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Religione, il primo giorno della settimana

Luca (24, 1-12), come gli altri evangelisti, attesta che Gesù è risorto nel primo giorno della settimana, cioè il primo giorno dopo il sabato. Per la Scrittura quel giorno evoca l’inizio (“In principio” e “primo giorno”) dell’atto creativo di Dio: “Sia la luce” (Gen. 1, 3-5). La risurrezione ha segnato la nascita di una nuova creazione di cui Cristo è il primogenito. Risuscitandolo nel “primo giorno dopo il sabato”, Dio ha sconfitto le tenebre della morte, regalando al mondo l’aurora di un nuovo mattino. Il primo “giorno dopo il sabato” è anche il giorno dopo il settimo, cioè l’ottavo, quel giorno al di fuori del computo settimanale del tempo che preannuncia l’ingresso nell’eternità. Nell’ottavo giorno l’eternità torna accessibile per l’uomo e il giorno di Dio entra nelle notti della storia.

“Perché cercate tra i morti colui che è vivo” (v. 5)

Le prime testimoni di questo nuovo giorno sono le donne che si recano al sepolcro “di buon mattino”. In questo giorno accade qualcosa di straordinario che rimette in discussione i progetti e le attese delle donne, recatesi al sepolcro per imbalsamare il corpo di Gesù. Si aspettano di trovare un morto sigillato in una tomba e, invece, il sepolcro è aperto e non c’è il corpo di Gesù. Quella pietra è stata definitivamente rimossa dal sepolcro. Le donne non comprendono: sono incerte e si domandano il senso di ciò che vedono. Il loro volto è reclinato verso terra: uno “sguardo basso” che non riesce a cogliere la portata della vicenda.

Per loro la tomba vuota è un enigma; occorre che qualcuno le aiuti a cogliere il senso di ciò che vedono, interpretandolo come segno della risurrezione di Gesù. A farlo sono “due uomini che si presentano a loro in abito sfolgorante” (v. 4). Essi ricordano loro le parole pronunciate da Gesù in Galilea sul suo destino di morte e risurrezione. Tale ricordo (anamnesi) serve alle donne per interpretare il segno della tomba vuota e attiva in loro la sollecitudine dell’annuncio (v. 9). Come nelle apparizioni del Risorto, tra il vedere e il riconoscere e tra lo stupore tinto di perplessità e la sollecitudine della testimonianza, c’è un intervento chiarificatore in cui si esprime l’invito a ricordare le parole di Gesù e le Scritture.

Solo al termine di un percorso se ne percepisce il senso complessivo: solo ora le donne, come gli altri discepoli, sono in grado di comprendere la coerenza di un itinerario che doveva passare attraverso la passione. Perché ciò avvenga, ieri come oggi, è necessario che qualcuno, come i due uomini in vesti sfolgoranti, faccia chiarezza con l’aiuto della parola di Gesù. L’annuncio scaturisce, infatti, dalla comprensione profonda dell’evento che, per le donne, si attua grazie alle spiegazioni di questi due uomini che le aiutano a fare memoria e a riconciliarsi con lo scandalo della croce.

Risuscitare la memoria

Il sepolcro nuovo in cui Gesù è stato deposto è un monumento commemorativo, una tomba come tante altre, attraverso cui l’uomo cerca di trattenere il ricordo della vita. Il desiderio delle donne di ungere il corpo di Gesù denota la loro venerazione nei suoi confronti, ma anche un atteggiamento nostalgico di ripiegamento sul passato. Quando non si è più capaci di far vivere il passato, a volte si tenta di ritornarvi, rimpiangendo i “bei tempi andati” e le sicurezze perdute.

Per capire il mistero che si dischiude nel sepolcro occorre un altro modo di ricordare: “Ricordatevi come vi parlò” (v. 6). Per comprendere, le donne devono ricordare le parole del Maestro e riconoscere che non si può cercare tra i morti colui che è vivo: il Gesù che hanno conosciuto non è perduto nel passato, ma vive nel presente ed è la pienezza del futuro. In lui si può fare memoria senza nostalgia e ricordare con gioia, vedendo il passato ancor più presente. E’ ciò che la Chiesa sperimenta ogni volta che celebra l’eucaristia: fa “anamnesi”, memoria, cioè ricorda ogni cosa in relazione alla sua Pasqua. Ciò che si ricorda non cade nell’oblio, perché innestato nell’amore che rimane, cioè nell’eterna memoria di Dio: volti, idee, parole, gesti, tradizioni, immagini si rendono presenti in modo vivido, poiché già partecipano della vita di Dio.

“Bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato” (v. 7)

L’intervento dei due uomini in vesti sfolgoranti è risolutivo: quello che è avvenuto “bisognava” che accadesse. La croce non è stata un incidente di percorso che ha confutato la coerenza dei piani di Dio, poiché anche il fallimento del Cristo rientra nell’orizzonte salvifico da lui prestabilito. Ne è prova  il fatto che egli lo abbia preannunciato quale esito del proprio itinerario. Gesù percepisce in anticipo il proprio rifiuto da parte degli uomini come vertice necessario di una missione prestabilita da Dio, assumendola come occasione in cui abbracciare liberamente e incondizionatamente la volontà del Padre. Lo rivela in modo esemplare la preghiera di Gesù nell’orto degli Ulivi: “Non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (22, 42). Le parole dei due uomini, annunciando alle donne che Gesù è risorto, fanno risorgere la loro memoria, perché colgano il senso profondo della morte di Gesù come dono supremo d’amore per loro.

Chi sono questi due uomini?

L’evangelista è reticente sulla loro identità: nel racconto sconsolato dei discepoli di Emmaus vengono identificati come angeli. Essi richiamano pure i “due uomini” apparsi durante la Trasfigurazione e prefigurano i “due uomini” menzionati all’inizio del libro degli “Atti degli Apostoli” nel racconto dell’Ascensione. Certamente, Mosè e Elia, quali figure che hanno percorso un itinerario di rifiuto e glorificazione simile a quello del Cristo, sono gli esponenti più qualificati per ricordare alle donne il mistero dell’ “esodo” di Gesù, cioè che egli doveva essere consegnato in mano ai peccatori, essere crocifisso e risorgere il terzo giorno. Dopo aver incontrato i due uomini, le donne si recano ad annunziare l’accaduto agli apostoli: in esse vediamo tutti coloro che nella Chiesa sono testimoni della risurrezione di Gesù.                                                              

Bibliografia consultata: Rossi, 2019.

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