Mangiare pesce crudo può causare problemi seri. E’ quello che avviene se questo non è abbattuto correttamente, facendosi portatore di batteri che possono provocare intossicazioni alimentari. Il caso del terribile pranzo di Gubbio, in cui, almeno a stare al racconto che è stato pubblicato su innumerevoli testate giornalistiche e sui social, ha diffuso nuova paura attorno al consumo del pesce crudo. Una serie di malesseri che avrebbe costretto alcuni poveri avventori a trovare soccorso non solo nella toilette ma addirittura in una struttura sanitaria. Vero o falso che sia, l’argomento adesso è rovente.
Listeria, escherichia coli, anisakis o salmonelle. Sono numerosi i contaminanti che rischiano di causare problemi di questo genere. Si tratta di microrganismi che, il più delle volte, possono comportare infezioni non gravi e gestibili, ma che in sporadici casi possono diventare molto pericolosi, soprattutto per le persone più fragili: i bambini, le donne incinte e gli anziani. Ma non solo per loro.
Fino a poco tempo fa con pesce crudo si indicava per lo più ricette basate su piatti marinati. Acciughe, ostriche, cozze, carpacci. Da qualche anno invece, a tutto questo si è aggiunta l’esplosione del fenomeno sushi. Una moda che ha origini antichissime, perché già nel IV secolo, in Giappone, il pesce fresco veniva conservato con riso e sale, così da poterlo conservare il più a lungo possibile. Un vero e proprio fenomeno di massa, che conquista sempre più gli italiani per gusto, forma e varietà. Per il 76% dei nostri connazionali è desiderabile tutto l’anno.
In Italia c’è, oltre alla fortissima tradizione di consumare sushi, quella di nutrirsi di carpacci, di marinati e tartare di pesce. Alcuni alimenti ittici trattengono organismi e microorganismi patogeni, che possono dare origine a malattie se non accuratamente neutralizzati. In maniera meno desueta si riscontra un aumento di diagnosi di parassitosi intestinale da Anisakis e di altre malattie che in talune circostanze possono portare conseguenze molto gravi, con episodi degenerati anche in decessi.
Abbiamo interpellato quattro illustri esperti del settore per comprendere e approfondire meglio.
“Se non c’è un giusto procedimento nell’abbattimento, possono esserci problemi” ci spiega Gianpaolo Esposito, owner del ristorante “Marina Grande” ad Amalfi. “Certo può esserci qualche cliente che ha più difficoltà nella digestione, ma quello è un altro discorso. Il crudo non morirà mai, ma il processo di temperatura e congelamento deve funzionare. Occhio agli All you can eat, perché potrebbero essere, in qualche caso ovviamente, delle realtà pericolose“.
Sul processo di abbattimento insiste Moreno Cedroni, dei ristoranti “Madonnina del Pescatore“, “Clandestino” e “Anikò“, che spiega: “E’ una legge che vige in Europa. Con una sana e corretta gestione di un pesce freschissimo e un relativo abbattimento per almeno 24 ore, a una temperatura di -20 gradi, si ha l’assoluta qualità“.
Massimo Riccioli, patronne de “La Rosetta“, che è stato il primo ristorante a Roma a proporre specialità di solo pesce ci racconta: “C’è un altro problema. Ci sono alcuni prodotti che provengono dall’estero, per i quali l’operazione è stata fatta prima. Questo può comportare il deperimento del prodotto stesso. Ma si consideri anche che per un pesce di alta qualità ci sono dei costi che non tutti possono sopportare. Per il 60% del totale, il pesce importato dall’Italia è pesce di allevamento. Se è esposto a tanti viaggi, il rischio aumenta, specie con i crostacei, per i quali usano i solfidi. Ma è rischioso anche in altri casi, come per esempio per il tonno“.
Gianfranco Vissani, difende però i ristoratori: “Non voglio dare la colpa a loro. Aprono locali continuamente, cercano di dare il meglio di sé, di fare bene, ma andiamo incontro a un momento mai così difficile per l’Italia. Tutte le materie prime aumentano di prezzo ogni giorno. E quindi è un problema di fondo che riguarda i costi troppo alti. Ci sono clienti che pretendono di mangiare pesce appena pescato a 30 euro. Ma come si fa?”.
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