Religione

Religione, le parabole del tesoro nel campo e della perla preziosa

Tre parabole impegnative (Mt. 13, 44-52)

Nelle parabole del tesoro nel campo (v. 44) e della perla preziosa (vv. 45-46) vi sono descritti uomini catturati dal tesoro nel campo e dalla perla di grande valore. Per i due beni sono disposti a vendere tutto. Sono “pazzi” per quel bene. L’esempio proposto da Gesù richiama la tradizione ebraica: Dio è da amare con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Dio merita tutto, come la perla e il tesoro nel campo.

Il primo personaggio è uno che si imbatte in un tesoro, il secondo è un cercatore di perle preziose. Le due condizioni sono molto differenti, come del resto è la vita di ciascuno: c’è chi Dio l’ha incontrato fin da bambino, c’è invece chi ha fatto più fatica, chi è andato inutilmente in cerca di Dio, chi l’ha smarrito. Nella parabola di Gesù i due personaggi, il contadino e il mercante di perle, hanno il merito di “mollare” tutto e di comprare campo e perla. Non temono il passato, non pensano agli interessi che frutteranno se terranno il capitale. Vendono, cioè si spogliano di tutto, perché si innamorano di quell’unico bene. L’immagine è splendida: amare è voce del verbo “perdere”.

Accanto a essa sta l’immagine della terza parabola, la rete che, gettata in mare, raccoglie di tutto, buono e cattivo (vv. 47-50). Essa rimanda alla parabola del buon grano nel campo e della zizzania seminata da un nemico, di notte. Ma non tocca a noi separare. Il giudizio di Dio non deve intimorirci, ma prepararci a essere ciò che Dio vuole che siamo: cercatori, pescatori, gente che trova e sceglie il bene.

Gesù chiede a ciascuno se abbiamo compreso. I discepoli rispondono di “sì”. Se anche noi ci accodiamo alla risposta, dovremmo considerare come il tesoro, la perla e la rete con i pesci siano beni che ci sono dati, non prodotti dalle nostre mani. L’essere in questa vita comporta provare e accogliere il Vangelo, un piccolo seme minacciato dalla zizzania, un tesoro, una perla, una rete che si riempie: l’essenziale è cercarlo, lasciarsi interrogare da esso. Non vergogniamoci di stupirci per ciò che la fede ci fa comprendere. Chiamiamo col proprio nome “male” e “bene”, ma una volta individuato il bene troviamo la forza di compierlo, di farlo crescere, senza mai stancarci. Ci accorgeremo, giorno dopo giorno, che è bello divenire discepoli.

Una parola antica e sempre nuova

Lo scriba, divenuto discepolo, è come un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (v. 52). L’immagine è molto accattivante, ma c’è da chiedersi: che cosa posso estrarre, se ho ostruito l’entrata? Il seme gettato, rischiosamente minacciato dalla zizzania, auspicava che la parola del Signore, seminata con abbondanza, potesse trovare un terreno accogliente. Quel dono, se accolto, è capace di novità. C’è ancora tempo, anche oggi, ogni volta che smetto di far dell’altro per mettermi in ascolto della Parola, se spengo o abbasso il volume delle cose per dare spazio al Signore, allora quella Parola mi cambia.

Con questa disposizione mi piacerebbe riconoscermi almeno in uno dei tre atteggiamenti suggeriti dalle parabole che Gesù ci propone. Nella prima c’è un tesoro nascosto in un campo. La grazia è trovarlo e la prontezza sta nella disponibilità di vendere tutti i propri averi per comperare quel campo. Se Gesù vale, perché no? Se Dio merita, perché attendere? Se la sua Parola è verità, perché dubitare?

La seconda parabola punta, invece, sul cercare. Il mercante che fa delle perle preziose lo scopo della sua vita è il simbolo del credente alla ricerca del vero bene. Certamente il mercante ci ricorda la prontezza nel cercare, la gioia del trovare, lo stupore di poter avere. Anche sullo stupore che genera decisione dovremmo interrogarci. Se tutto ha lo stesso valore, non si saprà mai quale perla vale di più e, se siamo noi uomini a dare valore alle cose, ciascuna avrà un valore molto relativo.

Sensazioni evangeliche

Nascono dal testo evangelico tre sensazioni che possono diventare stile di Vangelo : la sorpresa, la ricerca e l’affidamento.

La sorpresa: il Vangelo mi stimola a essere un uomo che si sorprende, che riesce a comprendere come la sua vita non è tutta programmata, ma c’è posto per la scoperta. Quando si incontra Dio, quando si vive l’amore, quando si vive il perdono, si è davanti a un tesoro nascosto, che ora viene rivelato. Quel tesoro chiede a ciascuno di noi di essere persone che mettono le cose che valgono al primo posto.

La ricerca: il mercante va in cerca di perle preziose. Vedo in me, a volte, una certa superficialità: mi faccio andar bene tutto, mi adeguo a una certa mediocrità che non mi fa onore. Il racconto di Gesù accende l’allarme per chiedermi se, nella mia vita, cerco le cose di valore o meno, se le desidero, o se invece mi adeguo all’andazzo del momento. Il mercante va in cerca di perle preziose finché le trova e proprio perché valgono, sacrifica tutto il suo patrimonio. Ciò che vale, merita sacrificio, impegno, costanza e rinuncia, ma dà anche una grandissima gioia.

L’affidamento: di questo atteggiamento parla l’ultima parabola. Le reti che raccolgono tutto, pesci buoni e cattivi, parlano della necessaria separazione successiva del bene dal male. Gesù racconta le parabole per dirci che è possibile, adesso, essere discepoli. Ciò che conta davanti al bene prezioso è la decisione di sceglierlo. Ciò che vale di più fa dimenticare ciò che vale di meno. Questo è l’atteggiamento spirituale che il vangelo, oggi, ci invita a recuperare.                       

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: D’Agostino, 2020.

Redazione

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