Religione, Memoriale della sua Pasqua: Corpus Domini

di Il capocordata

Il brano del Vangelo (Gv. 6, 51-58) scelto per la festa del Corpus Domini riguarda la seconda parte del cosiddetto discorso sul pane disceso dal cielo pronunciato da Gesù nella sinagoga di Cafarnao. Questo discorso ha evidentemente un contenuto e un contesto eucaristico. Il Signore chiarisce come egli sia il pane disceso dal cielo e che colui che si ciberà di esso avrà la vita eterna. Ora Gesù dichiara che questo pane è la sua stessa carne immolata per la salvezza dell’uomo.

Il dono della vita nel mistero eucaristico.

“Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita” (v. 53). L’utilizzo del verbo “mangiare” è significativo, perché in tutto il capitolo sesto esso indica un rapporto di comunione e di piena adesione alla persona di Gesù. Richiama al dono stesso della vita, fondamento del mistero eucaristico, ma anche della stessa vita cristiana, chiamata così a modellarsi sull’esempio oblativo del Signore. Il tema prevalente di tutto il capitolo viene riassunto nell’”oblazione di Gesù per la salvezza dell’uomo” ed è proprio questa affermazione che suscita la reazione dei giudei. La loro domanda riguarda proprio l’aver compreso che il pane a cui si riferiva Gesù era la sua stessa carne, per cui gli uditori rimangono perplessi dinanzi a questa dichiarazione, anche per il fatto che essi avevano compreso in senso puramente materiale quello che il Signore aveva affermato. I giudei non possono accettare che la salvezza di Israele sia determinata dalla persona di Gesù. In questo rifiuto troviamo due fondamentali “no” di fronte al mistero eucaristico: il primo riguarda la stessa incarnazione del Figlio di Dio e parimenti il fatto che Gesù possa essere la fonte della salvezza e della vita per l’uomo a cui ci si deve abbeverare per essere salvati. Anche nell’attuale contesto socio-culturale è facile trovare lo stesso rifiuto, magari è facile trovare una certa simpatia per la persona e il messaggio di Cristo, ma dinanzi al mistero eucaristico permangono le stesse perplessità nel riconoscere in lui la reale incarnazione di Dio, presente ora personalmente e sostanzialmente nelle specie del pane e del vino, e della salvezza che scaturisce come culmine e fonte della vita della chiesa dalla stessa eucaristia. Purtroppo anche nella stessa vita ecclesiale non poche volte si riscontra la stessa perplessità, perché la potenza dell’incontro con il Risorto nella sua presenza eucaristica stenta ad essere vissuta nella sua pienezza, riducendosi spesso all’adempimento di un precetto, senza cogliere la bellezza di un incontro che salva.

Reciprocità di relazioni nell’eucaristia.

“Chi mangia questo pane vivrà in eterno” (v. 58). La risposta di Gesù è chiara ed esplicita: l’alimento del pane della vita non è soltanto una possibilità di salvezza, ma è il necessario nutrimento per avere la vita. Egli ovviamente chiarisce che non si parla del suo corpo fisico, ma della pienezza di comunione con lui, con il Figlio dell’uomo, il Risorto. Nel dono del mistero pasquale, in cui il Signore dona se stesso per la salvezza del mondo, reso vivo e attuale qui e ora nell’eucaristia, si ha dunque la capacità di entrare in relazione e di assimilare la stessa vita del Figlio. Come infatti è necessario il cibo del pane materiale perché il corpo non perisca e il bere perché non si disidrati, così per entrare nella vita eterna è necessario nutrirsi di Cristo attraverso il dono dell’eucaristia. Attraverso quest’alimento si instaura poi una relazione di reciprocità per cui Cristo stesso prende dimora in chi lo riceve il quale, contemporaneamente, trova dimora in lui. In questo modo l’eucaristia annulla la distanza tra noi e il Signore, perché nel pane vivo disceso dal cielo siamo assimilati a lui ed attraverso di lui inseriti nella comunione con il Padre. Infine questo cibo permette di superare il limite della morte: il popolo ebraico si è nutrito della manna, ma rimanendo nella fragilità della condizione di creatura. Con il pane eucaristico, di cui la manna era prefigurazione, si entra invece nell’eternità, nella stessa vita di Dio, in piena comunione con lui. A volte questa presenza misteriosa diventa purtroppo una realtà talmente scontata da perderne il senso profondo: quante volte si sente la lamentela verso Dio che sembra lontano, che non si occupa della sofferenza, del male presente nel mondo, mentre egli si fa cibo per l’uomo nella fragilità del pane eucaristico, si rende vicino ogni giorno in ogni chiesa del mondo per condividere il cammino dell’uomo, per nutrirlo e condurlo verso la felicità della vita eterna.

La festa del “Corpus Domini” allora, se da una parte ci consegna l’altezza e la profondità del mistero eucaristico, dall’altra ci dona la grande consolazione della presenza di Dio con noi; ci invita a saper riconoscere nel pane spezzato il Risorto che ci apre la strada dell’incontro con lui; ci insegna a superare il rischio dei discepoli di Emmaus che non seppero riconoscere il Signore che camminava con loro perché scoraggiati dalle loro preoccupazioni e chiusi nei loro progetti. Questo è il grande pericolo in cui incorre l’uomo di oggi, quello di essere fossilizzato nella sua autosufficienza e nelle sue inquietudini a tal punto da non riconoscere più la presenza del Signore, soprattutto nel dono dell’eucaristia. L’uomo di ogni tempo e luogo sente in profondità dentro di sé il desiderio di Dio, dell’eterno e del trascendente e brama di poter in qualche modo saziare questa fame e sete di comunione divina: ma senza l’intervento di Dio e il suo comunicarsi, questo desiderio rimarrebbe una mera utopia, un’ipotesi irrealizzabile; Gesù, invece, ci rivela che prima di tutto e prima che nostro, questo è il desiderio stesso di Dio. Attraverso la comunione al corpo e al sangue di Gesù, ognuno di noi partecipa alla vita divina, che è vita eterna. L’eucaristia è questo cibo, questa comunione, questa vita che è messa nelle nostre mani, ci è donata perché non viviamo più per noi stessi, ma per Cristo, che è morto e risorto per noi, perché avessimo la vita in abbondanza.

Bibliografia consultata:Corini, 2017; Ghersi, 2017.

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