Rai Tv, “Portobello e la crisi di creatività”, mentre il mondo cambia
La Rai non riesce più a guardare al futuro e ripropone sempre il suo passato
Dal 27 ottobre torna la storica trasmissione di Enzo Tortora, “Portobello” dopo quarantun anni da quel 27 maggio del 1977 quando iniziò la sua avventura sugli schermi della seconda rete della Rai. La conduzione è affidata ad Antonella Clerici, la più nazional popolare delle nostre conduttrici. Forse hanno pensato a lei perché ispira fiducia e serenità, proprio come serve ad un programma rassicurante. Ci sarebbe da riflettere a lungo su quella fase storica che precedette e che vide il successo di “Portobello”. Tortora era stato vittima di una censura politica da parte della Rai per aver criticato in una intervista l’ente televisivo di stato (“Un jet colossale pilotato da un gruppo di boy scout che si divertono a giocare coi comandi”). Questa frase gli costò 8 anni di ostracismo. La Rai non ha mai imparato a comportarsi diversamente, servendo sempre il potere, nelle sue alternanze: si ripeté con Biagi, Santoro e Luzzatto ai tempi dell’editto bulgaro di Berlusconi e adesso con la fiction su Riace e l’inchiesta del Tg2 sull’isola bosniaca dove gli immigrati vivono in schiavitù. Solo per citare alcuni esempi in epoche diverse.
Quando lavoravo a “Per Voi Giovani”, nel 1971, programma della rete nazionale di Radio Rai mi occupavo di servizi sul Tempo Libero (fenomeni di aggregazione culturale, eventi, dibattiti giovanili), mentre Paolo Aleotti si occupava di scuola e c’erano altri redattori attenti al mondo del lavoro, oltre alla musica di Massarini &Co. avevamo un simpatico funzionario, Foglino, non Voglino, quello era in tv, che aveva il preciso compito di ascoltare i nostri servizi e di farci tagliare quello che non doveva passare. Era il post ’68 e la Rai non poteva non tener conto del pubblico giovanile ma pur sempre nella scia della morale democristiana dominante. Oggi pensate ci sia più libertà perché Checco Zalone e Vittorio Sgarbi dicono le parolacce e la stessa Clerici si è lasciata scappare un “cazzo…”? Fumo negli occhi. Non è cambiato niente.
Insomma Enzo Tortora passa otto anni in giro per le nascenti tv private ma poi torna a casa e vara questo “Portobello”. Trasmissione che segna un punto nodale nella storia della nostra tv. Perché conteneva in sé tante idee per altrettante trasmissioni che poi, in seguito, nacquero e invasero gli schermi per camminare con le proprie gambe. Fu anche una fucina di nuovi volti, tra le centraliniste c’erano Paola Ferrari, Eleonora Brigliadori, Federica Panicucci, Carmen Russo, Susanna Messaggio, Gabriella Carlucci e perfino la povera Alessandra Appiano… Era un primo cedimento della Rai ai programmi emersi nelle tv commerciali, con l’uso frenetico del telefono, le televendite, i mercatini. La gente entrava in tv da protagonista e non solo da concorrente. Tra le rubriche lanciate da “Portobello”, che la Clerici dice di confermare –per quanto possibile oggi – c’erano i prodromi di “Carramba che sorpresa” della Raffaella nazionale, “I Cervelloni” di Paolo Bonolis, “Stranamore” di Alberto Castagna, “Chi l’ha visto?” che nel programma di Tortora si chiamava “Dove sei?”
Ma c’era anche la rubrica “Fiori d’arancio” che Mengacci ripropose andando a filmare i matrimoni in provincia e che la De Filippi ha modificato, da furba qual è, nella fase del fidanzamento, con “Uomini e Donne”, dove l’amore viene ridotto alla parte estetica tra tronisti e troniste, che anelano più a un futuro in tv che a un matrimonio. Tutto si riduce a quante “esterne” si fanno, quanti lenti si ballano con la stessa tronista, al primo pudico bacio e poi alle inevitabili liti, invidie, meschinità che ormai dominano i rapporti pseudo sentimentali. Poi c’era il mercatino con le compravendite di oggetti di antiquariato o meno, oggetti strani, curiosi, che le centraliniste contribuivano a vendere facendo incontrare i proprietari con i compratori. Era un’altra Italia che si svegliava dopo anni di monopolio rigido televisivo, aprendosi al mondo del provincialismo che dilagava nelle tv commerciali. Ricordo che coi “Fiori d’arancio” arrivavano in tv per la prima volta anche i vedovi e i divorziati a cercare un nuovo amore. Allora fu uno scandalo. Oggi sarebbe strano trovare un uomo e una donna che davvero si vogliono sposare. I conviventi sono ormai più degli sposati in Italia! Forse porteranno degli omosessuali, per creare scandalo e quindi ascolto.
Ora auguriamo ad Antonella il successo che merita ma, al di là dell’esito dell’audience, quello che mi preme sottolineare è che ogni programma è figlio della sua epoca e riproporre il passato non può avere lo stesso esito. Per questo Renzo Arbore non ripropone i suoi successi. Se funzionarono allora è molto probabile che oggi non possano ottenere lo stesso successo. Possiamo vedere le registrazioni d’epoca, quelle si, commuoversi e riderne come in un film di Totò, non possiamo girare “Guardie e Ladri” oggi, il ladruncolo e l’agente ciccione sarebbero anacronistici in una società in cui domina la criminalità organizzata e i ladri pare siano più in Parlamento che in galera. Oggi il paese è cambiato, le tv commerciali non hanno portato la libertà che promettevano, se non ai pubblicitari, e il mercato televisivo ha subito una involuzione triste e di nessuna crescita culturale, anzi. La televisione in questi anni ha avuto la maggiore responsabilità nell’imbarbarimento del pubblico.
