Senza scomodare Aristotile con il suo concetto di “felicità” e la proposta di sostituire il Pil con il Bes, il benessere equo e sostenibile, che propose il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, nel 2015, per stabilire come si vive in una città, occorre misurare diversi fattori. La valutazione della qualità della vita, utilizzata dall’ Università di Roma La Sapienza per l’inchiesta di Italia Oggi, si basa su nove elementi: affari e lavoro, ambiente, criminalità, disagio sociale e personale, popolazione, servizi finanziari e scolastici, sistema salute, tempo libero e tenore di vita, con 21 sotto dimensioni e 84 indicatori di base. Come è facile intuire un conto è fissare criteri economici produttivi ed economici, un conto è misurare gli umori della popolazione in merito alla propria condizione di vivibilità. Di scientifico c’è poco.
Inutili che spieghi a voi, che vivete nelle città italiane, cosa questo significhi, cosa vi faccia sorridere o disperare quando accompagnate i figli a scuola, o andate a fare la spesa, cercate un ufficio o un negozio, quando vi serve un parcheggio, quando vorreste andare al cinema o incontrarvi con amici e parenti. Sapete cosa si prova quando accusate disturbi, sentite cattivi odori, lo smog è una cappa sulle vostre teste, la pioggia non fluisce nei tombini, quando restate bloccati ore nel traffico o dovete rimediare al danno procurato sulla ruota della vostra auto, per la buca che da anni vi aspetta al varco. Le nostre città, da Roma a Firenze, a Napoli a Venezia, Milano o Palermo hanno tutte caratteristiche di bellezza e di storia che ne farebbero dei luoghi meravigliosi per trascorrere in felicità le ore libere, passeggiando nei parchi o per le vie del centro storico a fare shopping o nei musei o sul lungomare. E invece no.
Con i criteri scelti da Italia Oggi la classifica della vivibilità delle città italiane vede scendere Roma dal 67° all’85° posto. Vanno male anche Firenze, Bari, Venezia, mentre risale Milano. Ferma Napoli al terz’ultimo posto, sempre male Palermo al 106° posto, ultima Vibo Valentia. Questa la situazione. Per chi non avesse letto la notizia riportata su la Repubblica il 18 novembre scorso, e avesse il piacere di conoscere la classifica vi rimando a quel giornale. Vorrei qui analizzare il fenomeno, soprattutto in riferimento a Roma e alle altre città d’arte, che sono l’attrazione turistica privilegiata del nostro Paese e che dovrebbero, quindi, rappresentare l’occasione, il potenziale, sul quale fondare una rinascita economica dell’Italia, che potrebbe, se non risolvere il problema del debito pubblico, per lo meno ridurre quello dell’occupazione. Viste le tantissime opportunità che un asse “turismo-gastronomia-arte” potrebbe offrire in termini di affari, scambi, esportazioni, flussi turistici e che nessun paese al mondo può, come il nostro, mettere a disposizione in pochi chilometri. Invece no. Qualsiasi governo, passato o presente, compreso questo giallo-verde, vede “rosso” quando si affronta questa ipotesi strategica. Si preferiscono politiche assistenziali invece di puntare decisamente sugli aspetti che danno forza e valore al meglio del nostro Paese: arte, cultura, moda, gastronomia, vacanze, in una parola. “piaceri”!
Non ci stupisce il primo posto di Bolzano, seguita da Trento e Belluno. Quando passeggio per queste cittadine avverto il senso di soddisfazione e di godimento di camminare in un salotto all’aperto. I negozi sono accoglienti, le zone centrali prive di traffico, i cittadini rispettosi della pulizia e dell’esigenza altrui di evitare rumori molesti. Nelle piccole città è facile vivere perché gli uffici sono a portata di mano. In pochi minuti, a piedi o in bicicletta, vai dal giornalaio all’ufficio comunale, dalla banca alla scuola, dal panettiere al negozio di abbigliamento, al parrucchiere, al tabaccaio. Questa è la qualità. Assolvere in una mattinata tre o quattro impegni personali, senza perdere un’ora per parcheggiare, senza prendersi una multa, senza spazientirsi e far crescere il malessere fisico.
