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Religione, il ritorno del Figlio dell’Uomo: l’Avvento

“Vegliate in ogni momento pregando…” (Lc. 21, 36): l’appello alla vigilanza scandisce sistematicamente il cammino liturgico dell’Avvento, e pone l’accento su una dimensione costitutiva del cristiano: redento dall’amore di Cristo, incarnato e crocifisso, egli vive il tempo presente con lo sguardo proteso verso l’alto, in attesa del Signore che verrà alla fine dei giorni. 

Il testo di Luca scelto per la prima domenica di Avvento (Lc. 21, 25-28. 34-36) è parte integrante del discorso pronunciato da Gesù all’interno del tempio di Gerusalemme prima dell’inizio della sua passione. Il brano isola due passaggi rilevanti: i segni che precedono il ritorno finale del Figlio dell’uomo e l’appello alla vigilanza.

Lo stravolgimento finale

Dalla profezia dell’assedio e della distruzione di Gerusalemme, Gesù passa a descrivere lo scenario che precederà il suo ritorno glorioso. “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli saranno sconvolte” (vv. 25-26). Allo sconvolgimento che turba l’assetto del sole, della luna e delle stelle, corrisponde l’effetto che esso provoca tra gli uomini con l’ansia, l’angoscia e la paura che creano instabilità e possono rivelarsi letali.

L’avvento del Figlio dell’uomo

Nei vangeli è ampiamente documentato l’uso, da parte di Gesù, della figura del Figlio dell’uomo per designare in maniera esclusiva se stesso, in qualità di Ultimo inviato del Padre. Nel nostro brano è descritto mentre avanza sulle nubi, a indicare che la potenza e la gloria che lo accompagnano non sono di origine umana ma divina: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria” (v. 27).

La liberazione è vicina

La reazione che accompagnerà il ritorno del Figlio dell’uomo sulla terra da parte dei suoi discepoli non sarà di angoscia e di paura: aver perseverato nella fede sarà per loro pegno di salvezza. Essi sono invitati a levare in alto lo sguardo, senza timore, perché possono confidare in Colui che hanno servito tra le prove e le tribolazioni, e giunge nel tempo stabilito per donare loro la liberazione. Al suo ritorno glorioso, il Cristo riscatterà (il significato del termine greco “liberazione”) i suoi credenti dalla persecuzione dei suoi nemici, sottraendoli all’ostilità patita a causa del suo nome.

La vigilanza del cuore

Non è dato conoscere il tempo in cui si realizzerà il giudizio finale. Per questa ragione, Gesù esorta i suoi discepoli a non cedere alla tentazione di una vita improntata agli eccessi e alla dissipazione, appiattita sulla ricerca affannosa dei beni materiali. Secondo la mentalità biblica, il cuore è la sede deputata al discernimento e alla scelta: vigilare su di esso perseverando nell’adesione di fede consentirà al credente di non lasciarsi sorprendere all’improvviso dal giorno finale. “Come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra” (v. 35): l’immagine del laccio che si abbatterà su tutti gli abitanti della terra esprime la consapevolezza che nessuno potrà sottrarsi al giudizio.

Vegliare nella preghiera

L’atteggiamento che si addice al discepolo è quello della sentinella, che vigila di giorno e di notte al suo posto, con il compito di scrutare l’orizzonte e di avvertire l’arrivo del giorno o l’approssimarsi del nemico. Ciò che dà senso alla vigilanza è la preghiera, che introduce alla comunione spirituale con Dio. Nel suo racconto evangelico Luca ritrae sovente Gesù in preghiera, evidenziandone la dimensione unitiva con il Padre. La preghiera deve essere costante e perseverante, perché il dialogo sincero e umile con Dio consente di trovare riparo nel giorno del giudizio per comparire senza timore alla presenza del giusto e misericordioso Figlio dell’uomo.

L’evangelista Luca ci richiama alla speranza: “Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. E’ solo alzando il capo che riusciamo a vedere, dentro il marasma del tempo presente, i volti della speranza. Proviamo a decifrare e a incontrare alcuni volti attuali della speranza.

Nel vortice degli interessi personali difesi e promossi selvaggiamente, ci sono persone che ancora sanno donare la vita, fino al sangue magari, per la vita altrui; accanto a tanti battezzati che si allontanano da Dio e dalla pratica religiosa, ci sono giovani che nel volontariato si spendono per gli altri, rischiando la vita; mentre tanti cristiani scelgono solo di criticare le proprie comunità cristiane, c’è ancora chi sceglie di servire con impegno e discrezione la propria comunità. E’ importante che ognuno di noi porga la mano a questa piccola sorella (Peguy) che è la speranza, perché diventi medicina per il nostro mondo malato.                                                      

Bibliografia consultata: Landi, 2018; Boselli, 2018.

Redazione

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