Recensione di “50 Fumature di Renzi” al Salone Margherita FOTO
L’incontro fra Dante (Martufello) custode della scienza e lo scolaro Renzi (Mura) è un confronto impari fra concittadini che parlano un idioma diverso
‘50 fumature di Renzi‘ al Salone Margherita
‘Comincia la stagione della gran felicità e senza interruzione per decenni durerà… Qua qua qua… E Renzi di lassù ci guida e ci protegge. Chissà però se regge o casca a testa in giù…’ Dante, il sommo poeta in preda a ripensamenti tombali, da tempo ha dismesso l’ illustre locutio vulgaris per praticare il meno accademico dialetto burino; la decisione è irreversibile, almeno fino a quando il bel paese sarà dominato dai burini. ‘…e tu, esclama il fantasma di messer Alighieri rivolgendosi a Renzi senza attenuanti, sei il capo dei burini, fiorentino di lingua ma d’animo sei peggio di compare Zappitto che non distingue una pecora da miss Italia…’ Introdotto dal balletto, il prologo di ‘50 fumature di Renzi‘ mette il sigillo e ha subito l’ imprimatur del pubblico; l’antipasto servito è genuino, accattivante e malizioso, farcito di satira politica tagliente come nella migliore tradizione del Bagaglino.
All’evento del Salone Margherita che inaugura così la nuova stagione 2015-2016 ci sono quasi tutti i protagonisti della più longeva saga nazionalpopolare istituzionale. Quel quasi è pieno di ricordi ma non di malinconia perché la squadra che aveva messo in campo Nini Pingitore quarant’anni or sono non soffre col tempo la patina del vintage, rinnova opportunamente l’organico e non teme defezioni. L’imperatore della parodia e del pubblico ludibrio ha da sempre utilizzato ingredienti dotati di vivacità e freschezza al fine di preservare l’attualità di una ricetta il cui segreto è la burla pungente senza inciuci. Fedele alla sua missione, in un momento di ‘ nuovo umanesimo’ sbandierato, ridà fuoco alle polveri e nel tempio della comicità non delude le attese ma con un tiro al bersaglio d’alta precisione uccella all’istante un premier megalomane e inconcludente ed una classe politica da vanity fair. Mentre Leo Gullotta preparava il suo debutto al Diana di Napoli con ‘Spirito allegro, i blasonati Martufello, Carlo Frisi, Mario Zamma e Pamela Prati aggredivano il palco per antonomasia del cabaret nostrano affiancati da new entry di tutto rispetto.
Demo Mura, Manuela Zero, Morgana Giovannetti ed Enzo Piscopo scalavano di posto e rinserravano le fila completando un cast di grande personalità, ancora una volta selezionato con cura, omogeneo, versatile e caratterizzato nel genere. Il pretesto di questa nuova Grande Risata è il bestseller della scrittrice inglese E.L.James da cui è stato tratto il film ‘Fifty shades of Grey’ campione d’incassi della scorsa stagione diretto dal regista Sam Taylior-Johnson. ’50 fumature di Renzi’ è l’adattamento molto libero e ancor più teatrale della vicenda personale di Anastasia Steele, riservata studentessa universitaria, e di Christian Grey, amministratore delegato di Grey Enterprises, un idealista giovane e ricco ma con un’infanzia difficile e problemi irrisolti che ne alterano la psiche. Anastasia diventa Maria Elena Boschi, ministro riformista e confidente del premier, novello Christian, di cui conoscerà ben presto le perversioni e gli enigmi, condividendo la sua sete di controllo e dominio e, come l’eroina del film, vorrà percorrere fino in fondo quella relazione pericolosa ma sarà lei a dettare le regole e il non trascurabile distinguo determinerà l’inversione dei ruoli. Nella trasposizione di Pingitore le sfumature perdono subito la consonante iniziale e i tanti aspetti oscuri del protagonista maschile diventano fumose affabulazioni di un bamboccione delirante e capriccioso alle prese con un giocattolo da esplorare fra le mani.
L’incontro fra Dante (Martufello) custode della scienza e lo scolaro Renzi (Mura) è un confronto impari fra concittadini che parlano un idioma diverso e il buco nero evocato da Renzi e fonte di equivoci è in realtà l’origine della conoscenza, la fonte del potere. L’anima di Dante, esaudendo cotanto desiderio di onnipotenza, proietta l’ingordo nell’epoca dei faraoni , dove, fanfarone più che faraone, trova il sommo sacerdote Bersanibis (Carlo Frisi) da lui trombato, e la ministra Maria Elena Boschi(Manuela Zero) che, data l’ambientazione, è per l’occasione la regina della danza del ventre oltre che complice e scaltra dominatrice. L’immancabile eunuco nonché superappaltatore di palazzo dalla lingua mozzata, è Muzziconis( il ballerino Jean Michel Danquin) incaricato dagli oppositori di regime di eliminare il supremo senza rischi. Una girandola surreale di contaminazioni e intrighi presi a prestito da una civiltà millenaria, tra la brama di fama che assale Tutanrenzi e il presente infamante che me mortifica la presunzione.