Non è un caso se vediamo che anche la quarta città, Siena (che era undicesima) è una piccola città, così come Pordenone (prima nona e ora quinta) e Parma, che ha guadagnato anch’essa una posizione dal 2017. Le città a misura d’uomo funzionano perché oggettivamente la metropoli non ha una dimensione facile per le nostre esigenze, a meno che la metropoli non si attrezzi con trasporti, viabilità, rispetto dell’ambiente e soluzioni ideali di gestione della burocrazia, che ci consentano di abbattere i tempi morti degli spostamenti. Nella piccola città tutto è più semplice da organizzare. In parte ci pensarono i nostri avi, quando compresero che le linee architettoniche debbano essere curve, perché in natura non esiste lo squadrato ma il tondo, così piazze e vie, palazzi e mura non seguono le rigide vie razionaliste ma le curve e i tondi che danno minor sofferenza all’occhio. Salite e scese, scale e ampie curve, vie di fuga e prospettive che appagano la vista, consentono al passante una minor fatica e una piacevolezza che si avverte, anche senza averne consapevolezza, quando si cammina. Il centro di Roma consentirebbe tutto questo, se non vi fossero a ingombrare la vista e l’odorato, sacchi neri di immondizia accatastati sugli angoli, che impediscono il passaggio, a chi si muove pericolosamente tra auto in seconda fila e motorini lanciati a tutto gas. Se stai camminando in via del Pellegrino o via del Governo Vecchio, vivi un senso di pericolo, ti guardi alle spalle per capire se, e in quanti attimi, la moto che sta rombando, sta per piombarti addosso. Se cammini in via Città, a Siena, presso Piazza del Campo, non c’è che il rumore dei passi della gente, che parla sottovoce, ad accompagnati mentre osservi i palazzi medievali e ti immergi nella storia della città.
Per la discesa di Roma hanno giocato il ruolo decisivo la situazione delle strade, le buche, i rifiuti, la non manutenzione che avvertono tutti i cittadini. Vivere a Roma è diventato via via più difficile negli ultimi venti anni, ma recentemente tutto sembra precipitare. Il traffico è il primo indiziato. Mentre lo scrivo penso a Jonny Stecchino / Benigni che da boss mafioso, lo considera il vero grande problema di Palermo! Certo, forse il problema non è il traffico ma chi ha reso ingestibile la viabilità, chi non ha pensato venti anni fa allo sviluppo urbanistico della capitale, dotandola di parcheggi, una presenza di mezzi di trasporto pubblici leggeri e diffusi, non ha pensato al car sharing, all’insufficienza delle licenze dei taxi e al blocco dei grandi pullman turistici e a smistare il traffico pesante in aree periferiche. Forse non sarà stata colpa della Mafia (Capitale) o forse si, decidete voi, certo i romani ci sono cascati con tutte e due le scarpe in questo imbuto.
Personalmente ho sempre pensato fosse stato un errore imporre a questa bellissima città il compito di ospitare i Ministeri e le strutture dello stato. Altrove hanno pensato a Brasilia per questo ruolo, liberando Rio de Janeiro, all’Aia per liberare Amsterdam, ad Ankara per lasciare in pace la affascinante Istanbul o a Rabat per non creare problemi a Casablanca o a Marrakech. Era meglio se il milione e mezzo di impiegati statali, onorevoli e portaborse fossero stati trasferiti a Civitavecchia o a Rieti, lasciando a Roma il suo aspetto di città d’arte, cultura e storia, tesoro dell’Umanità. Ma inutile piangere sul latte versato. I reatini si compiaceranno di essere scampati a un simile disastro, saliti dal 56° al 52° posto, con una città inserita in coda al grande mucchio delle medio/piccole più fortunate, come Cuneo, Treviso, Aosta, Sondrio. Città sicure, città positive per affari e lavoro, come Bologna. A Isernia, Pisa, Ancona, Siena e Milano c’è il sistema sanitario più efficiente. A Parma, Siena, Trento e Piacenza la miglior offerta finanziaria e scolastica. La città ideale non deve avere più di 100.000 abitanti. Tra le prime 40 solo Verona e Padova superano di non molto questa dimensione.
