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Religione. Gesù, il Figlio amato che battezza con Spirito Santo

L’esordio pubblico di Gesù (Lc. 3, 15-16.21-22) offre l’unica risposta possibile al mistero dell’incarnazione: il Figlio di Dio si è fatto uomo solo ed esclusivamente per amore. Egli è il Figlio amato (v. 22), colui al quale il Padre ha affidato la missione di redimere l’umanità e di ristabilire il dialogo di amicizia interrotto a causa del peccato.

Le attese di un popolo oppresso

“Poiché il popolo era in attesa” (v. 15). Luca riferisce che una folla numerosa si recava da Giovanni Battista attratta dal suo stile di vita austero e coerente. Le sue parole, inoltre, si lasciavano apprezzare per la fermezza e la disponibilità a indicare a ciascuno la necessità di volgere lo sguardo a Dio, impegnandosi in un’opera di seria conversione. Intanto, cresceva nei suoi confronti l’attesa di un popolo stanco di essere umiliato e vessato dagli oppressori romani. Si vagheggiava la possibilità che un uomo, dall’elevata statura morale e spirituale come Giovanni, potesse guidare la rivolta dei giudei per affrancarsi dal potere imperiale e magari ristabilire l’antico splendore del regno davidico.

La consapevolezza della missione di Giovanni Battista

Le aspettative del popolo sono presto disattese: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (v. 16). Giovanni dichiara con franchezza di non essere lui il Messia atteso. E’ consapevole che la sua missione consiste nell’aprire la strada al Signore che viene; egli non è la via, e ora sa di avere di fronte colui che il Padre ha scelto per adempiere la sua promessa di salvezza. Giovanni battezza con acqua e il suo battesimo è qualitativamente inferiore al battesimo in Spirito Santo e fuoco che sarà impartito da colui che egli definisce come “il più forte”. Inoltre, dichiara di non essere neppure nella condizione di sciogliere il legaccio dei suoi sandali: un gesto riservato nell’antichità allo schiavo di casa incaricato dal suo padrone dell’accoglienza dell’ospite.

Il Figlio generato dall’amore del Padre

“Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (v. 22). Il motivo dell’amore fa da legame con la seconda parte del brano odierno, con il battesimo di Gesù sul fiume Giordano per mano di Giovanni, e dove Gesù è definito come “il Figlio amato”. L’incontro presso le sponde del Giordano conferma la vocazione di Giovanni, che consiste nel camminare innanzi al Signore per aprirgli le strade, e anticipa uno dei tratti tipici della missione di Gesù, vale a dire la solidarietà con il popolo, in particolare con i peccatori, che egli reintegra nella relazione con Dio concedendo il perdono e la possibilità di accedere alla salvezza, preclusa a motivo delle loro colpe.

La preghiera di Gesù

“e Gesù…stava in preghiera” (v. 21). Prima che la voce dal cielo proclami solennemente la sua identità divina, Gesù è ritratto in atteggiamento orante: nel vangelo di Luca la preghiera non rappresenta un’appendice della sua attività pubblica, ma il costante punto di riferimento nel suo dialogo con il Padre, dal quale è stato incaricato di compiere la sua volontà. Così, la preghiera precede le principali tappe del suo ministero come la scelta dei dodici, la confessione di fede a Cesarea, la trasfigurazione sul monte, l’istruzione impartita ai suoi discepoli sull’orazione, la passione e la morte. Allo stesso modo, Luca descriverà la comunità apostolica in preghiera prima di ricevere il dono dello Spirito dall’alto.

L’unzione messianica dal cielo

“…il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba” (vv. 21-22). Il cielo è aperto e lo Spirito Santo discende su di lui: l’evangelista interpreta l’effusione dello Spirito su Gesù nel senso dell’unzione profetica e messianica. Tutti i presenti assistono all’evento che legittima al cospetto del popolo Gesù come l’Unto divino, colui sul quale lo Spirito si posa in forma permanente, sostenendolo nel tempo della prova e del suo cammino di evangelizzazione. L’effusione dello Spirito è paragonata al volo discendente di una colomba, associata all’inizio della rinnovata alleanza stabilita con Noè (Gen. 8, 8-12).

Il Figlio amato

La voce del Padre dal cielo proclama solennemente: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te mi sono compiaciuto” (v. 22). L’aggettivo “amato” evoca la figura di Isacco, il figlio della promessa: la disponibilità di Abramo a eseguire il comando divino è provata dalla sua fedeltà. L’espressione “in te mi sono compiaciuto” riecheggia la figura del Servo sofferente di Isaia (42,1). Nella dichiarazione divina Gesù è presentato come il Figlio di Dio, come già preannunciato dall’angelo (1, 32.35); la sua missione, segnata dall’ostilità e dalla incredulità, rappresenta il compimento delle promesse di salvezza che Dio fedele non ha ritirato al suo popolo Israele.

Nel suo battesimo al Giordano Gesù ha la conferma del senso da dare alla sua missione, quello e non altro: non il fare piazza pulita, non il gridare, il cercare consensi sulle piazze, non lo spezzare la canna incrinata, non lo spegnere lo stoppino della fiamma smorta, ma semplicemente l’opposto, l’opposto che sta all’inizio, quasi fosse una scena originaria di tutto il Vangelo: un Messia battezzato con tutti, che prega. Su quel gesto si aprono i cieli!

Bibliografia consultata: Landi, 2019; Boselli, 2019.

Redazione

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