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Religione, ecco l’Agnello di Dio

Il prologo del vangelo di Giovanni afferma che il Battista non è la Luce, non è il Verbo, ma “un uomo mandato da Dio”, il cui compito è di annunciare, dare testimonianza alla luce e di accoglierla. Il brano evangelico di questa Domenica (Gv. 1, 29-34) ci narra la testimonianza luminosa e limpida del Battista. Egli sta indicando il Messia, l’Agnello, perché tutti credano in lui. La sua voce fa luce sui passi dei discepoli che vedono la vera Luce, Gesù, ascoltano il Verbo, lo seguono per la testimonianza di quest’uomo “chiamato Giovanni". Se anche il mondo non accoglie Gesù, c’è un uomo, Giovanni, che ha accolto la testimonianza del Verbo fatto carne. E questa accoglienza autentica sa illuminare ogni uomo.

Il Battista testimone dell’Agnello

Giovanni non conosce Gesù, non l’ha mai incontrato eppure si fida di ciò che vede e sa. Interrogato da sacerdoti e leviti risponde che non è il Cristo e neppure il profeta Elia atteso prima della venuta del Messia. Inoltre, afferma di essere la voce di uno che grida nel deserto: “rendete diritta la via del Signore”. E quando coloro che erano stati mandati dai farisei insistono, chiedendo perché battezza se non è il Cristo né il profeta, Giovanni risponde ancora in modo più disarmante. Il suo battesimo è un battesimo di acqua, ma c’è uno “in mezzo a voi che viene dopo di me e al quale io non sono degno di sciogliere il laccio del sandalo” (v. 27).

Notiamo che la fede non è tanto un atteggiamento che svela, spiega o deduce, ma è un dono da accogliere, occhi nuovi che intravedono, spirito ardente che infiamma la vita. Giovanni indica Gesù e lo descrive, mentre viene verso di lui, come l’Agnello. Gesù è il vero Agnello che segna col suo sangue la vita di ciascuno, la Porta attraverso la quale passiamo, l’Affaticato sulle cui spalle è inchiodato il peccato dell’uomo, il Mite caricato dell’arroganza e della violenza umana, Colui che era prima di tutti e si è fatto tempo, nella decisione amorevole di condividere la sorte e la condizione umana. Gesù, Messia e Agnello, ci ricorda la compromissione definitiva tra la vita divina e quella umana, il corpo di carne e lo spirito del Verbo.

Ci viene chiesto, alla scuola del precursore, di fermarci anche solo un attimo, oggi, e pensare seriamente a quanto valga la nostra vita, quanto sia preziosa l’esistenza se Dio, l’Eterno, si è fatto uno di noi, nostro “socio” nell’azienda che stava miseramente fallendo. Il suo, tuttavia, non è stato un contratto bilaterale: l’uomo ha solamente guadagnato e ancora si avvantaggia se smette di chiudersi nel suo egoismo che gli fa dimenticare la fonte e il termine della vita.

Il Battista testimone della contemplazione

“Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui” (v. 32). La conclusione del brano evidenzia la contemplazione: se Gesù è Colui che viene da Dio, se è Dio sul quale lo Spirito Santo scende e rimane, allora la sua Parola ha un peso specifico differente dalla mia, il suo esempio, lo spezzare della sua vita hanno una “pretesa” divina su di me, su ciascuno. La testimonianza di Giovanni, in prima battuta, è un fermarsi a contemplare ciò che Dio sta facendo. La sfida del credente, prima di tutto, non è “sapere che cosa fare”, ma comprendere che cosa sta facendo Dio. E il Battista ce lo ricorda: battezza non perché la sua acqua sia salvifica, ma perché il Cristo “fosse manifestato, chiarificato a Israele” (v. 31).

C’è un Cristo da conoscere, che viene rivelandosi, ma sul quale ci sono segni da decifrare: “Io non lo conoscevo…ma Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui…il Figlio di Dio” (v. 33). Il primo segno è lo Spirito che scende dal cielo e rimane sul Cristo che porta il peccato del mondo. Anche questo è un atteggiamento contemplativo: saper vedere ciò che Dio compie, saper accorgersi che lo Spirito del Signore è ancora all’opera, scende e sa trasformare occhi, mente e cuore. Il secondo segno è ascoltare: “colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse” (v. 33). Il Battista lo identifica con il Padre che gli ha rivelato che il Cristo sarebbe stato manifestato proprio grazie allo Spirito che scendeva e rimaneva su di lui. Anche la vita di Gesù sarà guidata e illuminata dallo Spirito Santo, potenza divina che scende e rimane nella sua vita. Come pure, è lo Spirito che guida la Chiesa e la rende capace di accogliere, come Giovanni, la testimonianza del Figlio di Dio, la sua salvezza e il perdono dei peccati.

Noi, uomini e donne di Chiesa, non brilliamo o abbiamo riflesso questa luce e la bellezza dello Spirito. Eppure, come Giovanni, abbiamo il compito di testimoniare Gesù, Agnello che salva il mondo, dal quale prende il peccato e lo distrugge. La forza dello Spirito lo guida e lo rivela come Figlio di Dio. Ciascuno di noi, deposte le armi della contesa, dell’inquietudine e del sospetto può amare sul serio se accoglie la Parola, se incontra il Figlio di Dio, se lascia che il suo Spirito lo animi dal di dentro. Ne abbiamo bisogno tutti. Preparata la strada per far passare il Cristo, indichiamolo presente nel mondo, in tanti fratelli e sorelle. Senza paura di amare troppo, lo riconosceremo presente in mezzo a noi. Oggi. Non dobbiamo mai tralasciare nella nostra preghiera l’invocazione allo Spirito Santo e nello stesso tempo renderci accoglienti verso questo dono e nei confronti delle sorprese positive che lo Spirito sa ancora attuare nella Chiesa e nel tempo.          

Bibliografia consultata: D’Agostino, 2020; Zanchi, 2020.

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