Riprendiamo la lettura continua del Vangelo di Marco, dopo le solennità delle domeniche precedenti. L’evangelista ci sta presentando Gesù e lo fa attraverso la narrazione delle parabole. La calunnia di Gesù come indemoniato che leggiamo nel nostro brano (Mc. 3, 20-35) lo spinge a fare ricorso alle parabole per poter portare avanti il suo annuncio: “Costui è posseduto da Beelzebul e scaccia i demoni per mezzo del capo dei demoni” (v. 22). Una tale calunnia è la più maliziosa e distruttiva, in quanto elimina alla radice ogni possibilità di interpretazione positiva di quanto Gesù dice o fa. Non solo, ma rende Gesù reo di una colpa che può portarlo alla morte.
Nel brano odierno, alcuni versetti (20-21 e 31-34), mettono in scena, quasi con funzione di inclusione, la duplice iniziativa dei familiari nei confronti del Maestro. Sembrano azioni dettate dal desiderio di minimizzare le ripercussioni che eventuali situazioni insostenibili avrebbero potuto avere su tutta la famiglia: “Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: 'E’ fuori di sé'” (v. 21). Ecco allora il loro commento, il desiderio di parlargli, il progetto di riprenderlo con sé in una vita tutto sommato normale. Al centro (vv. 22-30) si trova la risposta di Gesù ai suoi calunniatori. Dopo la venuta degli scribi dalla capitale, e la loro accusa, Gesù li chiama a sé e con la duplice immagine del regno e della casa mostra l’effetto di autodistruzione che la divisione all’interno può comportare: “Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi”. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito (vv. 23-26).
Poi aggiunge la parabola dell’uomo forte che può essere legato e spogliato dei suoi beni solo da uno più forte di lui (v. 27). E solo alla fine arriva la spiegazione delle conseguenze drammatiche del peccato di chi impugna la verità conosciuta, opponendosi così frontalmente alla verità di cui lo Spirito Santo illumina i discepoli. Dalla risposta di Gesù traspare l’umile delicatezza (“Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro” v. 23) con cui egli comincia in primo luogo a istruire i suoi denigratori, portandoli passo dopo passo a capire come una lotta di Satana contro se stesso sia illogica e quindi improbabile. Tra le sue istruzioni c’è anche la condanna della “bestemmia contro lo Spirito Santo” ossia, l’ostinazione a impugnare la verità conosciuta, il peccato angelico per eccellenza, e in quanto tale non perdonabile.
Lo sfondo dell’istruzione di Gesù è sempre la visione della venuta del regno di Dio, il forte, che toglie al regno del demonio tutto il suo territorio. Paradossalmente, gli unici che sono da lui ingannati e rimangono in suo potere, sono coloro che accusano Gesù di esserne succube. In relazione a questo tema si vede il rapporto del vangelo odierno con la prima lettura (Gen. 3, 15): il forte schiaccia la testa al serpente, anche se questo tenta di assalirlo al calcagno.
Prima però di continuare nella sua opera di evangelizzazione attraverso il nuovo strumento delle parabole, Gesù ha l’occasione di mostrare con maggior chiarezza e in positivo quale sia la novità del Regno che egli è venuto a inaugurare. La venuta dei familiari (v. 21) che desiderano parlargli gli suggerisce di trasferire sui discepoli, a livello spirituale, il rapporto che lo lega fisicamente ai suoi parenti. Il nuovo regno assume la forma della famiglia, nella quale i singoli membri trovano la loro identità e vivono le esperienze più profonde e più intime. E il legame che tiene unita la nuova famiglia di Cristo è l’impegno a fare la volontà di Dio. Cristo crea così un luogo libero dall’azione di Satana, nel quale è già possibile vivere la vita di Dio, in un misterioso ma reale, ritorno al Paradiso terrestre, anticipazione del cielo.
Gesù, dunque, incarna la presenza di Dio e inaugura la definitiva sconfitta di Satana e del male, iniziando la progressiva, ma irresistibile vittoria di Dio. Prima ancora della predicazione, sono gli esorcismi che rivelano la pretesa salvifica di Gesù. Il suo impegno e la sua potenza nell’affrontare e nello sconfiggere il maligno sono la prova più autentica della sua messianicità. In questa prospettiva si colloca la polemica sull’origine e sul fondamento dell’azione taumaturgica di Gesù: si tratta dello snodo fondamentale per definire la sua identità. Il maligno incide nella storia, ma viene irrimediabilmente cacciato dal “più forte” e, in questo combattimento, l’esito è certo. L’unica possibilità che Satana può cavalcare è la menzogna, ma soprattutto, “bestemmia contro lo Spirito Santo” è il travisamento della persona e della missione di Gesù.
Proprio perché la falsità e la divisione sono frutto del regno di Satana, la prova più evidente del regno di Dio consiste nella capacità di relazioni rinnovate con Dio e tra gli uomini. La “mistica della fraternità” (Papa Francesco) esprime la testimonianza eloquente del regno di Dio presente nella vicenda dell’uomo: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?...Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre” (vv. 33-34).
Dal vangelo si protende la chiave interpretativa per rileggere la prima lettura che ci narra la tentazione dei nostri progenitori. Essa sottolinea l’iniziativa di Dio che investiga sulla colpa, svela la sua appassionata ricerca che interpella la responsabilità dell’umanità. Per la scelta del redattore, però, viene posta l’attenzione sulla maledizione al serpente per indicare la natura e le conseguenze del male, ma soprattutto la sua inevitabile sconfitta.
Bibliografia consultata: Tosolini, 2018; Orizio, 2018.
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