Più o meno intorno alla metà degli anni ’80, nelle tv del mondo occidentale nacquero, tra incertezze e scetticismi, le trasmissioni del mattino. Non erano in molti a crederci ma servivano a due settori fondamentali della società: la politica e la pubblicità. La loro crescita, nei primi anni, fu travolgente. Ricordo che in Italia si toccavano ascolti “bulgari”. La caratteristica principale era la possibilità di spaziare sull’intero spettro di argomenti: dallo sport alla cucina, dalla moda al gossip, dalla medicina ai temi di pubblica utilità, alla politica, il varietà, le vicende personali, la cosmesi, l’ambiente, gli animali. La tv commerciale capì subito che il pubblico del “prime time” si costruiva fin dal mattino e così nacquero i palinsesti che iniziavano prima dell’alba e che coprivano l’intero arco del giorno, inseguito si decise di arrivare addirittura alle 24 ore, con film e repliche.
Da qualche anno, con la crisi degli ascolti in tv, si osserva un calo anche nell’audience del mattino. Le cause sono sempre le stesse: nuove tecnologie della comunicazione, più concorrenza tra emittenti tv, disaffezione di giovani e adulti dalla tv generalista. Il declino della televisione è inesorabile. Non sparirà ma sarà sempre meno influente e coinvolgente. Come il libro, come il quotidiano stampato. Solo nei momenti di alta necessità: terremoti, disgrazie, inondazioni torna utile, per una veloce divulgazione in diretta degli accadimenti. Ma una volta passata l’emergenza, tornerà l’oblio e l’andamento “polveroso” delle rubriche.
Intendo parlare qui di “Unomattina”, ovvero del programma principale e più longevo, il capostipite italiano della tv del mattino, nato alla fine del 1986 su Raiuno. Quali sono i mali congeniti, strutturali di “Unomattina”, ormai sceso al 16% dalle vette del passato?
Molti spettatori non valutano l’importanza che riveste la divisione della Rai in Telegiornali e Reti nazionali. Ciascuno gestisce spazi orari differenti e autonomi. Quando si pensò al modello collaborativo tra Rete uno e Tg1, attraverso il programma “Unomattina”, si pensò a qualcosa che nascesse di comune accordo, superando steccati che, alla luce del tempo, si sono rivelati anacronistici e incomprensibili per l’audience. Così in effetti era all’inizio e così, per esempio, appare nella quasi totalità dei programmi mattutini esteri. Il giornalista incaricato di informare sulle ultime notizie è presente in studio, come gli altri conduttori o è uno di loro, senza separazioni di sigle, scrivanie, gestioni separate del tempo e dello spazio. In “Unomattina” questo non è stato, fin da subito, quando si pensò che l’autonomia dei “giornalisti” venisse inficiata, deturpata o ridotta, dallo stare accanto ai conduttori della rete. I giornalisti in Rai rappresentano il viatico per accedere all’informazione seria, garantita, l’unica che possa avvicinare la politica, le istituzioni. In effetti la categoria (corporazione per alcuni) risponde a un Direttore di testata, come nella stampa e sono coloro che dovrebbero garantire imparzialità, veridicità e completezza della notizia. Tutte belle cose scritte sui documenti ma che spesso non sono garantite, perché la menzogna alberga anche nei loro cuori, secondo convenienza politica. Oggi poi la notizia (vera o falsa) viene gestita direttamente, non da agenzie qualificate, ma da gente comune, anche malintenzionati, se non addirittura da esperti di informatica che, pagati da un partito o da un politico, cercano di influenzare l’elettorato gestendo fake news sui social network, come twitter e facebook. Le “bufale” ritornano sulle trasmissioni come un boomerang di cui è difficile stabilire la veridicità e la fonte. La logica del nazista Goebbels, che si fondava sullo spargere menzogne, perché alla fine qualcosa resterà, s’è fatta scienza. C’è chi ci ha vinto le elezioni, chi ha ampliato i suoi consensi. Oggi quindi tutto è saltato.
