Petizione “Carrozze solo per donne”. Boldrini: “non è protezione ma ghettizzazione”

Dopo lo stupro di una 21enne, avvenuto sul vagone nel Varesotto, parte una petizione per creare carrozze per le donne

Laura Boldrini

Laura Boldrini

Dopo l’ennesimo caso di stupro nei confronti di una ragazza 21enne, questa volta avvenuto in un vagone ferroviario nel Varesotto (provincia di Varese) numerose donne si sono mobilitate per dire basta alle violenze facendo partire una petizione. L’obbiettivo, come già intuibile dal titolo, è “Carrozze solo per donne: vogliamo viaggiare sicure”.

Sin da subito l’iniziativa ha riscontrato molto successo raccogliendo più di 1000 firme.

Numerose perplessità però sono state mosse da figure molto sensibili alle tematiche di genere. Un esempio è dato dalla deputata del Pd e presidente del Comitato della Camera sui diritti umani nel mondo, Laura Boldrini.

Uccise, stuprate, discriminate e ora pure segregate? Riservare i vagoni dei treni alle donne va nella direzione sbagliata: non è una forma di protezione ma di ghettizzazione. Servono maggiori controlli e educare, già nelle scuole, al rispetto e al rifiuto di ogni violenza“, sottolinea Boldrini in un post sui social.

Infatti, l’errore comune che si tende a fare è cercare di risolvere il problema eliminando la possibilità che si possano creare le occasioni dalle quali può scaturire la violenza. Tuttavia, la vera soluzione non è evitare il problema, ma risolvere. Come un’equazione, infatti, si dovrebbero cercare soluzioni concrete.

L’educazione sta alla base di queste problematiche. La violenza di genere, come affermano numerosi studiosi del settore, è legata a fattori educativi-culturali.

Creare un vagone apposito dove le donne possono viaggiare tranquille e sicure, poiché esclusivamente destinato a loro, è cercare di sopperire alla problematica in maniera fittizia. Questa soluzione non risolve il problema, ma anzi si potrebbe dire che lo giustifica. In questo modo, infatti, non si va a incriminare e colpevolizzare il gesto e l’azione della violenza, ma si tende a schivare la problematica e non attribuire le responsabilità a chi è il carnefice.

La vittima rimane vittima e questo atteggiamento può innescare un circolo vizioso in cui ogni donna può cadere nel ragionamento erroneo di colpevolezza.

Bisogna educare le nuove e vecchie generazioni a ripudiare la violenza. Per far ciò occorre decostruire i modelli patriarcali su cui la nostra società si fonda e si erge. Seppur ormai l’Italia sia un Paese apparentemente lontano da quella cultura, in realtà il patriarcato è ancora intrinseco nelle vecchie e nuove generazioni. Debellare e scardinare stereotipi e modelli culturali è un lavoro difficile che richiede del tempo. Partire dalle scuole, dove le nuove generazioni vengono formate ed educate, è il primo passo per una società più libera per le donne e per tutte quelle categorie discriminate, poiché sono delle minoranze.

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