Quando il carnefice è donna. Inchiesta sulle violenze subite dagli uomini
Violenze sugli uomini: un dramma sottovalutato e un argomento spesso deriso su cui riflettere con un altro atteggiamento e studiando i dati
Un invito agli uomini a non tacere sugli abusi subiti, quando diventano vittime. Dopo la campagna “Me Too” contro le molestie sessuali lanciata dall’attrice Alyssa Milano, una delle protagoniste di Streghe, in poche ore condivisa da mezzo milione di utenti, gli uomini potrebbero a loro volta raccontare le angherie patite dal gentil sesso per rompere il muro del silenzio. Cosa accadrebbe, se i maschi rovinati dalle loro ex mogli o fidanzate, ad esempio, scrivessero “Me Too” come status? Potremmo scoprire che la prepotenza non conosce genere. E che se le donne hanno meno opportunità nel mondo del lavoro e si scontrano con una mentalità sessista, con il femminicidio e il maschilismo, gli uomini sono meno tutelati se sono vittime.
Le prevaricazioni si declinano anche al femminile. La vastità del problema raggiungerebbe analoghe dimensioni, ad alzare la mano sarebbero in molti. Yo tambien, Mee too, Anche io, Ich auch. Moi aussi, diventerebbe un nuovo grido. I casi in cui la carnefice è lei, sono 3, 7 milioni di cui 1, 3 milioni negli ultimi tre anni. La trappola più seria? Le false denunce che intasano i calendari, sottraendo tempo ai casi veri. Una botola che le ex mogli in fase di separazione preparano per i mal capitati, costretti anche a difendersi. A pagare periti, consulenti e avvocati, schiacciati da ingannevoli accuse che vanno dalla detenzione di materiale pedopornografico, alla violenza domestica fino alla sottrazione di documenti.
E così le signore si rivolgono alle forze dell’ordine per denunciare soprusi, arrivando persino a ferirsi da sole, a inventare molestie sui figli. Accusando la controparte di percosse anche in presenza dell’uomo più mite. Fatto dimostrato dai numeri: a fronte di 55.000 denunce presentate, le condanne si aggirano attorno a 5.000 perché i giudici non si lasciano raggirare da impianti strumentali quanto fantasiosi.
Nelle sentenze è sempre il marito che viene privato dei suoi beni, senza l’automobile che serve per i figli, cacciato da una casa dove paga il mutuo, oltre agli alimenti. Per non parlare delle bollette, delle spese straordinarie. Chi poi ha contratto debiti pregressi non riesce a fare la spesa , a pagare un affitto e finisce alle mense della Caritas o a dormire per strada. Perseguitati, umiliati, defraudati, infangati, sul lastrico, privati di tutto, e lontano dai figli, sono loro i nuovi deportati emotivi.
Nel regno della crudeltà, le donne che odiano gli uomini hanno la meglio. I loro atti di demolizione sistematica, vere molestie, restano impuniti. La miseria non è solo impoverimento, ma anche esilio, paura, sconfitta e perdita dell’orizzonte. ‘’Quando ci siamo sposati – racconta Fabio (nome di fantasia) – l’avevo idealizzata -sembrava la moglie e la madre perfetta. Era così attenta da non lasciarmi presagire quale rabbia covasse. Nel tempo il suo piano si è rivelato, è vero l’avevo tradita, ma per una necessità di sopravvivenza alle costanti denigrazioni. Quando ci siamo separati per sua esplicita richiesta, ha deciso di rovinarmi. Per accelerare la mia uscita di casa chiamava polizia e carabinieri, inscenando finte violenze, denunciandomi per reati inesistenti e mettendomi contro i figli.
Non me li ha fatti vedere per mesi e ora che, grazie all’ordinanza del giudice, potrei farlo, mi ostacola inventando scuse. L’odio ingiustificato che prova mi fa venire i brividi e riverbera sui ragazzi che sono cambiati. Vuole tutto per sé e mi vive come un intralcio al raggiungimento del suo obiettivo: il potere assoluto. Non le basta lasciarmi, fare a pezzi la mia reputazione, tentare di togliermi la potestà genitoriale, la casa, la macchina, il denaro, mi vuole cancellare dalla faccia della terra’’.
Come Fabio, di uomini in queste condizioni ce ne sono tanti. Ce lo conferma l’Avvocato Stefano Cera, consigliere nazionale dell’ Associazione Padri Separati (www.padri.it). “Il vero problema – ci spiega- non è tanto l’indagine poiché gli inquirenti devono investigare. C’è una denuncia e, così come accade al pronto soccorso, se sopraggiunge un paziente con dei sintomi, anche se la malattia non si vede, bisogna approfondire. Purtroppo però manca la sanzione quando si dimostra la malafede. Se una donna ha mentito per incastrare il marito, non paga per ciò che ha fatto.
