Categorie: Politica

Quando la Costituzione Italiana diventa un optional

Fatta la legge, trovato l'inganno. Così recita un detto popolare che, "mutatis mutandis" ben si attaglia a quello che sta succedendo in questi giorni al Senato.

La storia ormai è risaputa, anche perché da queste pagine si è contribuito a portare alla scoperto quella che sembra essere una tendenza tutta italiana e che, a dire il vero, non ci fa molto onore: quella di disattendere l'operato e i moniti della Corte Costituzionale.

Ed è un fatto di questi giorni che, nonostante la sentenza n.50/2014 abbia dichiarato incostituzionale l'art.3 commi 8 e 9 del D.lgs 23/2011, alcuni rappresentanti del PD e di SEL con in testa i relatori delle Commissioni Ambiente e Lavori pubblici (sempre del PD) abbiano proposto e approvato un emendamento (5.18  4° testo) che prolunga gli effetti e i rapporti giuridici sorti in base al detto decreto dichiarato incostituzionale solo due mesi fa.

Ora, non posso credere che questi signori, che voglio continuare a ritenere di una cultura giuridica (soprattutto quella costituzionale) superiore alla media, non siano consci che violare il giudicato costituzionale formatosi ex art 136 Cost. non sia, esso stesso, un fatto incostituzionale.

Resuscitare, "fare salvi", prorogare (o come volete voi) gli effetti di una norma dichiarata incostituzionale che, come tale, non fa più parte dell'ordinamento italiano,  E' INCOSTITUZIONALE. E questo non lo dice il sottoscritto, ma la stessa Consulta, ripetutamente e a chiare lettere.

Ma lo sanno i relatori, ideatori di questo bell'emendamento, nonché alcuni politici che, spinti da alcune associazioni pro-inquilini, sponsorizzano sbrigativi rimedi incostituzionali, che c'è una giurisprudenza costante in questo senso della Consulta? 

La risposta evidentemente è no, altrimenti dovremmo pensare di peggio.

Comunque, ad uso e consumo degli stessi e, soprattutto, dei deputati e senatori  che dovrebbero poi approvare queste misure, evidenziamo (a puro titolo esemplificativo, in quanto ce ne sono tante altre) la sentenza della Corte Costituzionale n. 350 del 29.11.2010,  per la quale si verifica una violazione del giudicato costituzionale (art.136 Cost.) allorchè  una norma ripristini o preservi l’efficacia di una norma già dichiarata incostituzionale.

In particolare, nel chiarire la portata del primo comma dell’art. 136 Cost., la Corte ha precisato che «il rigore del citato precetto costituzionale impone al legislatore di “accettare la immediata cessazione dell’efficacia giuridica della norma illegittima”, anziché “prolungarne la vita” sino all’entrata in vigore di una nuova disciplina del settore» e che «le decisioni di accoglimento hanno per destinatario il legislatore stesso, al quale è quindi precluso non solo il disporre che la norma dichiarata incostituzionale conservi la propria efficacia, bensì il perseguire e raggiungere, “anche se indirettamente”, esiti corrispondenti a quelli già ritenuti lesivi della Costituzione».

Secondo la giurisprudenza della Corte, è violato l’art. 136 Cost., non solo qualora il legislatore disponga che una norma dichiarata incostituzionale conservi la sua efficacia, ma anche quando una legge persegua e raggiunga «lo stesso risultato». 

Mi sembra che ci sia materiale sufficiente su cui riflettere e forse approfondire lo studio da parte di chi di dovere.

Sempre, però, che non si voglia comunque tirare a campare, accontentando alcuni emanando una legge incostituzionale,  sapendo che poi, tanto, ci vorranno tre anni per farla  dichiarare incostituzionale.

Ma questo modo di fare politica, di legiferare a comando per la convenienza di alcuni a scapito di altri, di infischiarsene dei dettati e dei moniti che arrivano dalla Corte Costituzionale, senza una visione di ampio respiro e condivisa tra tutte le parti in causa, rende la classe politica sempre meno credibile agli occhi dei cittadini.

E meno male che c'è la Consulta…

Avv. Paolo Cotronei

 

Redazione

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