In questo brano (Mt. 28, 16-20), scelto per la festa della Santissima Trinità, Gesù, dopo aver proclamato la sua investitura a Signore di tutta la creazione (“A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra” v. 18), non dà ordine di annunciare il Vangelo, ma di rendere tutte le nazioni “discepole”: “Andate dunque a fate discepoli tutti i popoli” (v. 19). Non è più questione di primo annuncio (chérigma), ma di un passo successivo: il battesimo, l’insegnamento (catechesi): “battezzandoli…insegnando loro…” (vv. 19-20). Quasi che il primo annuncio, con il suo mistero pasquale (Cristo è risorto!), sia già un fatto compiuto. Effettivamente Cristo ormai già riempie di sé completamente tutte le cose, ne è il Signore; e la Chiesa è la sua pienezza, il luogo della piena manifestazione della sua signoria.
Si tratta quindi semplicemente di ammaestrare, di far crescere quella sua presenza già in atto. Ammaestrare “battezzando”: non solo in senso tecnico, con il sacramento, ma anche in senso generale, “immergendo” nel mare d’amore divino in cui la Trinità sempre sgorga e sempre rifluisce. “Insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” : comprendiamo l’importanza attribuita all’impegno di coltivare le Parole date dal Maestro, perché nella comunione attorno a esse, nella loro osservanza, cresce l’esperienza della vita e della beatitudine divina.
Quando Gesù dice: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (18, 20), egli unifica in sé la sua Presenza e la Gloria di Dio (la dimora di Dio tra gli uomini: Shekinah). Così siamo aiutati a vedere come il Cristo sia davvero il “Dio con noi”: la visibilità del Padre, la sorgente dello Spirito. Cristo si rivela come la Porta e la Scala attraverso la quale Dio discende verso gli uomini e gli uomini salgono verso Dio. Dare a Gesù il nome di Emmanuele è un tutt’uno con il lasciarsi rapire da lui, come sul carro di Elia, nel vortice ascendente dello Spirito che porta fino a Dio: cavalli a carri di fuoco. Il nostro Dio è un fuoco divorante (Eb. 12, 29).
E in verità l’esperienza a cui conduce la sua Parola per eccellenza, il suo comandamento nuovo, che chiede di donarci gli uni gli altri la Vita, la conoscenza di Dio che è in noi, è proprio quella di un perdersi reciproco, analogo a quello vissuto dal Maestro, nel quale Dio si insedia e si fa conoscere, insaziabilmente assaporare. Un assaggio di vita divina, di Paradiso. Del resto, il mediatore tra Dio e gli uomini non può che essere Dio, altrimenti non conoscerebbe davvero Colui di cui è mediatore; e come Dio non può non essere Uno con lui, altrimenti vi sarebbero due dèi, l’uno dall’altro limitati, decaduti dall’infinito che si addice a una natura che voglia dirsi divina.
Mediante il battesimo partecipiamo alla morte e alla risurrezione del Signore e veniamo inseriti nella vita divina trinitaria: “Mediante il Battesimo il cristiano partecipa alla grazia di Cristo, Capo del suo corpo. Noi, come “figli adottivi” di Dio, possiamo chiamare Dio “Padre”, in unione con il “Figlio” unigenito. Riceviamo la vita dello “Spirito Santo” che infonde in noi la carità e forma la Chiesa” (Catechismo della Chiesa Cattolica). Noi cristiani siamo ad immagine della Trinità e, dunque, chiamati alla comunione con Dio e con gli altri uomini. La carità fraterna, infatti, ha la sua sorgente nella vita trinitaria: “Se vedi la carità, vedi la Trinità”, scriveva Sant’Agostino. La prova più forte che siamo fatti a immagine della Trinità è questa: solo l’amore ci rende felici, perché viviamo in relazione per amare e viviamo per essere amati (Benedetto XVI).
Adoro Te, Padre, origine e fonte di ogni cosa, Creatore e Signore delle cose visibili e invisibili. Adoro Te, Gesù Cristo, figlio di Maria e del Padre celeste, che hai lasciato la gloria della Trinità per abitare in mezzo a noi, per noi uomini e per la nostra salvezza. Adoro Te, Spirito Santo, grembo fecondo di Dio, fornace d’amore e abbraccio tra il Padre e il Figlio, che fai del grembo di Maria la più bella cattedrale della storia.
Padre Santo, Dio prima di me, sicurezza che dona consistenza ai miei deboli propositi, non mi escludere dal numero dei tuoi figli. Figlio Prediletto, Parola che mi accompagna, resta con me perché si fa sera e il giorno già volge al declino. Spirito Santo, fantasia mai consumata di Dio che entri negli uomini e li trasformi in santi e amici di Dio.
Padre Santo, origine della grazia del Battesimo in cui sono divenuto figlio adottivo, dammi di vivere come figlio in cui Tu possa compiacerti. Cristo Gesù, grazia dell’Eucaristia che si fa Parola e Pane per il cammino di ogni giorno, accompagnami in ogni passaggio difficile e fa che io sia trasformato in ciò che mangio, diventandoti somigliante. Spirito Santo, grazia della Cresima, rendimi testimone fino al sangue, e donami creatività per tradurre nei linguaggi di oggi la gioia del Vangelo. Amen.
Bibliografia consultata: Tosolini, 2018; Aiello, 2018.
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