Secondo il Vangelo di Giovanni (20, 19-23), la Pentecoste è avvenuta nella stessa sera di quel primo mattino dopo il sabato, quando la Maddalena e i discepoli trovarono la tomba aperta e vuota. Rileggere questo brano biblico a distanza di cinquanta giorni trova la sua motivazione nella Pasqua che è strettamente congiunta al dono dello Spirito. Infatti, l’effusione dello Spirito rende esplicito al massimo il mistero pasquale di Gesù e di quanti gli appartengono.
Non c’è dono dello Spirito senza l’evento della morte e risurrezione di Gesù, perché questo mistero è la chiave e il senso di ogni storia umana; essendo opera dello Spirito, il mistero pasquale diventa la realizzazione di ogni azione divina. La centralità assoluta della Pasqua orienta il senso della storia umana su altri orizzonti che non contemplano la morte come esito inesorabile del cammino umano, ma si aprono a una speranza che porta dentro di sé una forza trasformante: chi riesce a immergersi nella morte e risurrezione di Cristo scopre un nuovo modo inedito di vivere la vita umana e di affrontare le sfide sempre presenti.
Pasqua e Pentecoste non possono essere capite separatamente e disgiunte, perché si tratta dello stesso mistero della morte e risurrezione di Cristo, che è opera dello Spirito e non fa che donare lo stesso Spirito, affinché tutto sia illuminato e prenda vita dalla presenza del Crocifisso Risorto. La distanza temporale di cinquanta giorni è un tempo per raccogliere la ricchezza dell’unico mistero, senza distinzioni eccessivamente marcate.
“Ricevete lo Spirito Santo” (v. 22): il Risorto offre il suo dono e invita gli Undici ad accogliere quanto egli pone nelle loro mani. La disponibilità dell’uomo all’iniziativa di Dio è una parte essenziale dell’opera della fede. Dio fa le promesse, le compie, opera prodigi e segni, ma non cerca di manifestare la sua potenza per affermarsi come Dio, non ne ha bisogno. Egli, piuttosto, cerca amici con i quali entrare in comunione e non può farlo se non vi è libera adesione ai doni che egli fa.
Così il Figlio, il Verbo incarnato, si propone senza alcuna prepotenza o pressione indebita, tant’è che accetta anche di essere ignorato, rifiutato e rigettato. Il rifiuto di alcuni è garanzia che la proposta che viene da Dio non è imposta ma proposta, e interpella la libera adesione dell’uomo senza alcuna pressione indebita. Anche lo Spirito Santo viene donato dal Risorto, perché venga liberamente accolto da chi vuole lasciarsi guidare da lui per essere figlio di Dio. Nell’accoglienza del dono dello Spirito c’è la possibilità di vivere la sequela a Cristo e testimoniare la propria identità di figli del Padre.
Cosa implica per il credente accogliere il dono del Risorto? Le parole che seguono aiutano a entrare nella concretezza: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (v. 23).
L’accoglienza dello Spirito non ha nulla di passivo, ma resta un continuo appello rivolto al credente di vivere lo spirito della riconciliazione, perché i peccati saranno perdonati attraverso i vincoli di fraternità che la comunità dei discepoli saprà costruire. Non saranno rimessi i peccati se la comunità non saprà vivere e testimoniare lo spirito di riconciliazione. Il dono dello Spirito Santo viene donato dal Risorto ai suoi discepoli, perché vivano della riconciliazione offerta dal Padre per tutto il mondo.
Ciò esprime anche il senso più profondo dell’essere chiesa e dell’appartenere a Cristo: vivere la riconciliazione, offrire sentieri di pace, aprire porte per comprendere in modo nuovo i conflitti e le tensioni, distendere gli animi, affinché si possa vivere il dono dell’amicizia. La chiesa vive per donare al mondo lo Spirito di riconciliazione, dono di Dio stesso. Infatti, il primo saluto di Gesù Risorto è “pace a voi”: solo chi ha accolto e fatto proprio il dono della pace, portato dal Risorto, può diventare strumento di riconciliazione tra i popoli, tra le culture, tra le più diverse relazioni che nutrono la vita delle persone.
Lo Spirito Santo viene donato, perché egli è capace di “connettere”, mettere insieme, creare ponti, consolare animi esacerbati, illuminare l’intelligenza a un piano diverso e superiore, sanare le ferite dei cuori. Accoglierlo significa entrare nella luce della risurrezione: il suo soffio vitale ci rende capaci di trasformare i cuori e la faccia della terra. Sarà lo Spirito a trasmettere forza e luce: su di lui la Chiesa potrà sempre contare, mettendola davanti a sorprese imprevedibili. Avverranno fatti che faranno trapelare la sua azione.
Presenza discreta, ma sicura, lo Spirito produrrà cambiamenti inspiegabili. A partire dai discepoli stessi che affronteranno il mare aperto della storia e andranno incontro a ostilità e rifiuti, senza paura. Saranno loro, con il coraggio e la fiducia, il primo segno di quello che lo Spirito Santo può operare. I discepoli raccoglieranno ogni sfida, anche quelle più ardue e complesse, con la semplicità disarmante di chi si sente guidato da una forza che viene dall’alto. E tutto ciò che abitualmente avvelena e fa sorgere ostacoli insormontabili, non provocherà loro alcun danno, non diminuirà il loro entusiasmo.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Girolami, 2023; Laurita. 2023.
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