Pur di riformare a qualsiasi costo, interpella l’architetto Zappaterris(Mario Zamma) che, non tradendo le origini, parla il vecchio egizio della provincia di Avellino, di Bassolino o del Basso Nilo non fa differenza, e propone la riforma delle piramidi con la punta rivolta a terra, in ossequio alla teoria del rovesciamento. Non manca la segretaria tuttofare(Morgana Giovannetti) che per dilettare il premier improvvisa la Ferilli. Poi finalmente giunge in soccorso Pameliside(Pamela Prati) dea della bellezza, dell’armonia, della buona ventura, del canto e della danza con l’intento di salvare Tutanrenzi dal complotto. E’ pronto a sventare la minaccia anche Martiz(Martufello), altro portaborse, segretario particolare che asseconda i gusti particolari sadomaso del suo signore e, per compiacerlo, tra una barzelletta e l’altra prova a fare Mosè annunciando i 10 comandamenti in edizione rinnovata. E’ una pioggia di risate ma diventa tempesta quando fa il suo ingresso la Cancelliera Angela Merkel(Mario Zamma) che mette subito le cose in chiaro indirizzando alla Boschi in ritirata una ‘missiva sonora’ appresa forse nei frequenti soggiorni ischitani. Si rivolge a Matteo soggiogato dall’energia dirompente di Angela che, adottando il sistema della carota e del bastone, prima gli regala una frusta e poi, agli sproloqui del premier che ha ‘salvato la vita a centinaia di migliaia di migranti, ridotto la disoccupazione, diminuito le tasse’ e in procinto di approvare i matrimoni gay, lo fustiga con lo stesso strumento di piacere.
La colpa è delle opposizioni interne che ostacolano le riforme e fra queste Meloni è in prima fila; mentre in Germania i meloni si mangiano, questa, si schermisce il tapino, non si lascia mangiare. La caricatura della Meloni(Morgana Giovannetti) è uno spasso e lo scioglilingua del ‘sei nomade e devi nomadà’ con le casette a schiera a trenta euro rendono variopinto un già discutibile concetto di accoglienza. Salvini(Carlo Frisi), a differenza del Premier, non soffre di disturbi reverenziali e dichiara stop all’invasore perché l’albergo Italia è al completo. Il suo non è ‘il ruggito di una pulce’, come vorrebbe Angela, lui ha gli attributi che fumano e, senza omissis, la invita a salire ‘sull’albero della vita’. L’assalto degli antagonisti non dà tregua e allora la piazzista di onorevoli a gettone(Pamela Prati), con tanto di catalogo, offre i servizi mercenari dei saltafosso. Il sindaco Marino (Mario Zamma),con fascia tricolore tatuata per non farsela portare via, non demorde ed è disposto a fare il chierichetto di Papa Francesco(Carlo Frisi) che, al contrario, non ne può più dell’aspirante imbucato e, in caso di minaccia reiterata, non aprirà per l’8 dicembre la Porta Santa. Ma ha poi un sussulto di amore fraterno: ‘Chi sono io per giudicare del tuo tatuaggio?’
Con un nido di avvoltoi in casa, l’antimiracolo della moltiplicazione dei pescecani, scontri e fughe intestine da parare, il terzo segreto di Fatima è in confronto ‘un gratta e vinci’ senza gusto. Contro le accuse di simpatie comuniste ma anche contro il vacillare della fede comune, Francesco ha concepito la filosofia del ’ma anchismo’ che comprende tutti per non scontentare nessuno, una forma di ecumenismo imbarazzante che sconfessa la storia. ‘ La carezza è una frusta che è andata a scuola dai gesuiti’. ‘Il diavolo non esiste, è un’invenzione dei preti’. Espressioni supreme della confusione più cupa. Non poteva mancare la forza emergente del panorama politico. Grillo( Zamma) Casaleggio(Martufello) e Di Maio(Episcopo) sono in lite fra di loro e con Renzi(Mura) apostrofato dal primo come topo Gigio e caricatura di un premier che al massimo può fare il cameriere della Merkel. Compongono tutti un quadretto che traduce il rapporto fra gli opposti schieramenti nel parlamento del nulla e degli insulti. L’entusiasmo di Mattarella(Carlo Frisi) non è espansivo e la gioia di vivere, biascicata a stento, è in disaccordo perpetuo con il suo assertore. Conclude la rassegna l’esternazione farneticante di un Renzi che supera il Cavaliere nei proclami di opere galattiche fra cui il corridoio sotterraneo da Ostia a Rimini, una sorta di Tirreno-Adriatico che consentirà le immersioni nei due mari in uno stesso giorno.