In un programma della tv di stato tuttavia è giusto che l’informazione sia gestita da persone responsabili e garantita da direttori responsabili, anche se poi è difficile che qualcuno paghi. Solo che il teorema si basa su un presupposto errato.L’informazione politica non è più importante di quella medica, o di quella sportiva, o di quella culturale, che muove economie e che tocca l’interesse dei cittadini alla stessa maniera. Da noi però la politica è stato sempre un corpo separato, che chiedeva una “garanzia” separata. A questo non si vuole mai rinunciare, come per i vitalizi e altri privilegi. Ecco perché ciascun partito dice sempre di togliere la politica dalla Rai e poi –una volta raggiunto il potere- tutto questo non succede. Difficile rinunciare ai privilegi. In Rai si sostiene che se non ci fossero i Tg si sarebbero già privatizzate le reti, forse tranne Raitre. Perché la politica ne ha ancora bisogno. Non so per quanto.
Per il giornalista televisivo Rai essere confuso con lo spazio della rete equivale a perdere l’aurea di serietà e rappresentatività che deriva dal ruolo. Ricordo che i notiziari del Tg1, a “Unomattina”, venivano gestiti dallo stesso studio di rete a Saxa Rubra. Questo molestò il caporedattore Roberto Milone, persona di grandi capacità organizzative e con forti ambizioni, tanto da decidere di costruirsi una saletta apposita, uno sgabuzzino, dal quale trasmettere in separata sede, il notiziario alle ore stabilite. La ragione ufficiale, venne detto, era che durante lo svolgimento del Tg, si preparavano gli ospiti di rete per lo spazio successivo e questo disturbava il giornalista. In effetti il caporedattore voleva segnare una autonomia legittima ma anacronistica. Intendiamoci la colpa non era sua. Lui faceva il suo mestiere. La colpa era e rimane di coloro che pensano un programma unitario senza creare una struttura ad hoc che lo gestisca.
La separazione in casa –da allora- è stata sempre più evidente e marcata. Le due redazioni non potevano e non dovevano lavorare assieme. Anche per motivi sindacali. Un redattore di rete ha un contratto non giornalistico. Se lavorasse a fianco di un giornalista potrebbe avanzare rivendicazioni. Così un cameramen credo, se lavorasse accanto a un operatore/giornalista del Tg. In alcuni periodi ci sono stati scambi di informazioni e coordinamenti (tra caporedattore e capostruttura della Rete o capo autore), nei momenti di tensione neanche quelli. Una redazione non sapeva cosa facesse l’altra. Capitava di chiamare un ospite e scoprire che era stato contattato già dall’altra redazione. Oppure capitava di trovarsi in scaletta lo stesso argomento con ospiti diversi in orari contigui. Oppure capitava che il Tg1 si occupasse di moda e la Rete di politica. Uno scambio di compiti. Cosa che veniva praticata come ritorsione dal Capostruttura di rete nei confronti del Caporedattore del Tg1, che interveniva su crociere e moda da uomo o magari sulla medicina, che di solito erano appannaggio della rete. Insomma un casino. Oggi, mi dicono, è anche peggio di così. Nei momenti caldi come quelli che precedono le nomine e i cambi di poltrone tutti hanno paura e meno fai e meglio è. Così sparisce la cronaca, la politica la fanno le mezze figure, meglio un servizio su Pompei o sulla plastica in mare!
Un programma non vive solo di spazi giustapposti: una cosa viene dopo l’altra, certo ma un programma è soprattutto un flusso di fatti, interviste, spettacolo. Vive di un “mood”, una energia che il pubblico avverte come sensazione di familiare simpatia, dovuta al mix di scene, luci, regia, conduzione, testi, argomenti. Se vige la separazione e la confusione dei ruoli, questa si riflette sull’immagine del programma, facendo perdere l’interesse del pubblico. Ricordo che per due anni (non rammento nemmeno quanti anni ho lavorato a Unomattina, forse una dozzina o forse più) ho dovuto gestire l’odio feroce tra i due conduttori, pesando i loro spazi con un controllo maniacale dei tempi e dei momenti di presenza nella scaletta, con la preghiera del direttore di mantenere la barra dritta, per carità! E non è stata l’unica volta nella storia delle conduzioni congiunte. Per questo io privilegio la conduzione singola rispetto alla coppia. La coppia è sempre un compromesso.
