Religione, i miracoli di Gesù
Alcuni miracoli di Gesù nel brano odierno del Vangelo di Marco nella rubrica settimanale di religione “Din Don Dan”
Miracolo e servizio
Nel vangelo odierno di Marco (1, 29-39), Gesù passa dalla sinagoga alla “casa” di Simone, in compagnia di Giacomo e Giovanni (v. 29), dov’è richiesto un suo intervento taumaturgico (di guarigione): prima verso la suocera di Pietro e poi verso i numerosi malati che gli portano da fuori. L’abitazione di Pietro inizia a diventare un luogo di guarigione, di insegnamento e di ricerca di Gesù da parte della folla. A differenza della sinagoga, che in Marco appare come l’ambiente della diffidenza e del rifiuto nei confronti di Gesù, la casa ha una valenza positiva: è lo spazio dell’intimità, dell’accoglienza, dell’annuncio rivolto ai discepoli e del suo agire messianico.
Nella prima scena Marco racconta che la “suocera” di Simone, era in uno stato di prostrazione rivelandone anche la causa, “con la febbre” (v. 30), che impedisce ogni tipo di attività e in particolare il servizio agli altri. La situazione della donna è presentata a Gesù senza menzionare né il nome di lei né quello di coloro che lo informano. L’azione di Gesù avviene nel silenzio: “egli avvicinatosi la sollevò prendendola per mano e la febbre la lasciò” (v. 31). Gesù si avvicina e la fa “alzare” (risorgere!) prendendola per mano: il gesto di prendere la mano comunica la forza (dinamis=potenza) della sua vita alla persona e la rialza (la fa risorgere!).
Un servizio fatto per amore e adesione a Gesù
“La febbre la lasciò ed ella li serviva” (v. 32): la “risposta” della donna è notevole: la guarigione è talmente piena che si mette a servire. Il servizio a tutti i membri della comunità (“casa”) è la caratteristica della sequela di Gesù e della presenza del suo Regno nella storia umana. Il verbo servire (diakoneo) e il termine servitore (diakonos) denotano già in Marco un servizio fatto per amore, per affetto e adesione a Gesù, e caratterizzano un servire che viene fatto all’interno della comunità.
Nella seconda scena di guarigione, Marco fa delle precisazioni preziose: “Venuta la sera, dopo il tramonto del sole gli portavano tutti i malati e gli indemoniati” (v. 32). La novità è che ora è la “folla” della città di Cafarnao che si raduna davanti alla casa e porta gli ammalati a Gesù. L’evangelista ci narra come Gesù cura i malati e libera diversi indemoniati, non permettendo loro di parlare perché “sapevano di lui” (v. 34), cioè conoscevano bene la sua identità. L’ordine di tacere è dato da Gesù perché in questa fase la comunicazione della sua identità e del suo potere di compiere miracoli potrebbero suscitare fraintendimenti sulla sua identità e missione.
Preghiera e missione
Gesù esce al mattino quando è ancora buio e va fuori dalla città, in un luogo disabitato, e là “pregava” (v. 35). L’atteggiamento “orante” di Gesù evidenzia la relazione del Figlio con Dio Padre, come anche negli altri vangeli. In Marco il pregare di Gesù scandisce i momenti di passaggio della sua vita e della sua missione. Qui la preghiera porta alla decisione che Gesù, con fermezza, comunica ai suoi discepoli. Alla loro affermazione: “Tutti ti cercano” (v. 37) egli risponde: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là, per questo infatti sono venuto” (v. 38).
La preghiera è così all’origine della missione, espressione del suo libero amore per portare il Vangelo di Dio. Al desiderio di “tutti” che torni a Cafarnao, Gesù rivela la sua decisione maturata nella preghiera, comunicata ai discepoli, di continuare il suo itinerario, e invita i suoi ad andare con lui. Si tratta di brani che nella loro bellezza mostrano la fedeltà di Gesù al Padre e la difficoltà che sperimentano sia i suoi seguaci, sia le altre persone nel cambiare le proprie categorie.
Deve far riflettere la “pedagogia” del Maestro, che alza il livello del suo annuncio e della richiesta in merito alla nostra risposta nei suoi confronti. In Gesù c’è qualcosa che va oltre, un mistero che affascina e porta le persone a cercarlo. Lui prega, decide di sottrarsi all’entusiasmo delle folle: l’itinerario di rivelazione è solo cominciato. Chi è Gesù e perché ci ama in modo così inimmaginabile, da accompagnarci nella scoperta graduale e paziente di sé, fino all’incontro personale con lui come figli nel Figlio?
Collaborare con Gesù: prendersi cura, pregare, servire, annunciare
In questo brano biblico osserviamo una progressione sul significato della preghiera e della missione di Gesù, che ci coinvolge nello stesso movimento e ci attrae nel cercarlo. Pregare significa incontrare Gesù, “parlare a lui” di coloro che stanno male, che hanno bisogno di essere liberati dalle malattie. Gesù si avvicina e si lascia avvicinare anche se noi dobbiamo cercarlo, come gli apostoli e la folla di Cafarnao, per incontrarlo con la debolezza della malattia, insieme alle persone che abbiamo come compagni/e di viaggio, consapevoli che egli ci può aiutare come nostro fratello e Figlio di Dio.
Il mistero dell’incontro tra Gesù e la suocera di Pietro malata di febbre diventa ricchissimo, perché questa donna è simbolo di tutta l’umanità nella “febbre” che la tormenta. La donna guarita si identifica con Gesù, come colui che “non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la vita in riscatto per molti” (10, 45). Questa guarigione di Gesù ci porta verso il riconoscimento della sua identità più profonda e la sua missione più vasta. Come discepoli di Cristo occorre interrogarci su come oggi possiamo prenderci cura dei malati, servire, pregare e annunciare così come Gesù stesso e gli altri protagonisti hanno fatto. La mediazione è l’elemento caratteristico dei racconti di guarigione. I presenti conducono i malati: il loro anonimato è importante, mostra il loro lavoro silenzioso e anche una chiamata per noi a fare lo stesso. Si diventa tutti “collaboratori” della sua missione, perché questo modo di servire è lo scopo per il quale Gesù è venuto ed è la sorgente della vita piena.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Mazzeo, 2021.