Il prezzo del petrolio sta tornando verso livelli normali, ma è anche vero che la domanda di greggio ha ripreso a spingere in maniera importante, con la produzione a stelle e strisce che è talmente debole che il mondo sembra avere un’impellente e urgente necessità del petrolio nero del Cartello. Erano queste le previsioni realizzate dall’OPEC, ma in realtà le cose non stanno andando proprio così.
Una situazione a cui devono prestare grande attenzione anche tutti coloro che sono soliti investire sul petrolio con una piattaforma come Plus500 e devono chiaramente seguire tutte le novità che potrebbero portare a dei cambi di strategia da attuare immediatamente.
Sono due i fattori che stanno remando contro le previsioni dell’OPEC, che sta tornando di nuovo in trincea per affrontare il Covid. Prima di tutto la seconda ondata di contagi, con la pandemia da Coronavirus che sembra ben lontana dall’essere risolta una volta per tutte, almeno fino al momento in cui non sbarcherà il vaccino. Proprio il prolungarsi della situazione di emergenza sanitaria rappresenta una vera e propria minaccia per un ulteriore calo nella richiesta di barili, che sta già attraversando una fase di grande stallo. Il secondo fattore che sta incidendo è sicuramente una produzione in aumento da parte di varie fonti su cui la OPEC non può agire in alcun modo per gestirne il controllo.
Durante lo scorso mese di giugno, i ricercatori dell’OPEC avevano previsto che la domanda di petrolio garantito dal Cartello avrebbe oltrepassato il milione di barili al giorno in confronto alle stime del mese di dicembre del 2019, nel momento in cui il Covid sembrava solamente una questione da risolvere entro i confini cinesi e asiatici. Già nello scorso mese di ottobre, però, quella ventata di ottimismo si è dissipata completamente e la stima è stata diminuita di ben 3,75 milioni di barili al giorno, esattamente come la produzione dell’Iraq.
Il ruolo della pandemia nelle previsioni errate da parte dell’Opec è abbastanza facile da intuire. Proprio la difficoltà nella gestione dell’emergenza epidemiologica, infatti, con l’introduzione di restrizione sempre più dure, ma anche i vari eventi sociali che si sono verificati entro i confini americani durante il periodo elettorale potrebbero portare a un nuovo e importante calo nella domanda di greggio degli Usa.
I lockdown si stanno avvicinando, per intensità, a quelli della scorsa primavera, anche se non è stato ancora raggiunto quel livello, con il Governo pronto a vararne uno più “leggero” entro il 20 novembre. D’altro canto, è vero che diverse attività lavorative sono rimaste aperte, con diverse persone che, quindi, usano ancora i propri mezzi di trasporto privati per raggiungere il luogo di lavoro. È chiaro che, in base a queste informazioni, sarà difficile pensare a un impatto sulla domanda dell’oro nero talmente intenso come si è verificato durante la scorsa primavera. Certo, però, che sarà inevitabile uno scenario altrettanto difficile.
È chiaro che un aspetto positivo per la domanda di carburanti potrebbe essere rappresentato dalle rigide temperature dell’inverno, anche se è abbastanza facile intuire come difficilmente possa avere un forte impatto sul petrolio stesso. Giusto per fare un esempio, nel Regno Unito, non è stato impiegato molto di frequente nell’ambito del riscaldamento delle case, mentre in territorio tedesco, in cui viene usato molto più petrolio di solito, ecco che chi ne usufruisce di frequente ha già provveduto ad aumentare le scorte di tale prodotto nel corso degli ultimi mesi. È chiaro che ci potrebbe essere il tentativo di scaricare i vari siti di stoccaggio prima che venga emanate nuova tassa, che dovrebbe entrare in vigore dal prossimo mese di gennaio.
Stesso discorso anche nel continente asiatico, dove sia l’economia che la domanda di petrolio stanno crescendo molto più velocemente per riappropriarsi dei livelli precedenti alla pandemia, ma i produttori sono ancora in attesa di notare le conseguenze positive. Ad esempio, il Giappone ha scelto di diminuire le importazioni di petrolio di ben più del 33% in confronto ai primi mesi del 2019.
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