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Religione, la Chiesa vive nello Spirito Santo

“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti…e il Padre vi darà un altro Paraclito” (Gv. 14, 15-26). Chi ama Gesù osserverà la sua parola: osservare la Parola, cioè il logos di Gesù, significa accogliere lui quale Logos-parola di Dio incarnata, ovvero il suo mistero e la missione d’amore che ha ricevuto dal Padre. Accogliere il comandamento di Gesù è accogliere lui come Parola inviata dal Padre, amando come egli ha amato, cioè con l’amore con cui egli ha amato. Amare Gesù e osservare il suo comando è dunque far giungere al mondo l’amore con cui il Figlio è amato dal Padre, poiché l’amore con cui il Padre lo ha amato, egli lo ha riversato su di noi, amandoci come il Padre ha amato lui.

Non è possibile, tuttavia, far “circolare” questo amore senza una prassi di vita corrispondente, cioè senza osservare con creatività quella pluralità di parole e di comandamenti in cui si sostanzia l’unico comandamento che è la Parola di vita consegnata agli uomini da parte del Padre per mezzo del Logos. Non si può dunque osservare il comandamento di Gesù senza osservare i suoi comandamenti, né accogliere il Logos-Parola senza ascoltare le sue parole in ogni singola circostanza di vita, dando un “tratto storico” all’osservanza del Logos.

Un altro Paraclito

L’osservanza della parola di Gesù è la condizione di possibilità per ricevere il dono del Paraclito, per mezzo del quale il Padre e il Figlio prendono dimora presso il credente. Egli consentirà ai discepoli di penetrare il senso delle parole di Gesù, riportandole alla loro memoria e insegnando loro ogni cosa. Le “funzioni” dello Spirito Santo sono strettamente legate al Figlio, giacché egli è inviato per consentire un’adesione sempre più piena a lui. Non è il successore del Figlio, ma colui attraverso cui il Figlio continua a rendersi presente: colui che è il “primo Paraclito”, il Figlio, ritornando al Padre, chiama la venuta di un “altro Paraclito”, lo Spirito Santo, inviato dal Padre nel nome del Figlio. Come dice il titolo, egli è parà-kletos, cioè “chiamato presso” il credente. La promessa biblica di Dio di essere per sempre con l’uomo si realizza per mezzo dell’inabitazione del Paraclito, che si attua nel credente con la Pasqua del Figlio. Con il ritorno del Figlio al Padre, quello Spirito che, durante la sua vita terrena, era rimasto “presso” i discepoli attraverso la persona di Gesù, viene effuso su di loro ed entra “in loro”.

Tutto il vangelo di Giovanni è attraversato da questa immagine: lo Spirito si è posato sul Figlio ed è rimasto su di lui e in lui. Prima della Pasqua, dunque, lo Spirito inabita solo l’umanità del Figlio e, attraverso di lui e il suo operato, dimora presso i discepoli. Poi, a partire dalla Pasqua, sarà anche “in” loro, poiché, morendo, dalla croce Gesù dona il suo Spirito e, da risorto, lo effonde sui discepoli. Quel medesimo Spirito che al presente dimora “presso” di loro, penetrerà “in loro” e sarà “con loro” per sempre.

Lo Spirito è il soffio di Dio. Invisibile come il vento, ma come il vento reperibile attraverso la sua azione. Brezza leggera che porta pace o tempesta che sradica il male o la mediocrità, lo Spirito è la forza di Dio che ha fatto sorgere dal nulla l’universo e poi ha fatto sgorgare la vita, è colui che è all’opera tra gli uomini per far nascere l’amore nei cuori che si pongono al suo ascolto. Una forza accanto a noi e in noi.

Questo Spirito ha sostenuto i martiri nella testimonianza resa a Cristo con la loro vita. E’ lo stesso Spirito che ha ispirato ai grandi teologi le parole profonde e sagge per rispondere agli interrogativi dei credenti. E’ lo Spirito che dà forza a tutti quelli che si impegnano per un mondo più giusto, equo e solidale. Ed è sempre lo Spirito che fa sgorgare anche in mezzo alla violenza parole e gesti di pace e di riconciliazione.

Gesù ci domanda di amarlo con un amore che si traduce in azione, osservando la sua parola. Ma senza la forza dello Spirito chi può amare Gesù, rimanendogli fedele? Perché solo lo Spirito è amore: l’amore del Padre e del Figlio fatto persona. E noi possiamo amare veramente solo se lasciamo che lo Spirito venga in noi. La sua voce interiore domanda di essere intesa, la sua forza di essere assecondata, la sua dolcezza di diventare realtà nelle nostre parole e nei nostri gesti.

Vieni, Spirito Santo, tu che sei “il padre dei poveri”. Le nostre comunità sono smarrite e spesso hanno perduto il desiderio di vivere secondo il Vangelo. Apri una breccia nei nostri cuori, liberaci dal torpore e dalla pigrizia, brucia tutto ciò che ingombra la nostra esistenza, ridestaci al gusto della libertà e della generosità. Donaci la grazia dell’essenzialità, infondi in noi un’audacia nuova e portaci sulle strade dei poveri per condividere con loro la speranza di un mondo nuovo.

Vieni, Spirito Santo, “consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima”. Abita i nostri pensieri, brucia ogni tristezza e ogni delusione, suggerisci iniziative nuove di compassione, di misericordia, di fraternità. Suscita in ogni discepolo la gioia di cercare Dio ogni giorno.               

Bibliografia consultata: Rossi, 2019; Laurita, 2019.

Redazione

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