Fra i molti casi trattati mi ha colpito la storia di un mio cliente che chiameremo Carlo. I figli in fase di separazione gli erano stati affidati poiché la madre non appariva equilibrata. Di qui la vendetta femminile: la denuncia per abusi sui figli. Psicologi, visite mediche, assistenti sociali, test, colloqui con i ragazzi che ne sono usciti devastati. Dopo un lungo calvario, l’assoluzione per non avere commesso il fatto. Faremo una controdenuncia per alienazione parentale per dimostrare la sua manipolazione sui figli che ora rifiutano il padre. Non sappiamo come andrà a finire, ma in ogni caso avranno perso tutti in quella famiglia. Di storie analoghe potrei raccontarne a migliaia. Non è una guerra fra sessi. Ci tengo a sottolinearlo. La violenza è inaccettabile a prescindere da chi la eserciti”.
Gli fa eco Tiziana Franchi, Presidente della stessa Associazione: “Le vittime non hanno sesso. Noi combattiamo contro ogni forma di abuso, ma devo riconoscere che gli uomini hanno più pudore nel denunciare e spesso sono inascoltati, guardati con diffidenza, Ci sono molti preconcetti. Posso confermare che la questione finanziaria per quanto seria sopraggiunge dopo. Il problema principale di questi padri è stare con i loro bambini. L’affido condiviso è ormai legge, quindi il papà avrebbe la possibilità di entrare nel merito di ogni scelta che riguarda il minore. Nei fatti però questo principio non viene applicato. I figli vivono con le madri che si sentono legittimate a decidere da sole su tutta la linea. Il padre perde autorevolezza, anzi la sua immagine frantumata porta i ragazzi a sbandare.
La madre da sola non sempre riesce a contenerli, non ci sono più argini. Di qui il rischio di sviluppare dipendenze, di abbandonare la scuola, di cadere nell’ autolesionismo, d’incontrare difficoltà relazionali con il rischio di rifugiarsi nell’ alcool, nella droga. La figura paterna è stata distrutta in modo irreparabile e la madre non può più ricorrervi per contenere la ribellione. L’Associazione ha anche assistito uomini che sono stati aggrediti fisicamente dalle mogli o compagne con forbici, bottiglie di vetro e oggetti contundenti. Padri che non hanno né reagito né denunciato l’accaduto per non perdere di nuovo i figli. Un altro fenomeno in ascesa che definirei preoccupante”.
Centro Antiviolenza
Ankyra centro antiviolenza di Milano, attivo dal 2013, affianca le vittime di violenza domestica, a prescindere dal genere di appartenenza, ma per un vuoto sul territorio finisce per avere un’utenza prevalentemente maschile. Ankyra combatte per l’equità fra i sessi . La sociologa Patrizia Montalento, Presidente, ha una vasta esperienza alle spalle. “Noi costruiamo – spiega- un progetto d’uscita dal disagio del maltrattato. Il fenomeno della vittima uomo fatica ad essere riconosciuto perché pesa lo stereotipo culturale del maschio virile. Se l’uomo subisce degli agiti violenti di tipo fisico, tende a minimizzare perché ha una percezione della violenza fisica diversa da quella di una donna.
L’umiliazione davanti ai figli
Il loro portato di sofferenza è più legato all’umiliazione davanti ai figli, alla svalutazione ripetuta. Per questa ragione non denunciano: temono di non essere creduti, c’è un sommerso incredibile. Dal 2013 abbiamo trattato i casi di 650 uomini. Ad esempio durante il lockdown ci hanno contattato in molti su indicazione del 1522 (numero ufficiale antiviolenza e stalking), un segnale importante. Gli uomini a volte sono inconsapevoli di avere dei diritti. Molti di loro, quando intentano una causa contro la moglie o la compagna si pentono, vogliono negoziare. E di conseguenza le loro storie non finiscono nelle statistiche ufficiali restano congelate in un limbo”.