La scaletta del programma in questo contesto è anchilosata, direi meglio, “ricattata”, dalla presenza delle varie variabili e dalle cadenze dei notiziari, della pubblicità, del meteo, del notiziario del Parlamento e ricordo anche il tg dei sordomuti e quello dell’economia, che arriva da Milano, un separato dal Tg1 romano, in un programma già diviso. Dalle 6.45 circa alle 10, talvolta il programma terminava prima e altre volte dopo, c’è una continua interruzione del flusso comunicativo, in un spezzettamento che sa di vecchio, antistorico e illogico, per un programma moderno. Non ho mai trovato in Rai nessuno che lo difendesse, solo che non si può cambiare. Chi ci ha provato ha sempre fallito. Ci sono spazi che non si possono toccare: il Tg economia per esempio, quello dei sordomuti (che hanno diritto a un tg ma perché sulla rete ammiraglia?), il meteo che un tempo era tutto appannaggio dei colonnelli dell’Aeronautica e che ora invece viene gestito anche da civili non in divisa, come in tutto il mondo degli umani. Non finisce qui. Ci sono stati anche “Oroscopi” e ospiti intoccabili, poi per fortuna sono caduti, come le foglie d’autunno. C’è una stagione anche per queste cose.
Gli spazi del telegiornale hanno un’importanza differente a seconda dell’orario di messa in onda. Quelli del mattino presto, prima delle 8, valgono di più. Luca Giurato ci rinunciò perché la mattina presto aveva necessità di dormire. Altri hanno fatto la guerra per starci, addirittura volevano stare solo al mattino presto e poi lasciare gli altri spazi dopo le 8 ad altri giornalisti. Chiaro perché, c’è un pubblico che segue (seguiva) il programma prima di uscire per andare a lavoro. Da quando c’è “Agorà” su Raitre, “Omnibus” su La7 ma soprattutto con i canali “all news” di Sky e con RaiNews24, ma anche con i canali stranieri CNN, BBC ecc… e con il Web che funziona quando vuole lo spettatore, l’importanza di questi spazi e dei notiziari delle 7.30 è molto calata. Spesso i notiziari sono la riproposizione di quelli della sera precedente. Vanno in onda quando sono passate 6 ore e il mondo non dorme, tante cose sono già accadute in Russia, Cina e in Giappone e la notte americana ha portato altre news, ma loro non hanno avuto modo di inserirle. Dicono per carenza di personale (carenza ai tg? Con 1.200 giornalisti?). La stampa cartacea ha perso il suo peso, passando dalla notizia al commento ideologico, la tv di stato non ha nemmeno quello e se anche ce l’avesse, alle 7, non interesserebbe a nessuno.
Anche la redazione della Rete è a sua volta segmentata in competenze, spazi chiusi, inamovibili, precostituiti, divisi tra i vari autori, quando non addirittura a disposizione delle “proposte” che arrivano dai piani alti di viale Mazzini, o dai palazzi della politica, delle regioni, dei comuni, delle associazioni di categoria… l’elenco è lungo. Ricordo una volta che dovemmo fare un servizio esterno sulla partita di calcio tra dipendenti e dirigenti, che ebbe luogo in un torneo del centro sportivo Rai. Potete immaginare l’interesse degli spettatori italiani per questo argomento? Ma da qui si intuisce la funzione vera di “Unomattina” per i dirigenti Rai, non quella dichiarata, che pure avrebbe un senso. Un altro esempio. La Medicina gode di un accordo storico con l’ortodossia medica e di una sua autonomia contenutistica e gestionale che in sé ha consentito –grazie all’autore che se ne occupa- una informazione corretta e puntuale di una materia delicata ma ha legato il programma e ne ha impedito l’evoluzione. Non si capisce perché non si crei una trasmissione apposta, di medicina ufficiale, come c’è su Raitre (“Tuttasalute”) lasciando alla trasmissione interventi meno dottorali e complessi, da gestire anche in orari diversi da quelli standardizzati e codificati. Spesso gli spazi di medicina su “Unomattina” sono come le ricette, sono così ferrati che li capiscono solo i farmacisti e gli altri medici.
Mentre un tempo il folklore, la moda, la cosmesi, la cucina, l’artigianato e le feste popolari consentivano a “Unomattina” ascolti record fino al 48%, questo filone ha via via perso forza per la sua ripetitività e per l’emergere di trasmissioni concorrenti in copia e delle centinaia di tv locali che, tra una televendita e l’altra, attingono alla fonte del popolare e del benessere del corpo a man bassa. Lo sport (calcio) al mattino non ha mai funzionato perché è soprattutto dibattito astruso su dettagli e ha i suoi spazi nella seconda e terza serata delle tv commerciali o su sky con interi palinsesti. E anche qui il web consente interventi puntuali e così le talk radio di calcio, dove si discute animatamente per ore mentre si attraversa la città immersi nel traffico.