Roma non è prima in niente. Semmai può conquistare qualche maglia nera. Ce la possiamo prendere quanto volete con le amministrazioni miopi o incapaci, corrotte o bloccate, io non ho paura a dire che uno dei veri problemi di Roma sono i suoi abitanti. Molto aiutati dalle amministrazioni pubbliche, certamente, molto giustificabili dalla condizione di Capitale con tutti i permessi, auto blu, manifestazioni, scioperi, cortei e corruzione che questo ha comportato nel tempo. Non c’è dubbio che il modus operandi della macchina statale ha infettato gli abitanti che da essa sono stati dipendenti, diretti o indiretti, nel male e nel bene delle raccomandazioni, dei vantaggi e degli svantaggi che il ruolo della guida del Paese, conferiva ai gestori così come alla loro corte. Roma città di ministeri e di spettacolo. Quale accozzaglia di favori, affari, intrallazzi, aiutini, “ce penso io”, “una mano lava l’altra”, “lassa fa a mme”, “damme ‘na mano”, “nun te preoccupà” “te piace er cinema?” potete immaginarvi e che film come la “Grande Bellezza” di Sorrentino, ma anche “Roma” di Fellini hanno immortalato per sempre. Via via, tutto il neorealismo, fino alle commedie di Gassman e Tognazzi, di Sordi e Totò, ai polizieschi truci di Tomas Milian e i vari film del genere “La polizia ringrazia” , tutti hanno rappresentato benissimo i vari aspetti del mondo di Roma, che ha perso la sua anima popolana, “tresteverina” e dai tempi di “Roma Capoccia” é via via degenerata in una metropoli dove tutto è diventato difficile. Andare al mare a Torvaianica, uscire a cena con gli amici, vedersi domenica mattina a Piazza Navona o al Pantheon, andare a comprare un cavo per il computer, riparare una tv, iscrivere i figli in palestra. Una volta che il povero impiegato riesca a mettere piede in casa, pensare di uscire di nuovo equivale a ricevere mille frustate sulla schiena. Uscire di nuovo? Spostare la macchina? Perdere il posto? Non si può fare domani?
In che senso i romani hanno colpa del degrado cittadino? Vi faccio l’elenco delle colpe? Cito solo quello che mi viene in mente, voi aggiungetene altri di capi di accusa.
Convinto come sono dell’odio che mi sono attirato addosso, smetto qui. A mente fredda pensate bene a quello che vedete in città e poi saprete confermare l’elenco qui sopra. Se non cambia la cultura dei romani, non cambierà Roma. Vero che è il potere che dovrebbe dare il buon esempio, ma su questo potere buono, io personalmente ho perso ogni speranza. Se ci sarà un cambiamento sarà individuale e dal basso. Altrimenti le cose andranno sempre peggio. Già in molti se ne sono andati. Lo stesso fenomeno lo stanno vivendo altre grandi città. I giovani che hanno voglia di lavorare emigrano: Londra, Barcellona, New York le mete preferite. Anche Parigi e Berlino sono più a misura d’uomo di Roma. Si può trovare lavoro, le cose funzionano, ci si muove presto e bene. C’è educazione e rispetto. Sei portato a comportarti bene, a non sporcare, a rispettare la città perché tutti lo fanno e perché sgarrare non conviene. A Roma in molti non pagavano il biglietto dell’Atac. Pare che le cose stiano cambiando. Ecco questo è quello che bisogna fare. Smettere di credersi furbi ed essere invece onesti.
Tutte le città del sud vivono un arretramento più o meno sostanziale. Il divario col nord si amplia. Ma non è che al nord si viva meglio che al sud. Funzionano i servizi ma il senso di solitudine si taglia con il coltello. Al sud si avverte di più la crisi, il senso di abbandono, la forza della criminalità organizzata. Il sud vuole il reddito di cittadinanza, non per pigrizia, per sfiducia. Chi può scappa. Chi non scappa scapperà poi. Mi viene da pensare al sud del Portogallo, l’Algarve, rifiorito grazie alle decine di migliaia di pensionati europei, moltissimi anche italiani, trasferitisi nel paese lusitano che non fa pagare le tasse sulle pensioni, che agevola nel trovare casa, per far vivere al meglio l’ultima fase della vita. Penso a quanto sarebbe più allettante per uno svedese o un tedesco andare a vivere a Santa Maria di Leuca o a Soverato, sullo Ionio, o a Cefalù. Potendo godere delle agevolazioni sul modello portoghese ma al tempo stesso avendo a disposizione, invece degli scogli dell’Algarve e del suo mare freddo, tesori come la Sila, Lecce, Maratea, Pizzo Calabro, Taormina, le Eolie… la gastronomia del sud, i formaggi, i salumi, i prodotti DOP e i vini straordinari della Puglia, della Campania, della Basilicata! Il Passito siciliano! Dove credete che andrebbero più volentieri i pensionati europei, se anche nel sud d’Italia vigesse un regime di incoraggiamento con blocco delle tasse per almeno cinque anni, facilitazioni per l’acquisto di case, una presenza medica ospedaliera adeguata? L’economia del sud si risolleverebbe in meno di due anni. Ma non si capisce perché il Portogallo e le Canarie (Spagna) possano e il sud d’Italia no.
