Quello che le canzoni di (Sanremo) non dicono, di Piero Montanari
Ci arrendiamo, il Festival di Sanremo è vivo e lotta insieme a noi, e la battaglia non ha storia, perché l’ha vinta su tutti i fronti anche quest’anno
Va bene ci arrendiamo, il Festival di Sanremo è vivo e lotta insieme a noi, e la battaglia non ha storia, perché evidentemente l'ha vinta su tutti i fronti anche quest'anno, con il suo 50,37% di ascolti che supera addirittura il suo vecchio record dello scorso anno, quel 49,48% che già era “incredibile dictu”.
La gente ha premiato la strana accoppiata di presentatori, con Maria De Filippi e Carlo Conti che sanciscono un televisivo compromesso storico che in Italia non era mai riuscito a nessuno: un plauso al tuttologo presentatore toscano che ha avuto la grande idea. Maria fa quello che sa fare bene, sé stessa, col suo tipico profilo basso e intelligente e il suo vocione, che quietano la ridondanza di ansie degli artisti sul palco, dei suoni, fiori e luci dei quali Sanremo è portatore sano da sempre, e a volte – come in tempi di disgrazie e crisi che mai ci facciamo mancare – anche fuori luogo. Ma qui vengono in soccorso i soccorritori di Rigopiano che aggiustano i sensi di colpa.
Noi che siamo da sempre i critici della prima ora del Festival, siamo stati ancora una volta sconfitti da un marchingegno che sembra mettere più o meno d'accordo tutti, spettatori e attori, e faremmo la solita triste figura degli snob a parlarne male, perché magari siamo quelli che preferiscono altra musica o semplicemente la Musica alle canzoni scialbe, o un altro genere di televisione a questa che il Festival propone con irritante insistenza. Abbiamo ululato alla luna per anni, raccontando di Festival con artisti risibili, apparsi e scomparsi in un nanosecondo dalla scena, e siamo andati in giro ripetendo come un 'mantra' che ormai Sanremo è divenuto uno spettacolone di varietà con brani che difficilmente lasciano il segno, cerimoniale ormai inutile per canzoni-regine, elette e quasi subito detronizzate, perché nessuno le ricorda il giorno dopo. Abbiamo anche detto, in un ultimo afflato di ardore rivoltoso, che il Festival è solo un Gran Bazar, dove viene mostrato il meglio e il peggio del paese, tra canzoni diventate ormai inutile corollario ad una manifestazione che tutto è meno che musica, ma solo la celebrazione di uno degli ultimi fuochi della televisione generalista.
Abbiamo detto questo ed altro, e siamo stati ancora una volta smentiti e inascoltati, perché gli italiani amano il Festival di Sanremo e lo guardano, almeno la metà televisiva di loro, mentre l'altra metà si domanda perché senza essere in grado di darsi una risposta logica. E non venite adesso a dirmi “perché Sanremo è Sanremo!” che m'incazzo.