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Religione, festa della Pentecoste: ricevete lo Spirito Santo

Il vangelo scelto per la festa di Pentecoste (Gv. 20, 19-23) annuncia il dono dello Spirito di Dio e invita ad accoglierlo. Portatore di questo dono è ora il Risorto: la sera stessa del giorno di Pasqua egli torna a dare fiducia ai suoi discepoli e li esorta a rimettersi in cammino.

“Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi” (v. 19). Nel quarto vangelo non si dice mai che Gesù “appare”, si dice invece che Gesù “venne” e che “stette nel mezzo”. La promessa che sarebbe venuto era stata fatta da Gesù nella prima parte del discorso di addio nell’ultima cena. Il secondo verbo, “stette”, evoca la posizione eretta in contrasto con il “giacere” della morte. Il suo derivato, “alzarsi, sorgere”, è uno dei verbi tradizionali per annunciare l’evento della risurrezione. Anche nel libro dell’Apocalisse (5, 6) si parla dell’Agnello (Gesù) che stava in piedi, come immolato. Il fatto di essere in piedi lo caratterizza come vivo, anche se immolato, richiamando la sua crocifissione. Giovanni vuole presentare il Cristo come colui che è il Vivente proprio perché è stato ucciso; è vivo non perché ha evitato la morte, ma perché l’ha accettata.

La sottolineatura delle porte che erano chiuse del luogo dove si trovavano i discepoli, serve all’evangelista per affermare, in modo comprensibile, che il Risorto è realmente presente, ma in modo incomprensibile. Per quanto la paura e la chiusura possano essere grandi, il Risorto viene continuamente in un mondo chiuso, per farne con la sua azione un mondo aperto: “Pace a voi!”. L’espressione riflette il saluto abituale, ma non nel senso augurale, ma nel senso di un annuncio efficace, che, in questo caso, corrisponde alla promessa fatta da Gesù: “vi lascio la pace, vi do la mia pace”.

“Mostrò loro le mani e il fianco” (v. 20). Il Risorto rimane il Crocifisso. Con l’ostensione delle ferite, in particolare del costato da cui era sgorgato sangue e acqua, Gesù rivela la propria identità, affermando che la sofferenza subita non è rimossa, ma superata. La fede pasquale cristiana non è una rimozione illusoria della sofferenza del mondo, ma l’annuncio che l’incomprensibile e assurda sofferenza del mondo sarà vinta. Di questa vittoria la risurrezione di Gesù è un anticipo che infonde speranza. La gioia dei discepoli “al vedere il Signore” compie la promessa di Gesù: una gioia che nessuno potrà loro togliere.

“Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi…Ricevete lo Spirito Santo” (vv. 21-22). Per il quarto vangelo, la passione, la morte, la risurrezione, l’ascensione e il dono dello Spirito sono aspetti di un unico mistero. Gesù, l’Inviato, invia i discepoli, estendendo a loro la missione ricevuta dal Padre. “Detto questo, soffiò” (v. 22). Questo verbo lo troviamo nel racconto della creazione dell’uomo: “Dio soffiò nel suo volto un respiro di vita, e così l’uomo divenne anima vivente” (Gen. 2, 7).

Gesù che aveva consegnato lo Spirito nell’evento della sua morte, ora invita i discepoli a riceverlo: un dono è veramente tale quando è accolto. Il tema del perdono dei peccati (v. 23) è legato al dono dello Spirito santo, da cui solo proviene una creazione nuova, capace di trasformare il “cuore di pietra” dell’uomo peccatore in un “cuore di carne”. La carità della Chiesa, che lo Spirito Santo riversa nei nostri cuori, rimette i peccati di coloro che divengono partecipi di questa divina carità, ma li ritiene a coloro che non vi hanno parte alcuna. L’espressione finale costituisce un avvertimento e alimenta in ciascuno di noi la consapevolezza che vi è una responsabilità personale nell’accogliere o nel rifiutare il dono che è offerto a tutti. Esiste un accecamento che ha le sue cause nel peccato, che è la pretesa di sapere e il conseguente rifiuto a cercare. E ciò riguarda tutti, perché la luce di Gesù ci trova tutti ciechi: ognuno è chiamato a scegliere se appartenere ai “ciechi” che si aprono alla luce ( il cieco nato ), o a coloro che “credono di vedere” e invece sprofondano nelle tenebre ( i farisei ).

Vieni Spirito Santo!

Vieni come un rombo di tuono che ci desta dal nostro torpore e ci obbliga a fare i conti con la storia. Vieni a scuotere la Chiesa perché ritrovi quel fuoco che Gesù è venuto ad accendere sulla terra. Vieni come il vento, che spazza via ogni cosa inutile, ogni zavorra che pesa sulla nostra esistenza, impedendoci quei colpi d’ala, di santa pazzia, che mutano la vita degli individui e della società. Vieni come il vento, che non può essere imbrigliato, perché scappa da ogni parte e tuttavia fa avvertire la sua presenza e provoca cambiamenti visibili. Obbligaci a riconoscere la tua azione imprevista in ogni luogo della terra. Supera le barriere che ti abbiamo posto con le nostre paure e i nostri pregiudizi, con i nostri sospetti e i nostri timori.

Vieni come un fuoco che brucia e che scalda, come un fuoco che accende e che crepita, come un fuoco che divora e che appassiona. Vieni negli uomini e nelle donne di ogni età, con la ricchezza dei tuoi doni. Vieni in ogni luogo e in ogni tempo: distruggi gli idoli, ridesta la coscienza, spingi gli indecisi, incoraggia i paurosi, accendi i tiepidi. Facci respirare l’aria pura del mondo nuovo che Gesù ci ha annunciato. E muovi i nostri passi sulle sue vie.  

Bibliografia consultata: Nason, 2017; Laurita, 2017.

Redazione

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