Poggio Le Volpi e Masca del Tacco, le cantine di Felice Mergé guardano al futuro
Può essere questo, l’anno della riscossa? Anche le grandi cantine del vino provano a rispondere alla domanda che tutti ci facciamo
Siamo già a febbraio 2021. Può essere questo, l’anno della riscossa? Anche le grandi cantine del vino provano a rispondere alla domanda che tutti ci facciamo. Il 2020 è stato un anno orribile ma non ha impedito la sperimentazione di nuovi percorsi per far apprezzare i vini migliori agli appassionati consumatori. E il web nell’anno passato ha conosciuto un incremento di traffico e di utilizzo per l’e-commerce straordinari.
Rossella Macchia è la responsabile Comunicazione e Marketing di Poggio Le Volpi e Masca del Tacco, le cantine di Felice Mergé. E’ lei che ci racconta come la loro azienda, una delle più importanti della regione Lazio, sta affrontando la sfida per superare una delle stagioni più difficili.
- Dove si trova la vostra azienda e qual è la vostra filosofia?
Racconta le vostre due realtà con sede nel Lazio e Puglia.
L’azienda Poggio Le Volpi si trova nel Lazio, precisamente a Monte Porzio Catone in Via di Colle Pisano a 400 mt sul livello del mare. Siamo nel verde della campagna romana, a 30 chilometri dalla Capitale, nel territorio vulcanico dei Castelli Romani. La filosofia della nostra azienda agricola è quella di valorizzare la ricchezza ampelografica del nostro territorio.
L’altra azienda di famiglia è invece Masca del Tacco, in Puglia. Presente ad Erchie, nella zona di Manduria, questa cantina venne fondata nel 1929 dalla famiglia Lanviano. All’epoca era frantoio e cantina e nel tempo si è espansa con i suoi vigneti anche nelle zone di Veglie e Torricella. Proprio qui, in provincia di Taranto, troviamo Villa Maria che con la sua terra rossa e tra i suoi 50 ettari accorpati in vigneti ad alberello, celebra il suo Primitivo, un vino che ci fa emozionare con la produzione del Piano Chiuso, Riserva del Primitivo di Manduria.
- Che tipo di rapporto c’è con il territorio e i vitigni autoctoni?
Per noi vino autoctono è sinonimo di territorio e per questo ne racconta la storia. Il vino, nel nostro caso, diventa uno strumento attraverso cui conoscere il territorio e la sua natura.
- Qual è l’ispirazione che ha fatto nascere il Roma Doc?
Abbiamo voluto creare un vino che celebrasse l’eternità della Capitale:
“La storia fece il vino, ed il suo vino farà la Storia”, Roma doc
- Quali sono le valutazioni che entrano in gioco quando si realizza una nuova etichetta?
Visive e tattili in primis: l’etichetta deve trasmettere identità, la nostra. La parte creativa ed emozionale è fondamentale per condensare in un “pezzetto” di carta la storia contenuta all’interno della bottiglia.
- Come avete vissuto umanamente e professionalmente l’ultimo anno appena concluso?
Siamo un popolo solare, caloroso, voglioso di abbracci, di provare il contatto fisico. Personalmente quando tutto questo è mancato il nostro sorriso è stato resiliente ed ha semplicemente cambiato il modo di manifestarsi. Il sole, noi, lo portiamo dentro.
Professionalmente non è stato facile per nessuno, ma abbiamo agito con audacia e grande prospettiva.
- Quali sono state le preoccupazioni più grandi provate durante il primo lockdown e nei successivi mesi?
La mancanza di relazioni, di incontri. La preoccupazione di non poter esprimere la nostra passione e la nostra professionalità; la preoccupazione di ricordarci come si fa il nostro mestiere, di cui siamo stati privati per molto tempo.
- Ci sono stati degli aspetti positivi o delle opportunità che avete saputo interpretare da questa situazione?
Al livello lavorativo sì. Abbiamo cominciato a intraprendere percorsi di vendita ai quali non c’eravamo mai approcciati prima (delivery e grande distribuzione). In più, abbiamo rafforzato mediaticamente il rapporto con i clienti, in questo caso con gli utenti sui social che sono la parte importante della nostra realtà e non vedevo l’ora di tornare.
- Oltre alla vendita diretta, necessariamente limitata al livello fisico, ci sono stati altri mezzi che avete messo in campo durante il 2020 e/o per prepararvi al 2021?
Premesso che l’azienda vive grazie al contatto con il pubblico e l’utente finale, abbiamo cercato di raggiungere tutti ugualmente, anche i più lontani. Infatti, abbiamo attivato il servizio di consegna a domicilio e ci siamo interfacciati con la vendita online attraverso le diverse piattaforme di competenza. Inoltre, sono state organizzate degustazioni virtuali e siamo stati inclini a investire nella vendita alla GDO con il conseguente impegno, da parte nostra, di formare gli addetti alle vendite.
- In un anno in cui il grande tema assente è stato la “socializzazione”, quanto vi mancano gli eventi dedicati al vino? E in tal senso, come vorreste o immaginate di tornare a condividere questi momenti?
L’incontro è tutto, dal poter trasmettere le nostre emozioni a fare appassionare i consumatori ai nostri vini, perché come dice Felice “Quando degusto un vino, provo delle sensazioni, delle emozioni”. A noi è mancato proprio condividere le emozioni della degustazione. Nel nostro immaginario si tornerà con molta naturalezza a questi momenti.
- Poggio Le Volpi condensato in una frase…
Storia di una famiglia, Armando e Felice Mergè, tradizione identità e territorio ma anche passione, impegno ed esperienza.
- Masca del Tacco condensato in una frase…
Produzione e trasmissione di valori, storia centenaria di patrimoni vitivinicoli unici.