È un dramma che si consuma sui binari della linea Cassino-Roma, uno dei tratti più trafficati e allo stesso tempo più vessati dai disservizi. I pendolari raccontano di un viaggio che ogni giorno si trasforma in un incubo, tra treni guasti, ritardi cronici, cancellazioni improvvise e condizioni che descrivono come disumane. A peggiorare la situazione è la percezione di una profonda mancanza di rispetto: come se il viaggiatore, costretto a salire su treni sovraffollati e scomodi, fosse poco più che un numero, un cliente di serie B.
A fare da sfondo all’ennesima giornata di sofferenza dei pendolari è stato lo sciopero dei trasporti di ieri, 5 novembre. Terminato ufficialmente alle 17:00, i viaggiatori speravano che da quell’ora potessero finalmente salire su un treno e tornare a casa. Ma le loro speranze sono state disilluse. Spinti da indicazioni confuse, centinaia di persone sono state convogliate verso il binario 13, dove si diceva che il treno delle 16:14 sarebbe partito con 50 minuti di ritardo. All’interno del treno, già pronto un macchinista e un capotreno; all’esterno, una folla di passeggeri, stanchi e frustrati, ammassati sulla banchina in attesa che le porte finalmente si aprissero.
L’immagine è quella di un “carro bestiame” moderno: persone in piedi, senza alcuna rassicurazione, senza un punto di riferimento. Costretti a restare incollati davanti alle porte chiuse del treno, come se abbandonare il proprio posto potesse significare perdere la possibilità di salire e sedersi. Un’attesa estenuante, con lo sguardo fisso sulle porte, mentre il tempo passava e il disagio cresceva. “Ci hanno trattato come bestie, come se non fossimo degni di un minimo di attenzione”, racconta un pendolare, “come se aspettare ore in piedi, compressi come sardine, fosse normale, per un viaggiatore che ha pagato un biglietto”.
È questa sensazione, quella di essere trattati “come bestiame”, a generare una rabbia profonda. A fronte di abbonamenti da 100 euro al mese, e oltre, il viaggiatore si aspetterebbe almeno un servizio che rispetti la sua dignità. E invece, viene lasciato ad attendere senza alcuna informazione, senza un minimo di assistenza, costretto a vivere situazioni che non hanno nulla a che vedere con un trasporto pubblico civile.
Il viaggio di ritorno si trasforma così in una lenta agonia, un continuo accumulo di frustrazione. “Ogni volta è la stessa storia: ore di attesa, nessuna certezza, e ogni tanto persino episodi di vandalismo o persone estranee sui binari a peggiorare la situazione”, aggiunge un altro passeggero. “E quando finalmente si sale, si viaggia schiacciati l’uno addosso all’altro, come se le persone fossero solo oggetti da stipare e non esseri umani”.
In questo quadro desolante, i pendolari vedono calpestati i propri diritti, la propria dignità. È un grido che si alza da anni, senza risposte, senza miglioramenti. Trenitalia sembra cieca e sorda alle richieste dei viaggiatori, incapace di garantire un servizio che rispetti chi ogni giorno affronta una routine dura, per giunta pagata a caro prezzo.
E’ il quadro di una quotidianità fatta di esasperazione, una fotografia amara di una realtà che, da troppo tempo, non cambia. E i pendolari della Roma-Cassino restano lì, giorno dopo giorno, stretti come animali da macello, in attesa di un cambiamento a cui nessuno crede più.
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