Religione, Gesù e la samaritana: il dono dell’acqua viva
di Il capocordata
Vogliamo leggere il lungo racconto (Gv. 4, 5-52) dell’incontro di Gesù con una donna di Samaria attraverso alcuni importanti nuclei di significato che caratterizzano il Vangelo di Giovanni: l’alternarsi delle rivelazioni di Gesù con l’incomprensione degli uomini, nel nostro caso con l’incomprensione della samaritana.
“Gesù, ritornando in Galilea attraversando la Samaria e affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo” (v. 6). L’incontro al pozzo è una scena “tipica” dei racconti patriarcali (cfr. Gen. 24). Anche il pozzo presso cui si siede Gesù, affaticato dal viaggio, è un luogo carico di memorie che conducono ai patriarchi: infatti, il pozzo si trova a Sicar, una città vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio. Al pozzo arriva una donna anonima di Samaria per attingere acqua. Gesù, seduto al bordo del pozzo, si rivolge alla donna di Sicar: “Dammi da bere” (v. 7). Fin dall’inizio viene affrontato il primo tema del dialogo, quello dell’acqua: Gesù ne approfitta per rivelare alla samaritana il mistero dell’acqua viva. Ma la donna resta sul piano delle relazioni umane: “Come mai tu, che sei un giudeo, chiedi da bere a me, che sono una dona samaritana?” (v. 8).
Nella sua risposta Gesù lascia subito intendere che vuol parlare di una realtà misteriosa di cui l’acqua del pozzo è semplicemente il simbolo: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice : dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva” (v. 10). I ruoli si invertono: Gesù, che all’inizio del dialogo chiedeva da bere, ora si presenta come colui che può offrire “acqua viva” come dono di Dio.
Evidentemente Gesù non sta più parlando dell’acqua materiale del pozzo necessaria a estinguere la nostra sete fisiologica; ma la donna rimane ancora su questo livello materiale: “tu non hai un secchio e il pozzo è profondo! Da dove attingi quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe?”( v. 11). E Gesù le risponde che la sua acqua disseterà completamente per la vita eterna. E la donna: “dammi quest’acqua, così che non abbia più sete e non continui più a venire ogni giorno a prender l’acqua dal pozzo (v. 15). La donna ancora non comprende il dono che Gesù le sta facendo.
Il dono dell’acqua viva è la rivelazione che Gesù fa di se stesso. Conoscere il dono di Dio significa conoscere chi è Gesù. Il dono di Dio, il dono dell’acqua viva è appunto la scoperta progressiva del mistero di Gesù, la conoscenza profonda di ciò che egli è. Il dono di Dio non è più, come nel giudaismo, la legge di Mosè, ma la nuova legge, la rivelazione che si conclude in Gesù. Questa parola di Gesù, rivelazione definitiva dei tempi messianici (ultimi), porta alla perfezione la rivelazione incompleta del Sinai. Nel promettere alla samaritana il dono di Dio, Gesù lascia dunque capire che stava per manifestarsi a lei. Egli voleva parlare di se stesso, che stava per manifestarsi progressivamente alla donna; ed essa si mostrava degna di tale insegnamento.
Dunque, il dono di Dio e l’acqua viva indicano una sola realtà: la dottrina vivificante portata da Gesù, la verità che egli proclama e la rivelazione che porta nella propria persona, è Gesù stesso che, attraverso il Vangelo, si rivela progressivamente ai credenti per comunicare loro la vita divina.
A questo punto del dialogo Gesù imprime una svolta alla conversazione e dice alla donna: “Và a chiamare tuo marito”, e la donna risponde: “Non ho marito” (vv. 16-17). Gesù apprezza la sua sincerità dicendole che il suo quinto uomo non è suo marito. Allora la donna scopre che Gesù è un profeta: “Signore, vedo che tu sei un profeta” (v. 19). Svelando il segreto della vita privata della samaritana, Gesù rivela già se stesso. Il suo scopo non è tanto di condurre questa donna alla conversione, quanto di prepararla alla scoperta del suo mistero.
Dopo aver constatato la chiaroveggenza del suo interlocutore, la donna gli sottopone il vecchio problema che divideva giudei e samaritani: bisogna adorare Dio sul monte Garizim o nel tempio di Gerusalemme? La domanda posta dalla samaritana era di grande attualità: qual è il luogo del vero culto? Gesù risponde in tono grave: “Credimi, o donna, viene l’ora…ed è adesso, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (v. 23).
Gesù rivolge alla donna un vero invito alla fede, domandandole di accogliere la rivelazione che le sta per fare sul vero culto dei tempi messianici. Con Gesù si conclude un’epoca, un’altra comincia: è finito il tempo di un culto legato ad una montagna, il conflitto dei templi è superato. La preghiera “in spirito” è una preghiera suscitata nel cuore dei credenti dallo Spirito santo; “e verità”, designa la rivelazione messianica, che si identifica con il messaggio e la persona dell’uomo Gesù. Sotto l’azione dello Spirito, questa verità di Cristo è presente e attiva nel cuore del credente; la verità diventa così la fonte segreta della sua vita cristiana. Gesù è il nuovo tempio che rimpiazza d’ora innanzi il santuario del monte Garizim e quello di Gerusalemme.
“So che deve venire il messia…” (v. 25). La donna di Sichar non comprende molto di tutto questo discorso, ma si risveglia in lei l’attenzione per i problemi religiosi: la sua speranza è tesa ora verso il messia, in quanto porterà la rivelazione liberatrice. Non occorre di più: Gesù può farle la dichiarazione decisiva: “Sono io, che parlo con te” (v. 26).
“Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto”: la donna torna in città e rivolge ai samaritani queste parole che indicano la sua gioia per aver incontrato il Cristo. Grazie alla testimonianza della donna, molti samaritani credettero in Gesù. Venuti da lui, lo pregarono di fermarsi con loro. Quando ebbero ascoltato Gesù in persona, molti di più credettero e riconobbero il lui il Salvatore del mondo.
Bibliografia consultata: De la Potterie, 1972; Nason, 2017.