A Roma nei campi attrezzati vivono in tutto 2.274 persone: il 45 per cento della popolazione rom e sinti della Capitale è minorenne e il 55 per cento è maggiorenne. In tutto, secondo il rapporto redatto al termine del Piano di inclusione 2017-2021, nella Capitale sono presenti otto campi autorizzati per un totale di 2.652 persone censite a cui aggiungere circa 300 persone non censite.
Si stimano 67 insediamenti abusivi per un totale di 495 persone e 55 siti delle aree golenali per un totale di 259 persone. È questo il quadro tracciato nel corso di una seduta straordinaria dell’Assemblea capitolina dall’assessora alle Politiche sociali di Roma, Barbara Funari. Secondo il gruppo di Fratelli d’Italia, all’opposizione in Campidoglio, i campi attrezzati pesano circa 20 milioni di euro l’anno sulle casse pubbliche e soltanto nel 2019 l’azienda capitolina Ama ha messo a bilancio una spesa di 853 mila euro.
Su base nazionale, l’incidenza della popolazione rom e sinti, è pari allo 0,23 per cento. Il 50 per cento delle persone di etnia rom e sinti ha cittadinanza italiana. Il 90 per cento è stanziale. Il 60 per cento è minorenne, e in questa fetta il 30 per cento ha un’età che va da zero a cinque anni. La speranza di vita dei rom e sinti in Italia, inoltre, è molto più bassa di quella degli italiani, è in media tra 45 anni e 50 anni. L’assessora Funari, sulla base di questi numeri, ha chiarito che la questione rom “non è un’emergenza e non va trattata come tale” perché “l’emergenza è una circostanza imprevista, e non può essere associata all’esistenza di un gruppo di persone che non sono nomadi, ma sono sedentarie”. E quindi, secondo Funari, le politiche d’inclusione devono essere strutturali.
“La strategia europea per il superamento dei campi rom per il 2021-2030 propone quattro punti chiave.
Dobbiamo operare – ha aggiunto l’assessora – in una logica interistituzionale e interministeriale su quattro indicatori di criticità: educazione, occupazione, alloggio e salute. È quello che indica la commissione europea e che faremo come Roma Capitale”.
Tuttavia l’assessora non ha presentato un piano dettagliato, né un cronoprogramma, per il superamento dei campi attrezzati. Il piano, infatti, deve ancora essere elaborato, come conferma l’ordine del giorno di maggioranza approvato a termine del consiglio straordinario.
“Non è chiaro come pianifichiamo l’uscita dai campi e quindi la loro chiusura. Abbiamo bisogno di un piano casa, perché far uscire le persone dai campi significa sistemarle in alloggi. Avrei voluto avere contezza di questo dall’assessore al Patrimonio. E avrei voluto capire, dall’assessora alla Scuola, che tipo di supporto è previsto per i ragazzi al di fuori delle lezioni in aula, se fanno i compiti quando rientrano nei campi”, ha detto la capogruppo di Azione in Campidoglio, Flavia De Gregorio. “Non avremmo voluto sentire dati sull’etnia, ma una programmazione su come far uscire da una certa situazione persone in una condizione di forte povertà”, ha sottolineato.
Secondo il consigliere capitolino di Fd’I, Federico Rocca, va ricordato che “i campi a Roma vengono istituzionalizzati dal sindaco Rutelli nel 1994, una volta per tutte inquadriamo il problema e non ce la prendiamo con Alemanno, Marino e Raggi”, ha detto.
“Solamente per il campo di Castel Romano di consumi idrici, nel 2019, abbiamo speso 64 mila euro, 469 mila euro per lo svuotamento delle vasche dei liquami, 300 mila per il campo La Barbuta, per la bonifica del campo La Cesarina 192 mila euro, per progetti di inclusione 140 mila euro e 70 mila euro. Il conto di Ama per i campi rom nel 2019 è di 853 mila euro: spese storiche che si ripetono nella città da 30 anni e che hanno portato a risultati irrisori”, ha concluso Rocca. La seduta è terminata con l’approvazione di un ordine del giorno di maggioranza che, tra le altre cose, impegna il sindaco e la giunta “a monitorare l’elaborazione del nuovo piano” e “a recepire i contributi dei consiglieri e delle consigliere nella stesura del nuovo piano finalizzato al superamento degli insediamenti”.
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