I turisti a Roma ci vanno una volta e poi non ritornano mai più. Perché? Ne ha parlato Maria Carla Sicilia su Il Foglio del 22 agosto 2017 riportando una indagine di Confesercenti Federagit. Per il turista venire a Roma è un sogno, il viaggio da fare nella vita. Solo che il viaggio sogno si trasforma spesso in un’avventura pericolosa o da dimenticare e non rimane che cancellare la città preferendole altre mete. Dei turisti che arrivano a Roma il 65% non ci torna mai più. Circa la stessa percentuale dei visitatori di Parigi invece torna più e più volte a visitare la “Ville Lumière”. Roma è una opportunità di guadagno e di lavoro persa per romani e italiani in genere. Tra le motivazioni ricorrenti di questa scelta, fronteggiare i venditori ambulanti, i chiedenti elemosina, che ti assaltano ogni minuto quando sei fermo al bar a prendere un caffè. Ugualmente i rifiuti urbani ammucchiati per giorni e settimane, la sporcizia per strada, sui monumenti, nei parchi. I taxi vecchi, puzzolenti, sgangherati. I bar sporchi, quelli vicino alla stazione, a piazza Vittorio, nei quartieri popolari. Nonostante questo il turismo a Roma cresce. Dell’1,5 o del 2%. Prima cresceva del 4-5%. Sono nuovi. Non torneranno. Altri verranno. Un tesoro che si perde, come l’acqua buona dell’acquedotto pugliese! Il turismo che un tempo si fermava una settimana, adesso è una “toccata e fuga”, i giorni si riducono, la spesa pure. Crescono i Bad&Breakfast, gli Aparta Hotel, lo scambio di casa, lo scambio di divano. Roma è sempre più turismo povero. Non va impedito però non serve. Non fa crescere il settore. La ricerca ci spiega che le attrattive di Roma sono le antichità, i musei, le bellezze architettoniche del centro. Ma una volta assolta la visita ai Fori Romani e al Colosseo che rimane? “Parigi, per esempio, – sostiene Federalberghi – ha il doppio delle presenze di Roma, grazie alla varietà di eventi che spingono francesi e stranieri a tornare anche più volte in città. Qui, al contrario, abbiamo rifiutato le Olimpiadi”.
Una volta Roma era un fiorire di eventi e di feste, manifestazioni culturali, mostre, festival. Ora è una città morta. Un giovane non può solo visitare ruderi per quanto belli. Devi offrire qualcos’altro. Invece di proporre eventi, Roma subisce perdite d’immagine gravissime: per l’immondizia, per le inondazioni, i danni dei temporali, per il pericolo siccità. Oggi l’informazione viaggia più veloce e viaggia sui social network, dove paradossalmente è meno verificata ma più accettata dall’utente rispetto a un Tg o a un quotidiano. L’informazione è veloce e breve. Una foto, una didascalia. Se vedi Roma inondata in una foto, puoi disdire la vacanza e il volo e dirigerti verso Parigi. Non c’è bisogno di approfondire, non lo fa più nessuno. Basta quello che vedi su Instagram.
Eppure Roma è la terza meta mondiale più apprezzata. La prima, manco a dirlo, è Parigi. Il sito per la pianificazione e prenotazione dei viaggi Trip Advisor ha annunciato i vincitori dei Traveller’s’ Choice Destinations Awards 2018. I premi sono stati determinati utilizzando un algoritmo basato sulla quantità e la qualità di recensioni e punteggi di hotel, attrazioni e ristoranti ottenuti dalle destinazioni di tutto il mondo negli ultimi 12 mesi, così come sull’interesse dei viaggiatori verso le prenotazioni su Trip Advisor in queste destinazioni.