Paragonate voi stessi i dibattiti politici degli anni ’70 con gli show attuali, con i twitter e i post di oggi. Capite benissimo che sono saltate le regole, il rispetto, i valori diciamo che sono cambiati, per essere gentili. Paragonate le trasmissioni culturali, gli spettacoli, i telegiornali. La tv di oggi è un’appendice dei social network, è lì che ormai si svolge la campagna elettorale permanente in cui siamo immersi. Società di analisi dei dati controllano i social network, gestiscono l’informazione vera e falsa, indirizzano i gusti e cercando di condizionare gli elettori con video e news costruite ad arte, per assicurare il consenso al politico committente, senza nessuna preoccupazione sull’etica del loro comportamento.
Certamente gli autori che lavorano con Antonella si saranno posti il problema di fare un programma degli anni ’70, che aveva nel telefono fisso il punto d’incontro col pubblico a casa (fino a 28 milioni di spettatori!), con il mondo di oggi, con molti pubblici frazionati che non guardano più la tv come media privilegiato ma che si chiamano tramite Instagram, Facebook, Twitter, che guardano YouTube e Vimeo come alternativa al palinsesto Rai, Mediaset e altri o che sono abbonati a Sky scegliendosi la propria programmazione dal divano di casa o dalla camera da letto. In questo mondo la Rai ha proposto “Lascia o Raddoppia”, “il Rischiatutto”, sceneggiati sugli anni 50, 70, 90… oppure sull’800 e meno male che non hanno riproposto “Radici” l’epopea della schiavitù americana con Kunta Kinte.
La programmazione Rai si basa su trasmissioni che vanno in onda da 20 o 50 anni: “Quark”, “Linea Verde”, “Linea Blu”, “Lo Zecchino d’Oro”, “Geo&Geo”, “Sereno variabile” dell’ottuagenario Bevilacqua, “Unomattina” trasmissione anchilosata tra i limiti di invecchiati notiziari a sé stanti e le solite rubriche che si ripetono da sempre, nonostante i bravi conduttori o la formula super imitata del “Tg7” o “Domenica In”, dove da poco è risorta Santa Mara Venier per duellare con l’altro brontosauro di Mediaset Barbara D’Urso! Non a caso uno dei programmi tappabuchi che funziona più di altri in Rai è il “Techetetecheté”, uno zibaldone fatto di rimontaggi di video del passato, catturati nelle videoteche e montati magistralmente. Il pubblico della Terza Età chiede il continuo ritorno al passato ma al passato non si torna, se non in chiave di commedia spesso ridicola e deprimente. Giovanni Minoli se n’è andato dalla Rai portando con sé i diritti di Mixer, altrimenti vedremmo ancora le interviste con le faccione e la grafica in primo piano, magari affidate a Giovanni Floris o, peggio, a Pierluigi Diaco. Si può solo peggiorare!
Se “Portobello” fu un’innovazione di una tv che tardivamente cercava di stare al passo coi tempi, la sua riproposizione è un come sfogliare un album di figurine di molti campionati fa, quando ormai il gioco è cambiato e non solo non ci sono più quei giocatori, ma neanche più i campi e le squadre! Che senso avrà parlare di cuori che s’incontrano oggi con i femminicidi e le molestie sessuali che minano i rapporti fra i sessi? Che senso avrà parlare di sorprese fra parenti dopo gli show con incontri transoceanici di Raffella e la posta per te di Maria De Filippi? Sarà dura incontrare gli inventori dopo anni di “Cervelloni” in prima serata, con Magalli e Bonolis, e dopo le difficoltà del presente a investire e a far decollare le società di giovani imprenditori, quando in tutti è presente la fuga reale di “cervelloni” all’estero, per mancanza di capitali. Che dire del “Dove sei?” in onda mentre si muore a migliaia nel Mediterraneo e Salvini sta ancora inutilmente cercando i 600.000 clandestini da rimpatriare, quando tutta l’Europa è attraversata da un flusso umano di disperati, in cerca di una vita migliore? I paragoni saranno inevitabili e ferocemente drammatici, tutto potrebbe diventare anacronistico per non dire tragicomico. Questo è il rischio.
La colpa non è e non sarà di chi viene posto ad affrontare la prova iniqua ma di un ente, la Rai, che ormai vive con la faccia rivolta al passato e non riesce, non solo a progredire tecnologicamente (per questo chiedete al personale tecnico) ma neanche a ideare, pensare una programmazione rivolta al futuro. Ci sono stati tentativi di Paolo Bonolis di immaginarsi una tv futuribile ma quello che manca è una politica aziendale rivolta in questa direzione, che spinga a immaginarsi nuove vie di interazione tra mezzo e audience nell’ambito del flusso di immagini e news dei social network. Questo settore in Rai è sempre stato relegato ai margini. Fino ad oggi le trasmissioni hanno solo recepito le email e i twitter come sostituti della telefonata della casalinga di Voghera, per avere pareri sulla partita alla “Giostra del Gol” o della “Domenica Sportiva” (altro programma museo) o dal medico nella cabina di “Tutto Salute” a Raitre.
Intanto, mentre Antonella -suo malgrado- interroga il pappagallo, la maggioranza del pubblico chatta, linka, comunica, guarda e posta i video altrove. La tv non è ancora morta ma certamente sta malissimo…