Siamo agli inizi del ministero pubblico di Gesù (Mt. 4, 12-23) e l’evangelista Matteo ci riferisce la proclamazione del regno dei cieli e la chiamata dei primi apostoli. Da ora Gesù inizia a predicare il regno dei cieli o l’evangelo del regno: “Convertitevi, poiché il regno dei cieli è vicino” (v. 17). E’ il vangelo, il lieto annuncio, la buona novella, perché il contenuto della proclamazione è il regno dei cieli. Un annuncio che determina la predicazione di Gesù, nella quale nel corso del tempo si chiarirà sempre meglio quale sia il suo contenuto, la sua forma, i suoi aspetti. Tale annuncio continua nella predicazione dei discepoli che sono destinati a diffondere l’evangelo del regno in tutto il mondo. Poiché, d’ora in avanti, è tempo di decisione in vista del promesso regno dei cieli, l’imperativo dell’ora è la conversione. Conversione è, in fondo, il punto di partenza da cui prende le mosse l’esistenza dei discepoli, la vita cristiana. I successivi racconti di chiamata intendono spiegarne il significato. Essi devono essere intesi come illustrazioni di ciò che la conversione può esigere dall’uomo.
“E mentre camminava lungo il mare di Galilea” (v. 18). La riva del mare di Galilea è il teatro dell’azione. L’incontro con i pescatori dà l’impressione del casuale, come se fosse avvenuto in occasione di una passeggiata. Insieme con il fratello Andrea, Simon Pietro è al lavoro: stanno pescando. Si gettava la rete stando nell’acqua in riva al lago. “Venite qui, dietro a me; vi farò pescatori di uomini”(v. 19). La chiamata di Gesù alla sua sequela è inattesa e imperiosa. L’andar dietro a Gesù, quindi il porsi alla sua sequela, è seguito dall’incarico di diventare pescatori di uomini. L’aggancio all’attività svolta con la rete è sorprendente. L’immagine del pescatore di uomini assume qui un significato altamente positivo in considerazione del regno dei cieli, nel quale devono essere condotti gli uomini. Si preannuncia l’attività missionaria della chiesa.
“Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono…Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono” (vv. 20.22). La chiamata è accolta obbedientemente. L’abbandono delle reti indica inoltre che i due fratelli sono pronti a cambiare la loro professione e ad assumere l’ufficio offerto di pescatori di uomini. Il loro seguire Gesù illustra la conversione richiesta dall’annuncio del Maestro. Conversione è quindi, in primo luogo, l’obbediente disposizione a mettersi al seguito di Gesù. Ciò deve avveni
re senza alcun compromesso, come indica la scena ideale della chiamata dei primi apostoli. Solo stando vicini a Gesù può nascere la sequela vera e propria: quella di camminare sulla via di Gesù, che conduce alla croce. I primi apostoli sono “fratelli”: nella chiamata della coppia di fratelli, che si pongono insieme alla sequela, va riconosciuta la nuova fratellanza, la nuova famiglia spirituale in cui si costituisce la comunità, la chiesa di Cristo.
Mediante la chiamata ad essere pescatori di uomini, il racconto viene a dire ancora un’altra cosa importante, cioè che all’interno della comunità vanno assunti compiti speciali. Diventare pescatori di uomini o missionari, rinunciare alla propria antica professione era un’istanza che anche nella comunità cristiana del primo secolo poteva essere proposta solo ad alcuni, non a tutti. Seguire Gesù come pescatori di uomini significa dover continuare il suo ministero. La chiamata è rivolta a singoli. Essa li conduce alla comunione con Gesù e con altri seguaci che costituiscono una fratellanza.
L’evangelista limita la costituzione del gruppo di discepoli alla chiamata delle coppie di fratelli Simone-Andrea e Giacomo-Giovanni, senza dire nulla della formazione del gruppo dei dodici apostoli. Con la chiamata dei quattro si ha il gruppo dei discepoli. Il racconto della chiamata è narrato con riguardo alla comunità, cioè alla chiesa. Con la chiamata dei primi discepoli si costituisce la chiesa-comunità come fratellanza. All’inizio della discepolanza del singolo chiamato, con la sua iniziale partecipazione al gruppo dei discepoli e alla comunità, si colloca la conversione, che il singolo in vista del promesso regno dei cieli attua con l’entrare nella sequela di Gesù e nella fratellanza da lui richiesta. La sequela è fondata su una chiamata, non è guadagnata o meritata, ma è dono e offerta; significa quindi decisione.
L’evangelista Matteo fa una lettura teologica degli inizi della vita di Gesù in Galilea; alla luce della Scrittura questi fatti acquistano tutto il loro significato, così come da essi la Scrittura prende il proprio; essa è “compiuta”. Tale “compimento” è anche una parola chiave di Matteo che insiste sulla realizzazione delle promesse di Dio, che sono “compiute”; Gesù è il messia annunciato dai profeti: egli “compie tutta la giustizia”; la comunità dei cristiani forma il nuovo Israele, dato che l’antico lo rifiuta. Quando Matteo redige il suo vangelo, verifica la realizzazione delle promesse nella vita stessa della chiesa. Con la sua opera supplica i suoi fratelli giudei a restare fedeli alla Scrittura riconoscendo il Cristo messia e conferma l’apertura della chiesa al mondo pagano (la Galilea delle genti).
Bibliografia consultata: Gnilka, 1990; Duprez, 1973.
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