Religione, beati i poveri, guai a voi ricchi!
di Il capocordata
L’evangelista Luca, a differenza di Matteo, colloca la proclamazione delle beatitudini (Lc. 6, 20-26) in un luogo pianeggiante e non in cima a una montagna, perché la pianura è più adatta per l’incontro con le folle. Degne di nota sono anche le diverse provenienze delle persone accorse ad ascoltare l’insegnamento di Gesù. In parte si tratta di abitanti della Giudea e di Gerusalemme e in parte di abitanti del litorale di Tiro e di Sidone: si tratta di una prefigurazione della futura composizione della comunità cristiana, fatta di credenti provenienti dal giudaismo e dal paganesimo.
Il nostro brano delle beatitudini (vv. 20-26) si presenta strutturato in due parti costruite sulla base del parallelismo antitetico: nella prima parte vengono enunciate quattro beatitudini, nella seconda parte quattro “guai”, che funzionano da commento negativo per le precedenti beatitudini (macarismi). La funzione dei “guai” è chiaramente finalizzata a mettere in guardia i lettori del vangelo dall’assumere atteggiamenti in evidente contrasto con il messaggio cristiano.
Il termine “beati”, secondo la tradizione sapienziale della Scrittura, indica coloro che vivono nel timore del Signore e seguono la via dei suoi insegnamenti. Gesù fa propria questa idea di beatitudine, contrapponendo a essa la prospettiva di chi vive totalmente ripiegato su di sé, prigioniero del proprio egoismo e radicalmente ostile alla volontà di Dio.
“Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva” (v. 20a). Gesù non si rivolge a una cerchia ristretta di pochi eletti, ma al gran numero di discepoli. Ciò significa che quanto verrà proclamato avrà una portata universale, perché tale è l’ampiezza del regno di Dio di cui parlano gli insegnamenti di Gesù, a partire proprio dalle beatitudini.
“Beati voi, poveri” (v. 20b). A differenza dell’evangelista Matteo, che tende a rileggere le beatitudini in chiave “spirituale”, Luca mostra di possedere una sensibilità più concreta. Il Gesù di Luca si rivolge a coloro che vivono nella miseria, incapaci di procurarsi da soli i beni necessari per vivere, e costretti a subire privazioni e sofferenze per la fede in Gesù. Occorre però stare attenti a non fraintendere il senso della prima beatitudine. La povertà in sé è un male da combattere con le “armi” della carità e della condivisione.
Allora, i poveri sono beati perché la comunità ecclesiale, obbediente ai comandi del Maestro, si prende cura di loro e perché Dio non si dimenticherà delle sofferenze al momento della morte, coerentemente con la prospettiva della ricompensa finale. Tale prospettiva serve per motivare la speranza e l’impegno in questa vita, senza lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà che si incontrano lungo il cammino. Ai poveri dunque è dato il regno di Dio, cioè la possibilità di arricchire la propria esistenza dell’unico, vero e grande bene che nemmeno la morte potrà mai togliere: la comunione con Dio, fonte perenne di vita e di salvezza, vera ricchezza che gli uomini dovrebbero sempre desiderare.
“Beati voi, che ora avete fame” (v. 21). Gli affamati sono i poveri che non dispongono del minimo necessario per sopravvivere. “Sarete saziati”: a questi Gesù promette una sazietà che non soddisfa solo la fame fisica, ma è pienezza di vita.
“Beati voi, che ora piangete, perché riderete”. Gesù allude a tutte quelle situazioni di dolore e di sofferenza che affliggono il cuore degli uomini. E’ a coloro che soffrono che il Signore annuncia un radicale rovesciamento: essi un giorno rideranno, ricuperando quella serenità e pace che la sofferenza aveva sconvolto in maniera apparentemente irrimediabile.
“Beati voi, quando gli uomini vi odieranno…” (vv. 22-23). Luca è decisamente concreto nel descrivere le circostanze avverse che affliggono la comunità originaria: i cristiani saranno odiati, messi al bando, insultati e disprezzati. I discepoli di Gesù sono quindi rifiutati, emarginati e persino perseguitati proprio perché seguaci del Crocifisso-Risorto. Gesù invita i discepoli a rallegrarsi e a esultare, perché grande sarà la ricompensa nei cieli: Dio stesso provvederà a premiare coloro che hanno sofferto per amore di Gesù e del Vangelo.
A differenza di Matteo, Luca fa seguire alle beatitudini una serie di quattro “guai”, che riprendono in chiave negativa i contenuti delle beatitudini, conferendo a essi maggior peso e valore. Il pericolo insito nella “ricchezza” è quello di rendere incapace il “ricco” di preoccuparsi della vita eterna, di dimenticarsi dei “poveri”, di accettare la sua dipendenza da Dio. Inoltre, mette in guardia i “sazi” e “coloro che ridono” dalla loro indifferenza e strafottenza che li rende insensibili verso i bisognosi. Infine, i discepoli di Gesù devono guardarsi dalla tentazione di cedere ai compromessi e di assecondare il desiderio di essere adulati e stimati dagli altri. E’ preferibile essere disprezzati ma autentici, piuttosto che adulati perché falsi e ipocriti.
Bibliografia consultata: Gennari, 2019.