Comprendiamo allora che questo è Cabaret puro e non servono controfigure. Sono loro, quei politicanti da avanspettacolo che riempiono i palazzi del potere, prestati sciaguratamente alla politica, le macchiette naturali del vero circo Italia. C’è preoccupazione sulle sorti del cabaret colpito a morte, chiosa Martufello dopo essere uscito dalla farsesca rappresentazione in un finale dissonante che chiude la prima parte dello show. L’autocaricatura supera ormai la caricatura. Detta dal principe della genuinità bucolica, la rivelazione assume una verità naturalmente scolastica. E’ ancora lui, il barzellettiere per definizione, che prende per mano la seconda parte venata di nostalgia e con un pizzico di amarezza per gli anni perduti e l’ eredità culturale smarrita. C’era una volta lo stracciarolo che raccoglieva cianfrusaglie di ogni tipo, vecchi dischi in vinile, con le canzoni di Petrolini e Gabriela Ferri, bambole che riproducevano la Regina Margherita, ma anche inutili collezioni di servizi come regalo di nozze. Pamela e Manuela rievocano stornelli e brani del tempo che fu, fra cui Creola, Mil pasos, e quindi il tango, l’Accademia musicale Pichetti. La storia attraverso i Papi, da PioXII a Woitila(Frisi) passando per Giovanni XXIII e il Concilio.
Nel sacco della memoria c’è un altro Paese, più povero e più onesto, geneticamente modificato dal ricordo e per questo in parte celebrato e nobilitato, ma che aveva un’anima, e la fierezza dell’onestà e del rispetto erano sentimenti comuni frettolosamente rimossi. Anche i malandrini non sono più quelli di una volta: parola di Giggi er bullo(Zamma), personaggio eccentrico nato dalla fantasia del grande Ettore Petrolini. La sua intramontabile ‘Tanto pe cantà’ chiude in bellezza per voce della splendida Pamela Prati. Gli interpreti. Martufello è il solito mattatore, intrattenitore di lungo corso rigenerato dall’aria di casa. Demo Mura è un Matteo Renzi appropriato, volutamente più farlocco che spavaldo, come si conviene a chi ha esaurito gli incantesimi e fiaccato l’effetto sorpresa. Fa ormai parte del gruppo. Carlo Frisi un gigante. La reprimenda del suo Giovanni Paolo II è da Archivi vaticani. Ha risuscitato letteralmente il personaggio. Una performance che ha ammutolito i presenti. Ai confini della perfezione. Carlo Zamma è un altro caratterista coi fiocchi, un funambolo della risata che dà sempre il meglio nei ruoli esagitati. Irresistibile macchiettista e matacchione. E il suo Beppe Grillo non lo distingui dall’originale. Superlativo. Enzo Piscopo, apprezzato make up artist nonché attore eclettico, ha bene interpretato Luigi Di Maio.
Morgana Giovannetti, abbandonato il tormentone del Pulcino Pio, è un altro prodotto del vivaio, ha inseguito il sogno di bambina e sta dimostrando versatilità e professionalità non comuni. L’imitazione della Meloni ha lasciato il segno. Le due primedonne sono stelle di prima grandezza. Manuela Zero, disinvolta e spregiudicata nei panni della ministra Boschi, sa recitare, ballare e cantare come una poliedrica artista di rango; l’ultimo talento della solita premiata ditta. L’inossidabile Pamela Prati è sempre lei, soubrette avvenente, maliatrice, tenace, dotata di autoironia ed umiltà da vendere e con tanta voglia di divertirsi. Normale amministrazione per Jean Michel Danquin, ballerino in veste di Muzziconis, eunuco e faccendiere, presenza fissa del Bagaglino. Federica Della Pelle, Federica Rizzo, Raffaella Saturni e Roberta Vesperini sono le componenti di un corpo di ballo affiatato ed egregiamente diretto dalla mitica coreografa Evelyn Hanack. Le musiche sono di Piero e Francesco Pintucci. I costumi di Maurizio Tognalini. L’arredamento di Graziella Pera.
Lo spettacolo ’50 fumature di Renzi’ al Salone Margherita di fino al 17 gennaio 2016 Roma è scritto e diretto da Pier Francesco Pingitore, Re Mida incontrastato di tutto ciò che attiene al varietà e quindi fuori concorso. Quando mala tempora currunt è sempre la sua penna mordace a sdrammatizzarne i contorni perché la consapevolezza da sola non basta, è noiosa e spesso fa danni, mentre il buonumore è un viatico che aiuta a vivere e alimenta la speranza.
Sebastiano Biancheri