Dopo aver udito da Gesù la proclamazione delle beatitudini e dei guai, ora (Lc. 6, 27-38) ci sentiamo dire: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (v. 36). Che cosa significhi essere misericordiosi, Gesù lo espone nei versetti precedenti, quando ribadisce che i suoi discepoli sono anzitutto tenuti all’amore sincero nei confronti di quei nemici di cui parlava nell’ultima beatitudine: “Beati voi, quando gli uomini vi odieranno…” (v. 22). L’amore per i nemici apre e chiude il nostro brano evangelico.
vv. 27-31. “A voi che ascoltate”: Gesù torna a rivolgersi esplicitamente ai discepoli e a tutti coloro che mostrano di essere ben disposti nei suoi confronti. Senza troppi giri di parole Gesù va immediatamente al cuore del messaggio: “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male”. Il Maestro riprende il comandamento dell’amore del prossimo e lo radicalizza: l’amore richiesto ai discepoli è incondizionato e, soprattutto, va al di là delle umane simpatie e antipatie.
Chi potrebbero essere concretamente i nemici di cui parla il passo evangelico? Possiamo supporre che Luca alluda, almeno in parte, ai persecutori della fede cristiana. In ogni caso Gesù chiede ai discepoli l’assunzione di un atteggiamento esteriore, “fate del bene”, che corrisponde alla disposizione interiore dell’animo, espressa dai verbi “benedire” e “pregare”. L’amore di cui parla Gesù, dunque, non è semplicemente benevolenza dovuta alla simpatia (in greco “philia”), ma amore che sgorga dal cuore (in greco “agape”), dove per cuore, nella prospettiva biblica, non si intende la sede dei sentimenti, ma della volontà. Amare i nemici non significa perciò semplicemente tollerare o sopportare le persone moleste, ma implica un agire positivo, benevolo e gratuito nei confronti di chi odia, augurando il bene di chi vuole il male, con la segreta speranza che il nemico rifletta e si ravveda dalla sua condotta malvagia.
Luca inserisce a questo punto tre esempi che conferiscono ulteriore concretezza agli insegnamenti di Gesù: “Se amate… E se fate del bene… E se prestate…”. L’uso della seconda persona singolare rende il messaggio ancora più diretto, facendo sì che chi legge o ascolta si senta maggiormente interpellato. Gesù rifiuta la regola della perfetta reciprocità e chiede ai discepoli che sappiano andare oltre la logica del “do ut des” (io ti do e tu mi dai). Le affermazioni del Maestro sono davvero provocatorie: chi sarebbe disposto a porgere l’altra guancia? Anzi, perfino “a chi prende le tue cose”, il discepolo non deve chiederle indietro! A coronamento del radicalismo evangelico Gesù pone la regola d’oro: “come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro” (v. 31).
vv. 32-34. Con le tre illustrazioni che seguono, Gesù spiega ulteriormente l’atteggiamento della regola aurea rivolta ai discepoli, confrontandolo ogni volta con il comportamento dei “peccatori”. I credenti sono chiamati a rendere testimonianza con la loro vita dell’amore gratuito di Dio, di cui loro stessi sono i beneficiari privilegiati. Le azioni dei discepoli, pertanto, non devono mirare a un fine utilitaristico, ma devono essere motivate da quanto Dio, precedentemente e gratuitamente, ha operato a loro favore.
Quello che spesso si dimentica quando si legge questa pagina del vangelo, così bella ma al tempo stesso così esigente, è che i discepoli di Gesù vivono nella grazia e nell’amore di Dio; in definitiva, ciò che fonda l’accoglienza aperta a tutti è l’atteggiamento dell’Altissimo stesso, che in questo “anno di grazia”, ci dona di vivere come figli e di amare là dove l’amore sembra impossibile: egli infatti si mostra buono con gli ingrati e i cattivi.
vv. 35-38. La grande ricompensa che i credenti riceveranno per aver vissuto fino in fondo il comandamento dell’amore verso tutti, nemici compresi, sarà la beatitudine che scaturisce dal sentirsi profondamente amati da Dio. “Quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio” : l’apostolo Paolo, nella lettera ai Romani, riconosce una grande verità, e cioè che i primi nemici a essere stati amati e perdonati sono proprio i discepoli di Gesù. Ciò che il Signore chiede, allora, è di donare gratuitamente quanto si è ricevuto gratuitamente, avendo lui come modello di fede. Gesù infatti è l’uomo delle beatitudini, che ha fatto dell’amore per il prossimo, chiunque egli sia, il suo programma di vita.
“Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (v. 36): alla lettera tale espressione si potrebbe tradurre anche “diventate misericordiosi”, a conferma del fatto che nessuno può mai dirsi “arrivato”, perché tutti siamo chiamati a un impegno costante nella via dell’amore. Inoltre, l’amore testimoniato da Gesù deve essere vissuto in questo modo: non giudicare, non condannare, perdonare, donare. Se i discepoli sapranno vivere tali atteggiamenti nei confronti degli uomini, al termine del loro cammino sperimenteranno la pienezza della salvezza: non verranno giudicati, non saranno condannati, verranno perdonati e riceveranno in abbondanza.
Si noti che questi verbi, coniugati al passivo, sono da considerarsi “passivi divini”, a indicare che il soggetto dell’azione è Dio che elargisce abbondantemente la sua misericordia nei confronti di coloro che lo temono (amano). Ciò significa che, nella misura in cui i discepoli saranno “riempiti” della misericordia di Dio, sapranno a loro volta riversarla su tutti coloro che incontreranno lungo il cammino, buoni e cattivi.
Bibliografia consultata: Gennari, 2019.
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