Le donne vampiro
Il vampiro energetico per agire ha bisogno di un legame affettivo con la vittima. Per esercitare la sua attività parassitaria, la persona incapace d’amare deve poter trascorrere del tempo con il proprio bersaglio. Facendo leva sul senso di colpa e abbassando il partner fino a farlo sentire inferiore, la sanguisuga lo indebolirà come una goccia che scava nella roccia fino a distruggerlo. Abbiamo chiesto allo psicologo e psicoterapeuta Paolo Raneri, autore di molti titoli sulle relazioni tossiche e in particolare di “Sfamami”, Storie Cliniche di Donne Fasmidi fra Eros ed Anteros, (Falvision editore), che ben descrive alcune tipologie femminili borderline, di raccontarci chi sia colei che distrugge l’uomo a casa o in tribunale.
“L’amore è un’equazione dell’inconscio, i disturbi della relazione sono scientifici nel senso che una personalità dipendente s’incastra sempre con l’opposta struttura di funzionamento, quella del carnefice, a prescindere dal genere: non sono rapporti asimmetrici, sono entrambi dentro a un gioco fra attività di tentata subordinazione e obbedienza. La donna che ha bisogno di superare l’uomo, è il simbolo della Regina Onfale della Lidia, personaggio della mitologia greca, che s’innamora di Ercole, dopo tutte le sue fatiche, e lo prende a corte. E’ bello ascoltare un eroe che racconta le sue avventure. Le ancelle se ne compiacciono e lei ne gode, ma in fondo nutre una profonda invidia per le sue capacità.
Se ha ucciso il leone, allora deve saper tessere, ma la sua manualità grossolana lo porta a non poter maneggiare il filo del telaio e lo mette in ridicolo.
Alla fine l’eroe si trova truccato e vestito da donna dentro al gineceo, derubato della sua virilità. I ‘polli’ di queste donne sono di solito uomini forti che si mettono a disposizione e vengono sminuiti perché l’intento è dimostrare che non valgono nulla. Ne ho trattati 156 nell’ultimo periodo. Queste signore in fase di separazione scelgono anche gli avvocati ‘giusti’, c’è un limite di difesa /attacco che a volte viene scavalcato. La donna va in eccitamento, quando incalza dialetticamente l’uomo e lo polverizza.
Non essendo educata all’aggressività, va anche detto, che non sa gestirla, non mantiene la distanza fisica di protezione, non sa modulare, quindi provoca, esponendosi molto. A volte è proprio la donna dominatrice distruttiva, a causare l’impotenza di un uomo fino ad annientarlo, sfibrandolo a livello sessuale o psicologico al punto che, in ogni rapporto, è come se lui perdesse una parte di sé”.
Attrazione Fatale
La stalker Alex Forrest del celebre film cult anni ’80 “Attrazione Fatale’’, non è mai morta. Basta pensare alla vicenda di Giuseppe Morgante, giovane di Legnano di bella presenza, sfigurato con l’acido nel maggio 2019 dalla sua ex, Sara Del Mastro, conosciuta in una chat d’incontri. La relazione era naufragata. Minacce, telefonate, stalking, insulti sui social, i pneumatici dell’auto bucati per ben 11 volte. Ma le denunce dell’uomo non erano mai state prese in considerazione. La vittima finì in codice rosso al Niguarda con ustioni a torace, collo, mani, viso e un occhio compromesso. E ancora oggi subisce operazioni al volto.
“Non mi sono mai sentito tutelato, la vicenda è sempre stata sottovalutata, non è stato fatto nulla per evitare che la questione degenerasse – ci racconta. Poi la mia ex è stata condannata a 7 anni e 10 mesi e a due anni di libertà vigilata. Ma la Procura non le ha mai contestato la premeditazione per cui il mio legale ed io ci eravamo tanto battuti. La mia vita è andata in frantumi, la mia socialità si è azzerata, non sono più lo stesso, ho paura ad avvicinarmi alle persone. E ancora non so quando potrò rientrare al lavoro perché dovrò subire ancora molti altri interventi chirurgici”. Un vero calvario.
“L’Avvocato Domenico Musicco, suo difensore, Presidente della Onlus Avisl, ha proposto e lotta da varie legislature per l’introduzione di un fondo dedicato al risarcimento delle vittime di questo tipo di reati. Così come esiste per le vittime d’incidenti stradali, di attentati terroristici o della mafia. “Una battaglia- precisa- che va sostenuta affinché chi subisce questi abusi non venga abbandonato e l’Italia colmi questa inadempienza”.
Anna Mirabile
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Quando il silenzio sulla violenza subita anche dagli uomini verrà dissolto, tutti, uomini e donne, ne trarremo beneficio. La violenza non ha genere, ha forme diverse e tutte da condannare.
Ottimo articolo, la violenza va condannata sempre in quanto tale, e non ha genere essendo un fenomeno trasversale.
Un applauso al vostro coraggio. Bravi.