Arriva al Consiglio delle Autonomie Locali, prima di andare al Consiglio Regionale, una legge sui Piccoli Comuni. Ma come si fa a costruire una identità forte, come oggi appare necessario nelle aree interne e montane del nostro Paese, in un contenitore istituzionale che è generalmente e genericamente definito piccolo?
I piccoli Comuni manutengono il 54% della superficie nazionale e rappresentano il 73% del numero dei Comuni. Amministrano oltre 10 milioni di abitanti e grondano di storia patria, contengono gran parte del nostro paesaggio, ambiente, storia, arte, cultura, folclore, tradizioni. Così anche nel Lazio i piccoli comuni sono 254 su 378. Piccolo e piccoli, come sinonimo di scarsità, minutezza e marginalità, non solo di condizioni demografiche, ma poi facilmente anche di problematiche, di peso istituzionale e quindi politico; così ad ogni congiuntura sfavorevole, chi comanda trova facilmente su chi scaricarne i costi, ma trova anche gli “stracci” da far volare come bersaglio per l’opinione pubblica: Comuni polvere, numerosità, spreco, sagre, campanili, padelle…
Ma tornando all’identità, chi mai di noi si definirebbe solo con un aggettivo, chi mai identificherebbe se stesso con termini come: “brutto”, “inadeguato”, “insufficiente” o anche “carino”, “bravino”. Piccolo è un aggettivo ed è per noi un altro elemento di debolezza identitaria. Perché nessuno si definirebbe al minimo della possibile percezione esterna.
Rousseau, il padre della democrazia moderna e della moderna pedagogia, definiva criminale definire un bambino, nella sua specificità e complessità, come Piccolo Uomo; così è per i Comuni, entità esponenziali di collettività e territorialità millenarie.
Ci sono invece i borghi e i paesi: borghi, attenzione, solo convenzionalmente sino a 2000 abitanti. Con le caratteristiche non solo storiche e storicizzabili, ma facilmente identificabili come quelli medievali o rinascimentali. Per comunità che si riconoscono in un territorio e si organizzano nell’istituzione comunale. Poi ci sono i paesi, con caratteristiche dimensionali più vaste e complesse, con articolazioni socioeconomiche più sviluppate.
Per esempio quando pensiamo al Comune, dove siamo nati e dove viviamo, ciascuno pensa al “mio Paese”; poi però anche al “mio Borgo”, medievale o rinascimentale. Il nucleo abitativo originario che vorremmo conservare, tutelare, valorizzare. Perché i motivi identitari nel nostro borgo natìo si esaltano e completano. In altri casi magari il borgo è la sola dimensione abitativa esistente, può essere individuato da chi lo guarda arroccato su una montagna o una collina e lo abbraccia con un colpo d’occhio.
Mai nessuno, penserebbe al suo luogo di origine come “Il mio Piccolo Comune”.
Ecco tracciata la proposta di una identità e una distinzione che comprenda anche le città, medie, grandi, metropolitane. Non c ‘è niente di piccolo o di minore; niente di trascurabile o di subalterno. Semplicemente qualcosa di diverso, istituzioni territoriali diverse, con diversi ruoli ed esigenze, con la ricchezza che ogni diversità comporta. Ma soprattutto con la stessa dignità istituzionale, con la stessa dignità costituzionale che l’art.114 della nostra Costituzione sancisce, e che l’art.5 riconosce.
Forse, lo auspichiamo, dal Lazio inizierà un nuovo corso, che non è esagerato definire storico.
Francesco Chiucchiurlotto, coordinatore della Consulta dei piccoli Comuni del Lazio
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