“A Mattè, perché non ti candidi tu? perché non lo fai te er sindaco de Roma?”. Sotto un sole che sembra estate, nella periferia est della capitale, un residente va dritto al punto. Matteo Salvini ha affrontato il traffico della città (“Ci ho messo quaranta minuti! Qua-ran-ta minuti!”, scandisce per bene) per arrivare in via Mogliano, zona Osa, Prenestina, VI municipio, Corcolle praticamente. Scuote la testa Salvini, un rimbalzo del capo interpretabile in tanti modi: da “non ci penso neanche” a “quasi quasi..”, con tante sfumature nel mezzo.
“Ormai sto più a Roma che a Milano”, dice. La risposta non convince l’interlocutore. È un venditore ambulante di scarpe in pensione. È arrivato qui cinquant’anni fa, sfrattato da Tor Pignattara. “Per i Vigili del fuoco la casa era umida, inabitabile.
Mi è morta una bambina di tre mesi là dentro“. Acquista un terreno in campagna, zona est di Roma, ci costruisce una casa abusiva e ci abita da allora. “Ma ci manca ancora l’allaccio all’acqua, ogni tanto la luce, la spazzatura non la raccolgono”. E allora ci provano con Salvini, magari lui fa il miracolo. Un anno fa lo portarono nel vicino impianto di smaltimento rifiuti di Rocca Cencia. Non andò bene: “Non ci fanno entrare”, ripeté Salvini più volte alle telecamere.
Oggi è diverso. Salvini passeggia per il quartiere fatto di villini spaziosi e ben recintati, strade ampie. Il tour finisce nella casa di una signora che mostra al leader leghista l’acqua marrone che esce dal rubinetto. “E come fai a fare la doccia?”, domanda lui, perché di bere o cucinare con quell’acqua non se ne parla nemmeno. “Vado dalle amiche- risponde lei- come per la lavatrice”.
Virginia Raggi c’entra poco e nulla con l’allaccio dell’acqua, i residenti lo ribadiscono più volte. L’inghippo è burocratico, Salvini è un po’ disorientato. Non si capisce a chi dar la colpa. “Colpa della regione?”. No, gli spiegano, la regione ha autorizzato, sono gli uffici comunali a sonnecchiare. “Non prometto miracoli – taglia corto – ma l’acqua ve la portiamo”.
Qui, tra i residenti, ci sono tanti nostalgici di Berlusconi. “Io ora voto Salvini”, assicurano. Epperò lui il sindaco non lo vuol fare e nemmeno chiederlo a Giorgia Meloni (“Ha già detto no e io non impongo nulla a nessuno”). Nell’affetto con cui lo guardano si insinua un poco di sospetto. “Ma perché oggi parli milanese?”, gli domanda l’interlocutore iniziale. “Ieri sera in tv parlavi romano”, adombra. “Io? Ma noooo – ribatte Salvini – io parlo come parlo. Il romano? Posso studiarlo…”.
Ultimo passaggio, prima di salutare tutti, al ‘nasone’ di quartiere, la fontanella dove tanti riempiono taniche e bottiglie per avere un po’ d’acqua potabile in casa. “Bevi tranquillo Mattè...”, lo esortano. Lui, dopo che ha scherzato e ripreso col telefonino l’acqua marrone che esce dalle case, esita un attimo. Si bagna viso, le mani, si pettina i capelli. “Bevi Mattè, daje…”, insistono. E allora, a favor di telecamere, lui si disseta. “Come te senti Mattè, tutto bene?”, ride uno. “Ao, mo tocca ricoverarlo”, aggiunge un altro. Salvini ghigna, sta allo scherzo, un paio di corna immortalate dai fotografi e saluta. (Anb/ Dire)
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