“La primavera è la stagione ideale per organizzare viaggi e gite fuori porta e scoprire o riscoprire alcune delle più belle destinazioni del nostro Paese” ha commentato Valentina Quattro, portavoce di Trip Advisor per l’Italia. “La buona notizia per chi intende visitare le mete italiane vincitrici dei premi Traveller’s’ Choice Destinations è che in base ai dati di comparazione prezzi di Trip Advisor ben 6 destinazioni su 10 offrono tariffe degli hotel più convenienti proprio nei mesi di aprile e maggio”.
Dalla settima posizione del 2015, Roma è salita fino ad arrivare al podio, dietro Londra (seconda) e Parigi (prima). Roma, Firenze, Venezia, la triade delle italiane più apprezzate, da sempre. Il tour si completa se aggiungiamo Napoli, che risulta molto apprezzata per i suoi dintorni: Sorrento, Ischia, nonostante il condono, la stessa Napoli, Positano ma anche Cervia e Rimini risultano mete molto ambite. Si tratta comunque di mete convenienti, di un turismo che spende poco, giovane e veloce, una “colpo e via”, che sceglie la primavera perché i prezzi sono più bassi. Invece sarebbe tutt’altra cosa riuscire a intercettare e fidelizzare il turismo che predilige Parigi. Perché Parigi vince su Roma? Parigi è bella ma certamente Roma non le è da meno come opportunità, come storia, come arte. Roma ha più verde di Parigi, ha parchi, ville, con antichità a cielo aperto che ti fanno rivivere l’epoca imperiale. Roma gode della gastronomia più ricercata nel mondo, quella italiana, con i suoi ristoranti regionali, le 20 gastronomie italiane che ormai hanno estromesso la cucina francese dalle preferenze dei clienti a qualsiasi latitudine. Ma Parigi sa valorizzare quello che ha. A Parigi la metropolitana funziona e non hai bisogno di avere un’auto, anzi ti è d’impaccio. In Italia abbiamo 70 auto ogni 100 abitanti. In Francia 30. I taxi sono moderni e puliti e …gentili i tassisti. I mezzi pubblici funzionano perfettamente, rispettano gli orari. Difficile prendere una fregatura, subire un imbroglio. Certo puoi essere scippato. Quello accade ovunque. Sta a te non esibire, stare attento, non essere distratto. A Parigi ci sono piste ciclabili efficienti. A Roma, quando le trovi, ci passano i motorini e le biciclette a noleggio durano poco, le rubano e poi le abbandonano. A Roma ci sono le salite è vero, a Parigi pure ma non nel centro. A Parigi le colonnine per ricaricare le auto elettriche sono diffusissime, a Roma non si sa dove siano. Roma ha tanto da offrire come Musei: Vaticani, Galleria nazionale d’Arte Moderna, il Macro, il Maxxi, il Palazzo delle Esposizioni, l’Auditorium della Musica, i Musei Capitolini e poi le visite all’aperto: i Fori, il Colosseo, Caracalla, San Pietro. Manca il richiamo del grande evento, una mostra importante, un festival, una serie di concerti, si c’è Santa Cecilia ma è un richiamo internazionale sempre? A Parigi il Louvre richiama 10 milioni di visitatori all’anno. Le opere più ammirate? La galleria italiana con Monna Lisa e la Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci, le Nozze di Cana del Veronese e altre opere di grandi pittori italiani, la statua di Amore e Psiche del Canova. La mostra sul pittore livornese Modigliani o quella su Tim Burton sono un’occasione di viaggio. Al Beaubourg (pensato da Renzo Piano 40 anni fa), al museo d’Orsay, alla Cinemateque francese, ai viaggi sulla Senna, alla visita al quartiere nuovo della Villette o a quelli storici di Montmartre e al quartiere Latino, quante sono le occasioni per passare non una ma molte sere diverse? Per questo Parigi accoglie 28 milioni di turisti ogni anno e Roma solo 10, quelli del Louvre! Per questo il turismo a Parigi rappresenta il 13% del Pil. Noi non investiamo sulla cultura, noi le tagliamo i fondi. Abbiamo un paese in ginocchio da rimettere in sesto e avremmo bisogno di opportunità di crescita, basterebbe prendere esempio da città come Parigi o Barcellona e approfittare delle bellezze che ci hanno lasciato gli avi, per farne il nostro “petrolio”. A Parigi si torna più volte dopo la prima. E a Roma?
C’è il sole. Si ma non basta e, purtroppo, non sempre.
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