Religione, Gesù Cristo e il suo precursore

di Il capocordata

Giovanni Battista non aveva temuto di criticare la condotta di Erode Antipa, che viveva con la moglie di suo fratello. Per farlo tacere, il tetrarca l’aveva rinchiuso nella fortezza di Macheronte, che dominava la sponda orientale del Mar Morto. Tuttavia, usava al suo prigioniero un trattamento di favore, e gli permetteva di ricevere i suoi discepoli. Giovanni interroga Gesù tramite loro: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?” (Mt. 11, 2-11).

Nella sua predicazione, Giovanni aveva affermato che il messia veniente è più potente di lui: egli ha idee molto precise della natura di questa forza; la paragona a quella del contadino che afferra la sua scure per abbattere l’albero infruttuoso, e la illustra con l’immagine dell’agricoltore che pulisce la sua aia, bruciando tutto ciò che non è grano buono. Giovanni si considera incaricato a preparare Israele al terribile giudizio, invitando i peccatori alla conversione per sfuggire così al castigo eterno che incombe su di loro. Ma quello che egli capisce del modo con cui Gesù compie la sua missione, non corrisponde affatto all’idea che egli si fa del giudizio che deve cominciare presto. Di qui la sorpresa espressa dalla sua domanda.

Alla domanda di Giovanni, Gesù risponde descrivendo la sua attività benefica verso gli infelici: essa deve essere compresa come attività messianica. I termini in cui si esprime Gesù sono scelti di proposito: essi richiamano gli oracoli messianici del profeta Isaia, dove “la buona novella è annunciata ai poveri, i ciechi ricuperano la vista, lo zoppo salterà come un cervo, i morti risusciteranno”. E Giovanni certamente avrà compreso la risposta di Gesù, ma, nello stesso tempo, Gesù invita con discrezione Giovanni a considerare il ruolo del messia sotto un aspetto molto diverso da quello che aveva attirato la sua attenzione. Il contrasto fra le due concezioni offre l’occasione per l’avvertimento che chiude il messaggio indirizzato a Giovanni: “Beato chi non si scandalizzerà di me”.

Gesù prevede che la sua risposta a Giovanni potrebbe deluderlo. Ciò che rischia di scandalizzare Giovanni, non è che Gesù rivendichi una dignità messianica. La difficoltà deriva dal fatto che Gesù intende la sua missione in modo diverso dall’idea che se n’era fatta Giovanni. Gesù si presenta non come il “forte” che spiega contro i peccatori la potenza vendicatrice della collera di Dio, bensì come la manifestazione della bontà misericordiosa del Signore verso i poveri e i sofferenti. Il contrasto è grande. Arriverà Giovanni ad accettare la rivelazione dell’amore, che si compie nell’umiltà e nella debolezza? Lo scandalo che minaccia Giovanni è il suo zelo, che potrebbe impedirgli di credere all’amore che Dio manifesta in Gesù.

Chi è Giovanni? (vv. 7-9)

Gesù domanda per tre volte perché la gente sia andata nel deserto. La gente non è andata nel deserto a contemplare una canna agitata dal vento: un uomo, Giovanni, consapevole della sua missione divina non si piega davanti a niente e a nessuno. Un altro contrasto è quello che oppone Giovanni agli uomini vestiti di morbide vesti: esso fa risaltare l’estrema austerità della vita di Giovanni. Dunque la gente era andata nel deserto per vedere un profeta: Gesù fa eco all’opinione corrente e l’approva. Giovanni ha ricevuto la sua missione dal cielo; è l’inviato da Dio e il suo “portaparola”. Giovanni è ancor più di un profeta: alcuni si erano perfino chiesti se non fosse lui il messia. La grandezza unica di Giovanni deriva dal posto che egli occupa nella storia della salvezza: egli si trova al termine e all’apice del tempo delle promesse, e anche sulla soglia dell’èra nuova, quella del regno di Dio.

Tra tutti coloro che sono vissuti, nessuno è più grande di lui. Eppure, “il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui” (v. 11). Giovanni, il più grande della vecchia economia (alleanza), è tuttavia inferiore al più piccolo dei beneficiari della nuova economia di salvezza, che comincia con Gesù. Giovanni è sicuramente molto grande; ma cosa contano le grandezze umane davanti alle prerogative di cui godono i beneficiari del regno di Dio? L’attenzione è al regno che viene con Gesù e delle nuove condizioni di vita offerte da esso a coloro che vi avranno parte.

“Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, che preparerà la tua via davanti a te” (v. 10). Giovanni è colui che andrà innanzi al Signore a preparargli la via. Ciò che il profeta annunciava della venuta di Jahvè (Dio), dai cristiani viene così riferito alla venuta terrena di Gesù. Il tempo di Gesù, che il Battista ha preparato, continua nel tempo della chiesa. Giovanni è diventato, proprio anche per il suo destino violento, il credibile messaggero del Messia, che la Scrittura aveva predetto come l’Elia ritornante. Con Giovanni la Scrittura comincia ad adempiersi. Riconoscere in Giovanni il precursore di cui parla il profeta Malachia, equivaleva a riconoscere in Gesù il Signore, la cui gloria e potenza sono quelle stesse di Dio. Ed è questo che conta agli occhi dei cristiani.  Il compito di Giovanni, e dei santi in generale, non è quello di fermare l’attenzione su loro stessi, ma di condurre al Signore, di cui sono testimoni in mezzo agli uomini.                           

Bibliografia consultata: Dupont, 1969; Gnilka, 1990.

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