocato una partita in casa, e dove l’altra squadra giocava senza punte. La conferenza stampa aperta è un nuovo metodo di comunicazione lanciato da Bergoglio. Nell’intervista aperta non si vince mai 6 a 0 ma l’importante è segnare qualche goal in più. La regola della comunicazione e dialettica e competitiva. Ed è quello che il Santo Padre fa ad esempio in aereo con i giornalisti di tutto il mondo e tutte le testate”

Prossimamente il Papa in un talk show?

“Il Papa ama molto Hegel, si pensa tradizionalmente che la dialettica di Hegel sia inconciliabile con la teologia cattolica, ebbene il Papa non è d’accordo: la dialettica, il metodo che procede per tesi-antitesi e sintesi, è perfettamente conciliabile con il cristianesimo. Nel luglio 2013 in aereo pronunciò la frase ‘chi sono io per giudicare un gay’, che fece il giro del mondo. Bene, quello è il talk show, una partita tra avversari, i giornalisti, non tra alleati. Ieri sera era un cappotto; dieci domande, dieci a zero. Inoltre il suo interlocutore, Fazio -che appartiene al movimento ecclesiastico Comunità Nuovi Orizzonti- è una pecorella del gregge, non è una pecorella smarrita o un interlocutore caustico.

Il collegamento non era in diretta, era stato registrato di pomeriggio, e non per sfiducia del pontefice ma per via dei suoi ritmi biologici: va a dormire sempre molto presto e tra le 4 e le 5 del mattino la sua luce è già accesa.

Il Papa non ama la comunicazione di élite. Non ha concesso interviste alle grandi testate internazionali come Le Monde Diplomatique e Foreign Affairs. Ieri durante l’Angelus non ha citato la Repubblica nonostante la sua nota amicizia con Scalfari, Sua Santità legge e ha citato Il Messaggero, ama le rubriche e predilige gli strumenti popolari e generalisti.

Ieri sera il Papa ha avviato un processo di apertura ed espansione mediatica. La regola spietata della comunicazione è che dopo l’amichevole il pubblico vorrà la partita vera, dove in palio c’è qualcosa. Se anche la prossima volta sarà un’amichevole è certo un calo di share. La prossima volta per avere lo stesso impatto non potrà ridire le stesse cose né con un interlocutore senza punte, non dialettico. Insomma non dovremo sorprenderci se entro la fine del pontificato avremo un confronto con un giornalista corrosivo e non con un cattolico devoto”.

Giulia Bertotto

Laurea magistrale in Filosofia e master in “Consulenza Filosofica e Antropologia Esistenziale". Collabora con il "Lucania Film Festival" e ha pubblicato una raccolta di poesie dal titolo "In caso di Apocalisse" e il saggio "Westworld la coscienza in serie", presentato alla fiera editoriale “Più libri più liberi” di Roma.

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