Religione, L’insegnamento autorevole di Gesù
di Il capocordata
Secondo il racconto di Marco (Mc. 1, 21-28), immediatamente dopo la chiamata dei primi quattro apostoli, Gesù verosimilmente prosegue lungo il mare o sulla strada finché entra a Cafarnao, dove aveva stabilito la sua residenza, nella casa di Pietro. Cafarnao, il cui nome significa “villaggio della consolazione”, sulla via che collegava la Siria e l’Egitto e non lontano dalla capitale del regno di Erode Antipa, Tiberiade, era un ambiente cosmopolita, con una presenza militare romana. Forse passano alcuni giorni prima che venga il sabato in cui entra nella sinagoga di Cafarnao a insegnare: “Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava” (v. 21).
Nel testo oggi proposto non c’è accenno alla liturgia sinagogale (cfr. Lc. 4, 16-21); sembra che Gesù semplicemente approfitti della possibilità di usare gli ambienti di culto per far conoscere il suo messaggio. La reazione degli ascoltatori è di stupore: “Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi” (v. 22). L’evangelista Marco si incarica di spiegarne la ragione ai lettori: l’insegnamento di Gesù viene impartito con autorità, a differenza delle opinioni degli scribi, i quali si rifacevano ad altri maestri, o a tradizioni, e non alla propria esperienza e conoscenza diretta di quanto interpretavano. Con questa annotazione sull’autorevolezza di Gesù, l’evangelista Marco vuol far convergere l’attenzione non più tanto sul messaggio, “credete nel Vangelo” (v. 15), quanto sul messaggero, sulla forza che egli possiede a motivo del suo rapporto con quanto insegna.
L’insegnamento autorevole di Gesù
Gesù, subito dopo il primo annuncio (v. 15), aveva chiamato i primi quattro apostoli; anche ora, il suo insegnamento autorevole viene confermato da un duplice fatto: la liberazione di un indemoniato e la reazione delle folle. Per loro mezzo l’evangelista Marco sembra voler comunicare al lettore lo stupore e la paura che le folle provano davanti all’autorità che Gesù mostra sia insegnando che cacciando i demoni. Il brano si conclude con una notazione dell’evangelista sulla diffusione della fama di Gesù in tutta la Galilea, la regione che ha visto il suo primo annuncio: “Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea” (v. 14).
Al pari del brano precedente, anche nel nostro racconto l’attenzione dell’evangelista Marco si concentra sulla parola potente di Gesù. Come dopo avere annunciato il Vangelo, la sua parola attira quattro discepoli a lasciare tutto e a seguirlo, così nel brano odierno, dopo il suo insegnamento, la parola del Maestro ha un effetto di salvezza e liberazione su un indemoniato. Effetto che viene moltiplicato dal diffondersi della notizia di questi eventi per tutta al Galilea. La fama di Gesù trasmette speranza.
Inoltre, con questo brano (1, 21-28) l’evangelista comincia a presentare quanto Gesù è solito fare tipicamente durante una giornata della sua attività pubblica: predicare, scacciare i demoni, guarire i malati. Facendo parlare la folla, l’evangelista mette in evidenza che la parola potente di Gesù lo rivela come profeta, dotato di una autorità proveniente direttamente da Dio: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!” (v. 27). Ma la folla proclama nuova la sua dottrina, ponendolo così fin dall’inizio oltre Mosè, confermando le sua prime parole sull’avvento della promessa (Regno) di Dio e il suo conseguente invito alla conversione e a credere nel vangelo (cfr. v. 15).
La guarigione dell’indemoniato
Narrando la guarigione dell’indemoniato come la prima delle opere taumaturgiche (miracolose) di Gesù, l’evangelista Marco vuole mettere in evidenza che egli è venuto per abbattere il regno di satana e per istaurare il regno di Dio. “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? (v. 24). Il diavolo lancia una sfida a Gesù e anche una velata accusa di usurpazione. Inoltre, sfodera contro Cristo l’arma della sua conoscenza astuta e vuota, disperante: la conoscenza del serpente, che però sta all’inferno: “Io so chi tu sei: il santo di Dio!” (v. 24). E’ la prima affermazione su Gesù fatta da uno dei personaggi del racconto, simmetrica in qualche modo a quella del centurione sotto la croce (Mc. 15, 39). Il percorso tra le due affermazioni è il percorso da una notizia ostile alla confessione obbediente, percorso che il vangelo rende possibile ripresentando la venuta del Signore, la sua progressiva auto rivelazione fino allo splendore della croce. Al demonio che gli rivela l’identità, Gesù risponde imponendo il silenzio e la fine, sia delle parole che della presenza: “Taci! Esci da lui!” (v. 25). Il diavolo se ne deve andare. Il regno di Dio comincia a configurarsi come spazio libero dagli influssi del male, avvolto dalla presenza vincente del Santo di Dio.
La reazione delle folle
“Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!” (v. 27). Questo profeta si confronta e vince il male ultimo, Satana, cosa impossibile agli antichi profeti, che superavano semplicemente ostacoli umani e storici. La battaglia di parole e gesti che esplode in sinagoga a Cafarnao si mostra come esempio non solo del Vangelo, ma di tutta la storia: sono venuto a portare la spada (Mt. 10, 34). Battaglia per una prevalenza di parole, per l’istaurarsi di una presenza. Le parole di Gesù istaurano la presenza di Dio. Esse liberano e chiamano a seguire il Maestro, rendendo visibile il Regno di Dio, a cui si accede mediante il cambiamento della mente e del cuore.
Bibliografia consultata: Tosolini, 2018.