Ricordo un anno in cui, quelle che in gergo si chiamano “marchette”, parola che non si doveva nemmeno pronunciare nelle riunioni, ricoprivano l’intero numero di spazi programmabili in scaletta. Se avevamo la possibilità di affrontare 10 temi, ebbene a volte erano tutti suggeriti dall’esterno. Per celia dicevo che erano tutte “mie idee” così da tappare la bocca alla redazione giustamente offesa. Ovviamente non era vero ma tanto non si poteva fermare l’acqua con le mani, direbbe Bersani!
Mi fermo qui, ce ne sarebbero da raccontare, anche sulle selezioni degli ospiti e degli esperti. Diciamo che la struttura, sviluppatasi nelle pieghe delle possibilità consentite dall’azienda, non ha consentito e non consente una realizzazione adeguata del programma, alle esigenze del pubblico. L’ascolto che cala lo rivela. Flessibilità nella scaletta. Possibilità di cambi repentini di orari, in base anche alla concorrenza o alla necessità dell’ospite. Linguaggio più amicale e meno paludato. Una scena più duttile e una elasticità maggiore nella costruzione stessa degli spazi giornalistici e di rete, abolendo questa assurda divisione e mettendo un giornalista e un conduttore (uomo/donna s’intende) a gestire (singolarmente) nello stesso ambito e senza sigle divisorie, gli spazi, con un lavoro redazionale in tandem, che utilizzi i maggiori mezzi del tg, per affrontare inchieste e servizi esterni in diretta, una costruzione del racconto del programma che sia fluido e coerente e non schizofrenico o, peggio, ripetitivo. In Italia, nei servizi esterni, si vede un cronista che parla in piedi e immagini di copertura preregistrate. All’estero vedo cronisti nel pieno dell’azione: entrano nelle case allegate con gli stivali, attraversano le case diroccate di un terremoto mostrando i segni del dramma e intervistando sul posto chi incontrano. Rendono partecipi, spettacolarizzano la notizia. A volte s’è fatto, ma costa troppo e se poi uno si fa male? Così dietro al cronista ci sono in fila, sugli attenti: carabinieri, operai, infermieri, passanti, in attesa della domanda già predisposta da prima. La chiamiamo la radio in tv! La televisione, mi hanno insegnato, è azione, diretta, verità. Non questo teatrino preconfezionato. Un tempo si portavano cani, gatti, polli, api, bovini e pecore, maiali ma anche serpenti, ragni, scimmie e cavalli, addirittura un elefante venne in studio. Ora è vietato. Il cavallo può scivolare, il topo può scappare, la vacca può “cacare”! Non immaginate la quantità di cose che sono vietate negli studi della Rai, mentre nel mondo tali divieti suonano come stramberie. Se vietano queste cose, immaginatevi altro! Il fatto è che gli studi di Saxa Rubra non erano stati costruiti per il varietà ma per i notiziari. Non doveva essere lì “Unomattina”, c’è per la vicinanza col Tg1, ma se il Tg1 non entra in “Unomattina” che senso ha?
La tv è varietà di argomenti, ricchezza di offerta, dove si vuole stupire il pubblico con lo spettacolo. Una volta c’era la telefonata in diretta ma è pericolosa (!) per un programma. Non sai chi ti possa capitare e cosa potrebbe dire. Spesso la telefonata ha una ricezione difettosa. Fa perdere tempo. Insomma non aiuta. Ora ci sono i twitter. Rapidi, selezionabili, censurabili, commentabili. Ma è un uso limitato. “Unomattina” potrebbe funzionare come programma WEB per eccellenza, con interazioni continue da fare coi telefoni cellulari, skype e altre diavolerie. Ma per fare questo devi essere un programma libero e protetto. Libero dalle paure aziendali e protetto dalle ingerenze dei politici. Non succederà mai in Italia.
* Carlo Raspollini, autore e regista televisivo con la passione per il cibo buono, in Rai ha ideato trasmissioni di grande successo quali Linea Verde, Linea Verde Orizzonti, La prova del Cuoco, Uno Mattina, Uno Mattina Verde, Ciao, come stai?, Storie Vere e Vitabella.
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