Polizia Municipale di Roma, come la criminalità organizzata condiziona la categoria
Polizia Municipale di Roma: abuso di potere, conflitti di interesse e perfino uso improprio della violenza
Una recente inchiesta di Report ha avuto al centro la Polizia Municipale di Roma, corpo da seimila pubblici ufficiali che si occupano delle questioni più disparate, dalla circolazione del traffico al commercio all’edilizia. E oggi anche di far rispettare le norme anti-Covid nei locali e nelle strade.
L’indagine del noto programma di Rai Tre ha fatto emergere quale sistematica corruzione ci sia all’interno della categoria: abuso di potere, conflitti di interesse e perfino uso improprio della violenza. Si indaga sulle concessioni ai set del cinema che possono fruttare grossi ricavi extra, ma anche sui controlli alla ristorazione. Il giudice Guglielmo Muntoni del Tribunale di Roma ha infatti notato come “I controlli più severi su tavoli e norme igieniche e dell’occupazione di suolo pubblico siano riservati ai ristoranti solo dopo che vengono sequestrati alla criminalità organizzata”.
Le organizzazioni mafiose controllano il territorio, (sia al centro che in periferia), gli uffici e i vertici ‘dietro le quinte’. Fino agli agenti in strada, necessariamente condizionati da questa manipolazione a cascata.
Naturalmente vogliamo anche sottolineare come ci siano migliaia di lavoratori che ogni giorno eseguono i loro compiti con impegno e dedizione anche in condizioni di difficoltà e pericolo.
Polizia Municipale di Roma, l’analisi del criminologo
Il criminologo Maurizio Fiasco, membro della Consulta nazionale antiusura ha dato delle spiegazioni su questo fenomeno a la Repubblica. “Nelle città dove c’è grande disordine e ci sono vuoti di sovranità è evidente che il mestiere di polizia sia naturalmente a rischio”.
L’esperto ha spiegato che nelle nazioni anglosassoni non è in alcun modo un tabù la corruzione dei sistemi di polizia. Essa viene considerata un pericolo quasi fisiologico e che proprio per questo tali sistemi non si autogestiscono. “La loro autogestione, spiega “è il massimo rischio che una democrazia possa correre”.