“Il bel Paese dove il SI suona”; così il Padre Dante definiva l’Italia. E ciò, a proposito del referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, potrebbe avvenire tra qualche settimana. Almeno leggendo le motivazioni per il SI addotte dal ministro 5 Stelle alle riforme, Federico D’Incà, che ho trovato con sorpresa, chiare ed esaurienti.
L’endorsement del gruppo editoriale di Repubblica per il NO al referendum, non mi ha stupito più di tanto, in quanto conferma una linea che il neo direttore Maurizio Molinari sta attuando con impercettibili ma costanti spostamenti a destra. Tanto per capirci, in ossequio agli interessi dei nuovi proprietari capitanati dall’ex FIAT, tanto per capirci.
Ma prima degli argomenti per votare sì per confermare il taglio di 230 deputati e 115 senatori è sempre bene tenere a mente che nei referendum è il cittadino che in scienza e coscienza sceglie. Questo anche se i partiti, come ben sottolinea Stefano Bonaccini (che è per il SI), hanno il dovere di prendere una posizione chiara.
D’Incà intanto sottolinea che stavolta il referendum non ha carattere plebiscitario, ma tecnico politico, quindi non siamo di fronte a scelte catarsiche o ultimative, ma alla valutazione di conseguenze puntuali. L’Assemblea Costituente nel 1947 decise, eravamo circa 40 ml , un deputato ogni 80.000 abitanti (ed un senatore ogni 200.000).
Nella discussione il liberale Luigi Einaudi, poi Presidente della Repubblica, sostenne invece il rapporto per ogni deputato di 150.000 abitanti, perché oltre 300/400 in assemblea non si sarebbe potuto ben legiferare.
Con l’istituzione delle Regioni, 1970, si aggiungono altre 20 fonti normative. Tutti, dalla Iotti a De Mita, da Berlusconi a D’alema, nelle varie istanze di riforma bicamerali, ipotizzarono la riduzione dei parlamentari come elemento di semplificazione e snellimento. Gli abitanti per ciascun parlamentare eletto sono 117.000 in Germania e Francia; 102.000 in Inghilterra, con il SI’ in Italia si passerebbe da 64.000 attuali a 101.000.
Quindi niente di eclatante nel contesto europeo, se si pensa poi che le tanto conclamate ragioni della riduzione della rappresentanza democratica semplicemente non esistono, perché i parlamentari non rappresentano i collegi, ma, art.67 della Costituzione, “rappresentano la Nazione”.
Non è affatto vero poi che il taglio si cala nel vuoto pneumatico distorcendo l’assetto costituzionale del sistema. Per il semplice fatto che la materia elettorale, definizione dei collegi e modalità di voto, è affidata alla legge ordinaria e quindi la riduzione non interessa il sistema.
Ma la volontà politica di partiti ed istituzioni, che saranno costretti , magari dal Presidente della Repubblica con un rinvio alle Camere, a provvedervi.
Sarà, questo almeno è certo, una preziosa occasione per rivedere a fondo i regolamenti delle Camere. Proprio laddove si annidano i veri “Padroni delle leggi”, “i Signori degli emendamenti”, gli “Agenti delle lobby” più o meno occulte, cioè i vertici burocratici del Parlamento e dei Ministeri, inscalfibili ed inamovibili. Se dovesse vincere il NO, sarebbe il trionfo dello status quo, degli interessi consolidati, del sistema semi medievale dei Vassalli, Valvassini, Valvassori; coltiviamo almeno la speranza di un cambiamento virtuoso ed epocale facendo risuonare un netto SI.
Francesco Chiucchiurlotto
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