La quarta domenica di Avvento pone al centro la figura di Maria, la madre del Messia che sta per nascere, proponendo il racconto della annunciazione tratto dal vangelo di Luca (1, 26-38). Il testo, oltre che mettere al centro la singolare figura di Maria, mira a un annuncio cristologico che riflette sulla presenza di Dio nella carne di Gesù, attraverso il suo concepimento per opera dello Spirito Santo. L’eccezionale concentrazione di titoli rivelati dall’angelo comunica la straordinaria identità del figlio che nascerà: “concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (vv. 31-33).
Su questo evento e sul suo protagonista Luca proietta la fede pasquale delle comunità cristiana che non solo riconosce nel bambino Gesù il re messianico, erede della casa di Davide, ma gli attribuisce le prerogative del Figlio di Dio, Risorto intronizzato nella gloria del Padre, il cui regno non avrà fine.
Il saluto dell’angelo
“Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te” (v. 28). Con l’esclamazione “rallègrati” il profeta Sofonia (3, 15-17) aveva salutato la città di Gerusalemme, rassicurandola della presenza straordinaria del Signore in mezzo a essa. Ora l’angelo rivolge a Maria questo saluto messianico. Il motivo della sua esultanza è dovuto al fatto che ella gode del compiacimento di Dio e per la consapevolezza di essere stata colmata del suo amore gratuito.
Ora è Maria il centro della presenza di Dio, concependo nel suo grembo Gesù, il Verbo fatto carne. Nella parola dell’angelo “tu concepirai” riecheggia la profezia di Isaia (7, 14), che preannunciava la vergine che concepisce e partorisce un figlio, che sarà chiamato Emmanuele, il Dio con noi. Dio abiterà nell’intimo, nel seno della vergine, sarà “con lei” ed ella sarà la nuova città santa, immagine del popolo di Dio, nel cui centro egli prende dimora. Maria è adombrata dalla potenza dell’Altissimo; perciò il figlio che darà alla luce avrà prerogative divine.
La domanda di Maria
“Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo?” (v. 34). La domanda di Maria mette in risalto l’impossibilità umana a coniugare maternità e verginità. E’ noto che il verbo semitico “conoscere” include un ventaglio di significati: dalla conoscenza intellettuale all’adesione della volontà, all’azione viva dell’atto sessuale. A costituire problema è l’uso del verbo al tempo presente, che esprime un’azione duratura.
Alcuni Padri della chiesa hanno visto qui un voto fatto da Maria, ma ciò è poco probabile nell’ambiente giudaico del tempo. Non va escluso che una scelta di verginità perpetua fatta da Maria sia il frutto della sua singolare vocazione, che solo ora ella viene a conoscere. In questa prospettiva la verginità di Maria proviene dall’iniziativa di Dio. Come qualità propria di Maria si evidenzia solo la sua totale disponibilità. L’angelo risponde che sarà la potenza di Dio a sostituire l’azione dell’uomo: “Lo Spirito santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo” (v. 35).
La risposta dell’angelo evoca quale soggetto di questo straordinario evento la potenza di Dio e quale modalità l’immagine della nube o dell’ombra, la gloria di Dio presente sul popolo di Israele durante il cammino nel deserto (Es. 40, 34). La gloria di Dio, che è potenza, ora è su Maria. E’ lei il nuovo tempio nel quale abita la presenza di Dio fra gli uomini. Ciò si realizza per opera dello Spirito Santo che è la forza creatrice e vivificatrice, la somma manifestazione della libertà creativa di Dio e avverrà perché “niente è impossibile a Dio” (v. 37): un’espressione che rinvia agli inizi della storia della salvezza, quando il Signore l’aveva rivolta ad Abramo, padre di intere generazioni di credenti (Gen, 18, 13s).
“Ecco la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola” (v. 38)
Maria, la “colmata di grazia”, si rende pienamente disponibile al disegno di Dio che ora le viene annunziato. Si mette al suo servizio, nella linea dei tanti personaggi della storia della salvezza che la Bibbia ha denominato “servi”: Abramo, Mosè, Davide e fino al Servo del Signore. Nulla fa se non obbedire. Dio, per compiere il suo disegno, sceglie la finitezza e perfino l’insignificanza e Maria in quanto creatura, con adesione libera e responsabile, accetta che il disegno del Creatore si realizzi in lei. Che l’impossibile sia possibile per Dio si rivela nello scarto tra la debolezza dei mezzi e la grandezza del risultato. Per Maria la volontà di Dio è tutto. La storia della salvezza era iniziata con un atto di obbedienza di Abramo (Gen. 12, 1-4), ora è Maria a esprimere la sua obbedienza. Davanti al mistero troppo grande per chi è soltanto uomo, si addice il silenzio e l’obbedienza della fede. Anche noi, se gioiosamente ci facciamo obbedienti, scopriamo di essere capaci di generare Cristo in noi stessi e di offrirlo a un mondo che solo in lui può trovare la sua salvezza, il suo futuro.
Bibliografia consultata: Ferrari, 2017; Riva, 2017.
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