La pagina del vangelo di Matteo (21, 33-43) ci presenta la parabola del proprietario terriero e della vigna, meglio conosciuta come la parabola dei “vignaioli omicidi”. Non bisogna soffermarsi a una lettura superficiale: il contesto storico certamente richiama a un confronto tra Gesù e la pratica puramente esteriore della fede, vissuta da alcune categorie del giudaismo a lui contemporaneo. Gesù, infatti, racconta questa parabola per i capi religiosi di Israele e non per tutto il popolo. Infatti la vigna del Signore, il popolo eletto, non è devastata e distrutta, ma è anzi chiamata a portare buoni frutti.
Il punto nodale è che sono stati i vignaioli, a cui la vigna era stata affidata, a tradire il loro compito. Pertanto, le parole di Gesù, “darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo” (v. 41), non devono essere intese come una sostituzione del popolo eletto con una nazione pagana, ma la “nuova realtà” (la Chiesa) sarà invece in piena continuazione con esso, proprio perché la pietra angolare sulla quale sarà costruita la nuova relazione con Dio è Gesù Cristo, figlio egli stesso di Israele.
In altre parole, l’intento dell’evangelista non è quello di creare una sorta di antagonismo tra giudaismo e cristianesimo, ma di evidenziare la centrale importanza del Cristo innalzato per la salvezza e la riconciliazione del mondo. Israele ha già vissuto, nella sua particolare relazione di elezione, la grandezza dell’amore e della misericordia di Dio, ora estesi, attraverso la Chiesa, a ogni essere umano. Ma la chiusura di cuore è una tentazione sempre presente, anche nella comunità ecclesiale.
Infatti, la domanda che questo atteggiamento condannato dal Signore sottende è se la generazione della Chiesa sia capace di accogliere il dono della vigna e di farla fruttificare! Anche ai cristiani non è garantita alcuna condizione di favore, ma a tutti sono chieste le stesse condizioni per accogliere il dono del Regno. La Chiesa non è in sostituzione del popolo eletto, la sua identità è legata al rapporto con il Signore innalzato sulla croce come pietra angolare.
Il padrone della vigna
Un’attenzione particolare va data al padrone della vigna, che a una lettura superficiale sembrerebbe fin troppo paziente e accondiscendente. Il significato, al contrario, è questo: il padrone della vigna della parabola, come il Signore misericordioso rivelatosi a Israele, non si ferma alla durezza del cuore dell’uomo, ma continua a cercare la conversione e la salvezza dei vignaioli. Invia nuovi servi, sperando che la situazione cambi, poiché egli desidera la conversione e non la morte del peccatore. Di fronte ala durezza del cuore dei vignaioli l’infinita pazienza del padrone della vigna arriva fino al dono del suo stesso figlio.
Alla fine della parabola il Signore pone una domanda diretta ai suoi uditori: “Quando verrà il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?” (v. 40). E’ interessante notare come la risposta data dagli stessi capi religiosi riguardi la condanna a morte (“Quei malvagi li farà morire miseramente” v. 41), mentre Gesù parla soltanto di un’esclusione dalla vigna di quei contadini (“a voi sarà tolto il regno di Dio” v. 43). Nelle parole di Gesù essi però comprendono che egli si stava riferendo a loro e da quel momento cercano di catturarlo.
“La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo” (v. 47). La risposta del Signore si concentra sul termine “pietra scartata”, una chiara citazione del Salmo (118, 22), in riferimento al re Davide. Di conseguenza, gli uditori di Gesù non solo avevano compreso che egli riferiva a loro l’esclusione dalla vigna del Signore, ma anche che la pietra scartata diventata pietra angolare era proprio lui, discendente della dinastia di Davide.
Il testo di Matteo, da una parte, ci riconduce alla responsabilità affidataci nella redenzione in Cristo, pietra angolare della vita della Chiesa e di ogni credente, e, dall’altra, ci esorta a fuggire la tentazione di ritenerci nuovi padroni della vigna. Pertanto, la parabola è prima di tutto un invito alla continua conversione all’amore misericordioso di Dio rivelatosi pienamente nel Cristo innalzato sulla croce, vera pietra angolare.
Dio ha fiducia nei suoi figli. Sa che possono produrre ottimi frutti perché lui li ha fatti a sua immagine e somiglianza. Non perdiamo l’occasione di accogliere il Figlio suo che viene per donarci la sua grazia: apriamo le mani per accogliere la sua misericordia, consapevoli che ci convertirà a lui rendendoci servi fedeli nella sua amata vigna, la Chiesa che noi formiamo, che noi siamo.
Bibliografia consultata: Corini, 2017; Tornambé, 2017.
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