Cronaca

Quando nasce un bambino, nasce anche una madre. Ma non sempre

Quando nasce un bambino, dovrebbe “nascere” anche una madre. Ma non sempre succede. Se succede non è un processo così liscio e sereno. Fare un figlio di questi tempi, è un salto nel buio. Per questo tante donne ci rinunciano, sperano in momenti migliori, che tuttavia tardano ad arrivare.

Tutte le donne hanno l’istinto materno. Certo, è però la misura che è diversa. E poi le storie di ogni individuo si somigliano tra loro ma hanno caratteristiche e tempi sempre differenti. Se ogni donna è potenzialmente una madre, non è detto che debba sentire per forza il desiderio di avere un figlio e se anche avverte il desiderio, non è detto che decida di averlo. Cosa la frena?

Una volta era raro che una donna non avesse un figlio. Si sentiva in colpa se non restava incinta, avvertiva su di sé la critica della società. Praticamente viveva per questo. Fin dalla nascita e ancor prima, ad ogni femmina della famiglia era riservato questo compito. Nessuno osava metterlo in discussione. Ma che dico osava, non era proprio immaginabile che potesse non essere così.

Il mito dell’istinto materno

La dottoressa Lorella Carotti, psicoterapeuta a Rieti, nel suo sito ha pubblicato un articolo dal titolo “La maternità non è solo gioia! Quello che le mamme non dicono”, nel quale osserva che spesso “arrivano da me in seduta donne stanche e spaventate dalla loro nuova condizione di neomamme. Donne che faticano a raccontare che la nascita del loro bambino, oltre ad essere l’evento più importante e bello della loro vita, a volte suscita, anche, forti emozioni di incertezza, dubbi e pensieri vissuti come negativi! Capita, che mi vengano rivolte domande del tipo:

“Dottoressa ma è normale che io senta già la necessità di prendermi del tempo da lui?”
“Io sono sicura di amare mio figlio! Però a volte vorrei essere altrove…. Vuol dire che non sono una brava madre?”

Avere dubbi e incertezze rispetto al proprio stato e alle proprie responsabilità è del tutto normale e legittimo. Può anche starci non sentirsi all’altezza del nuovo ruolo. Chi ci insegna a essere genitori? Essere madre per tanti secoli ha voluto dire la realizzazione completa della femminilità. Niente di più assurdo. Anche solo pensare di non essere tanto felice di pulire cacche e preparare minestrine fa sentire la neomamma in colpa e incompresa. In colpa verso il bambino, verso il partner e verso la famiglia tutta. Che invece di aiutarla in questo compito, spesso la lasciano sola, con tutti i suoi dubbi, incertezze, insicurezze.

È come se lei non esistesse più, ora c’è solo il bambino

“Il timore di essere mal giudicate e non comprese, per i loro vissuti di insicurezza e fatica nell’essere madri, porta molte donne a negare i propri bisogni ed emozioni e a non comunicarli alle persone che hanno accanto: partner e familiari, fino a quando nascondere il loro malessere non è più possibile.” Spiega la dottoressa Carotti. Il risultato molto spesso, ma sempre meno per fortuna, è che la donna mette da parte i suoi bisogni e i suoi desideri per accondiscendere la famiglia, i genitori, il marito, la società. Si dimentica o deve far finta di dimenticarsi che dopo il parto torna ad essere una femmina, una donna, una moglie e forse anche un’amante, libera come ogni essere vivente.

Nel suo ritorno alla femminilità, alla ricerca di attenzioni e alla conferma del suo essere piacevole, sopraggiunge un senso di colpa misto a vergogna. Significative le parole di una sua paziente in proposito. “A volte è come se sentissi di non esistere più, di essere diventata trasparente! Mia madre quando mi chiama la prima cosa che chiede è come sta o cosa sta facendo il bambino… oppure, se viene a casa, è solo per stare e giocare con lui! Io è come se non mi potessi permettere di aver bisogno di qualcosa tutto per me! … In continuazione mi sento dire che ora deve essere tutto per lui!”;

“Faccio fatica a dirlo ma …vorrei anch’io, attenzioni, che ne so: un abbraccio! O sentirmi rassicurata da mio marito!”.

Nessuno ti insegna a essere madre

Il senso del titolo dell’articolo è tutto qui. Quando nasce il bambino dovrebbe nascere anche una madre. Nel senso che l’istinto è una cosa e la cultura, che si apprende, un’altra. Si è certamente madre nel processo di gestazione e di cura del neonato ma nessuno insegna a una donna ad essere madre completamente, anche negli aspetti educativi, in quelli di comprensione delle esigenze del figlio. Per questo anche le madri sbagliano.

Come i padri del resto. Ma ai padri la società perdona, a una madre no (anche questo è patriarcato). Quando il bambino nasce, nei primi giorni che è venuto alla luce, le reazioni emotive di stress o di rifiuto che possono insorgere in alcune madri non vanno lette come un atto di follia, come un rifiuto innaturale, una condizione patologica.

Ogni donna le attraversa nell’adeguamento alla nuova condizione di madre. Si tratta spesso di stadi transitori. Di adeguamento appunto. Una condizione che si manifesta alla fine della gravidanza e dura alcuni mesi. Del resto la dipendenza del neonato dalla madre è totale nei primi mesi e questo anche è una delle cause dello stress.

Perdere l’equilibrio

Se piange la notte, se ha fame ma rifiuta il latte, se sta male… sono tutte situazioni che possono mandare fuori di testa chiunque. Chi non c’è passato non lo può capire. Certo non giustifica i casi di omicidio che pure ci sono di tanto in tanto ma sono dovuti a madri già in difficoltà emotiva, fragili e non aiutate da nessuno.

Questa fase per la madre dura fintanto che il bambino, crescendo, attua una nuova separazione da lei, conquista una relativa autonomia e indipendenza, che aumenterà negli anni. Poi sarà la madre a non lasciarlo andare da grande, ma questo è un altro discorso.

Il fondamentale ruolo di padre e di marito

Entrare nel gioco simbiotico madre-figlio non è facile ma è determinante per il benessere di entrambi che vi sia una figura che assorba gli urti e le problematiche che scaturiscono da quella coppia. La madre dovrà non sentirsi solo appiattita nel suo ruolo di mamma e recuperare quello di donna. In questo il padre/partner della donna-mamma ha un ruolo decisivo, come si può intuire. Dovrà essere capace di sostituirsi quanto più possibile nelle incombenze faticose della madre.

Non consentire l’annullamento della moglie in madre, recuperare tutti i momenti di intimità e di confidenza che possano distrare la donna dall’impegno che sente come prioritario, per avere un sollievo rinfrancante. Sono sempre di più i padri che sentono questo compito e riescono a svolgerlo. Coloro che invece scappano, si rendono assenti, non faranno altro che gettare le basi di una sempre maggiore insoddisfazione della donna e le premesse per una separazione non tanto lontana.

Carlo Raspollini

Autore e regista televisivo, responsabile marketing, consulente gastronomo e dello spettacolo, viaggiatore.

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