Religione, In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete
di Il capocordata
Anche la 3^ domenica di Avvento pone al centro la figura di Giovanni Battista, che sulle rive del Giordano chiama Israele a conversione amministrando un battesimo come rito unico e definitivo, che prevedeva l’immersione nel fiume, chiedeva la conversione in vista del giudizio imminente e la richiesta a Dio del perdono dei peccati per predisporre i cuori ad attendere e ad accogliere il messia. A motivo della esiguità del testo di Marco, la liturgia, in questo anno B, prende in prestito un testo del quarto vangelo (Gv. 1, 6-8.19-28).
Il quarto evangelista preferisce caratterizzare la figura di Giovanni ricordando la sua missione di ultimo profeta “mandato da Dio” (v. 6), il cui compito si concentra nel far conoscere Gesù a Israele. Si tratta di una missione così importante che già nel prologo (introduzione), egli viene chiamato due volte come “testimone” (vv. 7. 8). Le parole “testimone” e “rendere testimonianza” costituiscono nozioni chiave della teologia dell’evangelista Giovanni. Solo chi ha ricevuto il dono dello Spirito come Giovanni Battista (Gv. 1, 32-34) ha occhi per vedere la luce e rendere testimonianza al Figlio di Dio (1, 34).
Giovanni è il testimone della luce (v. 7)
Può la luce aver bisogno di un testimone? Essa non si mostra da sé? In questa pagina evangelica la luce può essere paragonata a un tesoro nascosto, che per rivelare il suo valore deve essere prima scoperto; oppure a una sorgente luminosa che può diffondere il suo splendore solo se qualcuno rimuove eventuali barriere o schermature. Gesù è una luce che risplende nel nascondimento (la sua umanità) e il compito di Giovanni è di renderlo accessibile rivelandone la peculiare identità, quella di luce, di unica vera luce che illumina gli uomini.
La sua testimonianza, tuttavia, non ha nulla della prova che si impone con metodi argomentativi e per vie razionali, ma diviene certezza solo per quanti si lasciano coinvolgere personalmente compiendo il passo della fede: tutti devono credere per mezzo di lui. Giovanni è quindi una voce-guida che ha il compito di illustrare all’umanità la via definitiva, quella del Battesimo nello Spirito e non solo nell’acqua, di preparare ciò che il vero e unico Rivelatore dirà.
Dopo la dichiarazione programmatica di Giovanni come testimone della luce, segue la sua testimonianza storica che l’evangelista articola in tre giornate corrispondenti a tre tappe. Il nostro testo descrive la testimonianza data alla delegazione ufficiale inviata dai Giudei: qui troviamo il confronto drammatico e giuridico fra colui che vuol portare Israele alla fede in Gesù e una rappresentanza della leadership (il potere) religiosa dei Giudei.
Il battesimo di Giovanni
Il suo battesimo nel fiume Giordano risultava una iniziativa inconsueta rispetto alle ripetute e ordinarie abluzioni di purificazione praticate nella tradizione giudaica. Se Giovanni amministrava il battesimo come un atto che dava inizio alla salvezza definitiva, ciò esigeva una rigorosa verifica da parte delle autorità, perché un tale gesto non poteva essere compiuto se non dal Messia, il salvatore definitivo inviato da Dio. E’ questa la domanda che gli viene posta da una delegazione giunta da Gerusalemme, composta da sacerdoti e leviti che da Gerusalemme scendono al Giordano: “Tu chi sei?” (v. 19). Il testo sottolinea che i mandanti della delegazione sono “Giudei” (v. 19), e in particolare “i farisei” (v. 24), categorie che nello sviluppo letterario e teologico del quarto vangelo svolgeranno un ruolo polemico nei confronti di Gesù.
L’inchiesta dei delegati e la risposta testimoniale di Giovanni mettono a fuoco tre aspetti: chi egli non è, chi egli è e chi verrà dopo di lui. Il tono usato per l’interrogazione non fa pensare a un confronto dialogico, quanto piuttosto a una raccolta di prove per un processo. Si legge, dietro l’episodio, un’intenzione ostile delle autorità, forse dettata dal timore di perdere il controllo della situazione. Da parte di Giovanni abbiamo tre risposte negative, sempre più secche e decise. “E confessò, e non negò, e confessò” (v. 20): una ripetizione insolita, che vuol sottolineare la solenne proclamazione ufficiale fatta da Giovanni, che consiste in tre negazioni.
Egli dichiara in modo deciso: “Io non sono il Cristo” (v. 20), il che fa supporre che su questa presunta identità circolassero delle ipotesi, soprattutto a livello popolare. Non era stata fatta questa domanda e tuttavia era implicita nel suo battesimo di penitenza: egli del resto aveva riscosso tanto successo e suscitato seguaci. Giovanni esclude pure di essere Elia: “Sei tu Elia? Non lo sono, disse”(v. 21). Elia era stato il profeta rapito su un carro di fuoco e atteso per i tempi definitivi, secondo la profezia di Malachia (3, 1.23), molto viva anche al tempo di Gesù. Il precursore nega pure di essere il profeta:”Sei tu il profeta? No, rispose” (v.21). Verosimilmente i delegati alludono al profeta del quale parla il libro del Deuteronomio (18, 15.18), una specie di Mosè redivivo che pure era oggetto di attese. Con queste tre risposte Giovanni esclude di essere il salvatore atteso per gli ultimi tempi.
L’identità di Giovanni
Alla domanda “Chi sei?” (v.22) Giovanni dichiara la propria identità mediante un testo profetico (Is. 40, 3): egli è “voce che grida nel deserto” (v. 23) per preparare la via di Gesù. “Perché battezzi se non sei né il Cristo, né Elia, né il profeta?” (v. 25). Il suo battesimo ha carattere soltanto preparatorio: consiste nell’annunciare la venuta del Signore ed esortare gli israeliti a disporsi per la sua accoglienza. A proposito del personaggio che annuncia egli dichiara che è già in mezzo a loro, anche se essi non lo riconoscono, una mancanza di conoscenza che va interpretata alla luce della teoria popolare del messia nascosto. Giovanni rivela inoltre che tale è la dignità di questo personaggio e lui stesso non si reputa degno di prestargli il più umile servizio da schiavo.
Bibliografia consultata: Ferrari, 2017.